Sono mesi che la notizia aleggia sul mercato della GDO, voci interne alle compagini lo avevano detto a chi scrive in forma confidenziale e puntualmente, come da tradizione, le separazioni a fine anno si comunicano l’estate prima. Così è stato anche per la fine del matrimonio tra VèGè e Carrefour. Senza entrare nel merito del chi è stato a tagliare, cosa inutile, è sufficiente affermare che quando le basi di collaborazione non sono troppo solide i progetti sono destinati a naufragare. ESD dura da oltre venti anni, le altre supercentrali no.
La prima domanda da porsi è: è necessario ancora lavorare in una supercentrale che produce un ulteriore costo per i già deboli bilanci delle aziende? La risposta è semplice: dipende dal ritorno dell’investimento. Normalmente il costo di appartenenza alla supercentrale è intorno allo 0,5% del “fatturato concentrato”, cioè quello prodotto dai contratti realizzati dalla medesima supercentrale. Normalmente il “concentrato” è una fetta piuttosto importante del totale fatturato delle singole imprese retail, pertanto è un costo che deve essere valutato con serietà.
Dicevamo che ESD sopravvive da oltre venti anni: la ragione è semplice, evidentemente il costo per appartenere ad essa porta benefici tangibili alla compagine. Negli articoli in cui abbiamo pubblicato gli studi su ESD, relativi alle quote di mercato delle Centrali e degli associati territoriali, oltre agli andamenti delle aziende in termini di evoluzione dei margini e dei fatturati e sulle centrali ad essa legate, abbiamo messo in evidenza come tutte le imprese siano cresciute con decisione grazie ad una solida collaborazione. Uniformità di vedute, principi condivisi e poco fastidio sui territori.
Coop Italia ed Esselunga già da tempo non appartengono più a nessuna organizzazione, negoziano da sole i contratti senza sentire il peso dell’assenza di eventuali partners. Esselunga era proprio in ESD molti anni fa, e ne uscì per volontà del suo fondatore che mal digeriva la condivisione dei contratti, i suoi “segreti industriali”. Coop Italia, dopo l’esperienza con Sigma e Despar, decise che non era più il caso di condividere negoziazioni con i fornitori assieme ad altre entità.
Intanto il mestiere del retailer sta cambiando nelle sue logiche, la competitività è sempre più esacerbata, siamo in una situazione di mercato quasi saturo, con una concorrenza oramai diretta tra discount e supermercati, e gli stessi supermercati sono fortemente in concorrenza tra loro. Le armi distintive sono diverse ma i prezzi sono una parte importante. Avere dei prezzi di acquisto esattamente uguali non è un vantaggio. Non solo, la MDD è sempre più protagonista sul mercato e questa non è mai oggetto di condivisione, ed in questo senso il costo della supercentrale finisce per affievolirsi sempre di più.
Dentro Aicube 4.0 oltre il 65% del fatturato è prodotto da VèGè (vedi articolo), il rimanente da Carrefour. Onestamente, nonostante le differenze dei pesi, che nel tempo sono cambiate ed oggi sono evidenti, però va però detto che le due organizzazioni si compensavano molto bene nella suddivisione dei territori e dei formati di vendita; noi stessi, nell’analizzare le quote di mercato sui territori e per cluster di vendita, consigliammo di rimanere insieme (sapevamo del divorzio imminente) perchè oggettivamente i numeri dicono che dove è debole una entità, l’altra è forte. Però, le logiche su cui si basano questi accordi sono diverse.
Due cose mi danno curiosità all’interno del comunicato stampa che comunica la decisione: la prima è quella dove Christophe Rabatel, Amministratore delegato di Carrefour Italia, afferma che il “Gruppo VéGé e Carrefour Italia si riservano di valutare eventuali nuove modalità di collaborazione in un’ottica di maggior efficacia.” Non è una frase a caso. La seconda, per bocca del Presidente di VèGè Giovanni Arena, è questa: ” Gruppo VéGé proseguirà il suo percorso evolutivo secondo i dettami inseriti nel Piano VéGé 2030, puntando sul rafforzamento delle proprie imprese, crescita per acquisizioni, etc etc”
Mi ricordo che all’evento dei cento anni del gruppo Arena, Giovanni affermò davanti alla platea: vogliamo “sbarcare in Lombardia“.