Negli ultimi anni, alcuni retailer della grande distribuzione italiana hanno saputo sfruttare con successo le condizioni sociali ed economiche che, in altri contesti, hanno portato a una crisi globale legata prima al Covid e poi all’inflazione ed all’aumento dei costi energetici. In particolare, l’inflazione ha contribuito in modo rilevante all’aumento dei ricavi dei protagonisti della GDO.
Nelle scorse settimane, abbiamo esaminato le prestazioni di alcuni importanti retailer negli anni che vanno dal 2019 al 2023, e che qui riassumiamo brevemente tracciando una sintesi parziale ma esemplificativa della situazione.
Nelle tre settimane di settembre, GDONews ha analizzato undici conosciuti retailer della GDO: Todis (clicca qui), In’s (clicca qui), Spesa Intelligente Eurospin (clicca qui), Maxi Di (clicca qui), Gruppo Gabrielli (clicca qui), Alì (clicca qui), Migross (clicca qui), Rossetto (clicca qui), Cedigros (clicca qui), Ergon (clicca qui) e Unes (clicca qui). Escludendo Cedigros, che per sua natura non ha come obiettivo patrimonializzarsi; Ergon che è reduce da una recente fusione; e Unes che sta attraversando un cambiamento profondo legato a un modello di business non più attuale per un mercato che è mutato, gli altri operatori hanno vissuto cambiamenti dimensionali significativi dal 2019 al 2023.
Chi scrive sa perfettamente che si tratta di retailer molto diversi, sia per dimensioni che per modello di business. Tuttavia, proprio questa eterogeneità rappresenta un indicatore chiave per comprendere cosa sia successo in questi ultimi cinque anni.
Di seguito, alcuni numeri: la somma dei ricavi degli otto retailer ha incrementato del 43,7% nei cinque cinque anni considerati. Nello stesso periodo il mercato, secondo i dati Nielsen IQ (perimetro Omnichannel Totale Italia), è cresciuto del 19,5%, con punte del 31,1% per i discount e del 15,2% per i formati tradizionali. Quindi non vi sono dubbi che il campione esaminato fa parte del miglior gruppo di retailer.
In questo periodo inoltre, tutte le otto aziende, in diversa misura, hanno investito e continuato ad aprire nuovi punti vendita. Quindi, a un incremento dei ricavi è corrisposta una crescita del numero di punti vendita, dei dipendenti e dei costi generali, configurando aziende di dimensioni sempre maggiori rispetto al passato.
E per quanto riguarda gli utili?
La somma degli utili (profit margin) delle otto aziende analizzate è passata da 225,2 milioni di euro a 365,7 milioni, con un incremento del 62,4%. Invece, ciascuna di queste otto aziende dal 2019 al 2023, ha cumulato in media utili per 182,1 milioni di euro. Gli abbonati possono ovviamente distinguere quelli maturati da Spesa Intelligente da quelli di un retailer più piccolo, ma la media degli otto è quella.
Infine, la somma dei patrimoni netti delle otto imprese è cresciuta del 70,4%. Per comprendere meglio la loro maggior solidità, nel 2019 il patrimonio netto medio di queste era di 246,6 milioni di euro, mentre nel 2023 ha raggiunto la media di 420,2 milioni di euro.
Non tutte le imprese della GDO, tuttavia, hanno vissuto questo momento favorevole. Nelle stesse otto imprese analizzate, lo abbiamo scritto, ci sono differenze notevoli, ma se la crescita Totale Italia Omnichannel è stata del 19,5%, ed alcune sono crescite di oltre il 50%, questo significa che molti altri retailer hanno perso quote di mercato. L’indicatore medio della crescita del Largo Consumo di Nielsen IQ spiega più di ogni cosa questo concetto.
Va da se quindi che molti retailer non hanno migliorato i propri utili, che erano e rimangono vicini allo zero o all’1% dei ricavi, ed i loro patrimoni erano e continuano ad essere decisamente più fragili.
Quindi, oggi la situazione appare più complessa rispetto al periodo 2018-2019, grandi gruppi della GDO tradizionale ed i discount hanno raggiunto un posizionamento diverso rispetto al passato. NIQ afferma che solo i discount, con una crescita del 31,1% in cinque anni, di fatto sono oggettivamente molto più competitivi sul mercato.
Un simile consolidamento, con una forbice competitiva più larga tra retailers, sta cambiando e cambierà inesorabilmente i presupposti del mercato: la sfida tra retailer, finora dominata dalle vendite e dalle promozioni, si sposterà sul piano finanziario e su quello negoziale. Saranno determinanti le condizioni di acquisto e la forza economica necessaria per eliminare la concorrenza.
Da qui un interrogativo sorge davvero spontaneo se si tiene conto dei numeri descritti sopra: i fornitori, nei contratti nazionali, riusciranno a distinguere tra chi è solido e competitivo e chi non lo è, all’interno della stessa centrale di acquisto?
Come si può pensare che con differenze tanto marcate in termini di capacità di sell out, di quote di mercato sul territorio, di capacità finanziaria che garantisce pagamenti e prospettive future, il fornitore sia disposto a far rispettare un contratto nazionale uguale per tutti i soci di una Centrale senza poter creare marcate differenze tra un attore ed un altro?
L’impressione di chi scrive è che ovviamente questo dipenderà dalla forza negoziale delle parti in causa, ma non c’è dubbio che il futuro sarà fatto di gruppi della GDO di serie A e altri di serie B, anche all’interno della stessa Centrale o Supercentrale, con conseguenti differenti trattamenti.
Non posso dire nulla, ma so che il tema è già molto acceso all’interno di qualche Centrale ben conosciuta sul mercato.