Elemento cardine della dieta mediterranea e della cultura alimentare italiana, l’olio extravergine è consumato regolarmente dal 95% degli intervistati da Istituto Piepoli prima del workshop di Cibus Lab “Olio Extra Vergine di Oliva: la campagna 2021/22 e le strategie della GDO” e illustrato dal direttore commerciale Sara Merigo. La rilevazione, effettuata fra il 15 e il 17 novembre su un campione di 508 italiani rappresentativo del territorio nazionale, ha inoltre mostrato come il suo utilizzo sia più diffuso nel Centro Sud (97%), fra gli uomini (97%) e nella fascia dai 55 anni in su. La maggior parte delle persone, il 57%, consuma esclusivamente olio Evo mentre il restante 43% utilizza anche quello tradizionale mentre una quota ridotta di questa seconda categoria (12%) compra solo quello tradizionale. I tre principali driver di acquisto classificati da Istituto Piepoli in base alle risposte sono, la provenienza della materia prima italiana (55%), l’alta qualità (41%) e la provenienza da aziende locali (31%), soprattutto nell’area del Centro Sud. Vengono inoltre tenute in considerazione la certificazione Igp/Dop (30%) e solo al quinto posto si posiziona il prezzo o la presenza di promozioni (27%), quest’ultimo dato con una notevole differenza fra Nord (37%) e Centro Sud (19%).
Considerata fra i principali motivi di acquisto poi la provenienza dell’olio Evo viene tenuta in considerazione dal 79% dei consumatori che la controllano spesso o sempre, questo con una percentuale maggiore fra le donne (81%), al Centro Sud (83%) e nella fascia di età dai 55 anni in su. Il 67% degli intervistati inoltre è convinto che i marchi italiani utilizzino materia prima di provenienza nazionale, il 21% pensa che sia invece prevalentemente di origine straniera e il 12% non ha un’opinione in proposito. Interessante poi il quesito riguardante la differenza fra olio extravergine Igp e Dop dato che il 49% afferma di saperla distinguere mentre il 51% non si sente in grado di farlo, nonostante la certificazione sia uno dei principali driver.
“Siamo andati poi a testare un po’ di cultura gastronomica – ha sottolineato Merigo – chiedendo un giudizio sul retrogusto amaro o piccante, due dei parametri principali per identificare l’olio di qualità. Questi piacciono al 31% degli italiani (principalmente al Sud con il 36%) e non piacciono al 28% (in maggioranza al Nord con il 35%), mentre il 28% crede che siano oli di pregio mentre un 3% li ritiene di scarsa qualità. Potremmo quindi dire che i consumatori sono mancanti dal punto di vista della cultura in riferimento all’Evo e in percentuali molto diverse fra le due aree geografiche. Il supermercato – ha proseguito – è il canale di acquisto scelto dal 62% delle persone e in particolare al Nord (74%), con una buona quota – il 43% – acquista direttamente dal produttore, in particolare al Sud; mentre il 15% sceglie il piccolo negozio di alimentari. Il 7% infine preferisce il canale online e soprattutto il sito Internet del produttore”.
Quanto alle spese, il 77% del campione di chi acquista olio nella grande distribuzione si dichiara sempre o spesso attendo alle promozioni. Una percentuale che aumenta fra le donne (85%), nella fascia di età fra 35 e 54 anni (83%) ed è lievemente più alta al Centro Sud (79%). “Mediamente – ha aggiunto Merigo – il consumatore è disposto a spendere 7,02 euro per un litro d’olio Evo nella Gdo. Prezzo che cresce lievemente con l’aumentare dell’età (7,03 euro). In realtà però solo il 38% del campione è disposto a spendere più di 7 euro mentre solo l’8% si propone di andare oltre i dieci euro”. Infine le marche maggiormente associate all’olio extravergine di oliva: Monini 28%, Carapelli 21%, Farchioni e Fratelli Carli 16% e all’11% Bartolini, Bertolli e Olio Sasso. Il totale delle marche del supermercato vale l’8% con Coop al 4% e Conad al 2%.
Che stupidaggini , ma la conoscete la realta’ ?? : il consumatore e’ ignorante per la stragrande maggior parte dei casi.
E ancora… nella maggior parte dei casi associa il nome del produttore italiano all’olio 100% italiano ( una balla colossale ) , mentre il fatturato e le vendite di questi imbottigliatori e’ per il 90% di pesssimo olio extra vergine comunitario che e soltanto rimane un mese sullo scaffale diventa vergine .
Incominciamo con i numeri reali….la stragrade maggioranza dei consumatori compera olio extravergine pessimo comunitario ad Euro 2,99 , oggi 3,29 /3,49. Chiedete i numeri alla Grande Distribuzione dei fatturati con i singoli imbottigliatori. Eppoi il 100% italiano in parecchi , casi al di sotto di certi prezzi , non e’ ITALIANO !! ma lo sapete o fate finta di non saperlo come circola la carta in merito alle truffe sull’ olio. La stessa cosa avviene per gli oli Igp e Dop dove c’e pochissimo controllo. Quanto olio pugliese viene dirottato in Toscana…..per fare l’IGP da prezzo….
Buongiorno, rispondo alla sua elegante osservazione: IRI era ospite assieme a Istituto Piepoli al Cibus Lab consegnando alla platea una fotografia delle vendite che è, per ovvietà, più precisa della sua e della mia esperienza. Poi, fatti salvi alcuni concetti da lei espressi sui non controlli e dirottamenti più o meno condivisibili e sicuramente reali soprattutto nel passato, credo che a lei manchi un pezzo di ragionamento: il consumatore davanti allo scaffale si comporta coniugando le sue aspirazioni con le sue necessità che vengono, inevitabilmente, condizionate dalle strategie del retailer. Lo studio di Istituto Piepoli, stimata signora, serve a verificare quali sono le originali aspirazioni scevre dai condizionamenti di cui sopra. Lei nelle sue righe insegna al mondo che ha meno esperienza di Lei (suppostamente) LA VERITA’ che sarà sicuramente figlia della sua professionalità ma, per quanto ampia, non arriva alle verifiche enunciate sopra le quali, stimata, sono proprio quelle di cui il retailer è maggiormente carente. Spero di essere stato sufficientemente chiaro. Un cordiale saluto