Quanto è sostenibile la sostenibilità per la GDO?

Qualche giorno fa, in occasione della Fiera Cibus Connecting Italy ho moderato assieme a Gaia Giussani, manager di PWC Italia, una tavola rotonda il cui tema era incentrato sull’evoluzione della sostenibilità in Italia nel comparto della produzione alimentare e nel mass market retail. Partecipavano manager dell’industria e della grande distribuzione e durante il suo svolgimento è emersa una domanda:
alla luce delle dinamiche economiche attuali, quanto è sostenibile la sostenibilità per il mercato?

La riflessione nasce in un momento nel quale, a livello internazionale, l’inflazione sembra non debba raggiungere quest’anno le punte dello scorso anno, mentre nel comparto alimentare dell’Italia ed in molti paesi come UK, Francia, Germania e Spagna si dovrà ancora attendere per vedere un sensibile calo.

L’ARTICOLO E’ STATO OFFERTO DA OLEIFICIO PANTALEO

.

Dalle parti nostre, inoltre, la GDO italiana sta combattendo con l’industria un muro contro muro negoziale determinato dalla forte preoccupazione di un calo dei volumi di vendita che, ogni mese che passa, si fa più rilevante.

Tuttavia, è bene comprendere quali siano gli obiettivi che l’industria da un lato e la GDO dall’altro vogliano raggiungere nel medio e nel lungo termine perché, e deve essere ben chiaro a tutti, la sostenibilità ha un costo.

A tal proposito, e giusto per mettere maggiormente a fuoco gli obiettivi a lungo termine, è di estremo interesse una ricerca svolta da Istituto Piepoli sulla relazione tra i giovanissimi e la loro alimentazione.

Istituto Piepoli ha diviso la ricerca su due campioni di intervistati: i giovanissimi (Generazione Z) in un’età compresa tra i 13 ed i 19 anni, ed i giovani della cosiddetta Generazione Y, ovvero tra i 20 ed i 26 anni.

Mentre i primi sono ancora piccoli ed in una fase in cui imparano a conoscere loro stessi ed il mondo che li circonda, i secondi sono giovani uomini che hanno già idee piuttosto chiare e che, soprattutto, sono i consumatori del domani, ma molto prossimo.

Come si vedrà, leggendo lo studio di Istituto Piepoli, il quadro che emerge è di tutto interesse poiché gli schemi mentali tra i ragazzi di oggi ed un medio individuo di 50 anni sono completamente estranei tra di loro.

Iniziamo dai giovanissimi:

I giovanissimi italiani di oggi hanno molto chiaro il fatto che mangiare bene è uno dei piaceri più importanti della vita. Hanno altrettanto chiaro che bisogna fare attenzione agli sprechi alimentari, un altro tema che si coniuga perfettamente sotto il grande cappello della sostenibilità. Il made in Italy è già qualcosa che, pur giovanissimi, riconoscono ed apprezzano ed il 48% vuole migliorare la propria alimentazione, quindi attenzione verso la propria salute fisica. In generale, emerge un quadro interessante, se non altro per il fatto che è ben evidente che la cultura di massa, che oggi dappertutto lancia segnali rivolti al rispetto per l’uomo e per l’ambiente, consenta a questi ragazzi di ricevere tali messaggi in modo assolutamente naturale. La frequentazione dei fast Food non è tra le prime aspirazioni dei giovanissimi di oggi, fattore che li differenzia moltissimo da quei giovani degli anni ’80 e ’90, generazioni oggi adulte.

Per chi fa business, è molto più interessante il pensiero della Generazione Y, cioè di quei giovani uomini, prossimi grandi consumatori, anche dei supermercati. Come si può notare dal tenore delle loro risposte nella slide qui sopra, non vi sono cambi sostanziali rispetto alle risposte date dalla generazione precedente. Ciò significa che sin da bimbi il concetto della qualità dell’alimentazione e della sostenibilità alimentare, intesa come una somma di valori che abbracciano vari aspetti della società e che si riconducono ad un sostanziale rispetto per l’ambiente che li circonda e per se stessi, è ben chiaro ai prossimi consumatori e che, pur crescendo, questi rimangono praticamente intatti.

Ora, non sono sufficienti queste dichiarazioni, che sono soprattutto aspirazionali e non tengono poi conto della realtà in cui ogni soggetto vive e con cui deve fare i conti, a dare una chiara spiegazione di chi saranno nel prossimo domani i nuovi consumatori né quanto saranno differenti i loro pensieri da quelli attuali. Nel momento in cui questi ragazzi saranno inseriti nel mondo del lavoro, nei diversi strati della scala sociale, dovranno necessariamente commisurare la loro volontà ed il loro retaggio culturale con le possibilità reali che la vita gli riserverà. Però, è pur vero che oggettivamente la cultura moderna forma persone diverse rispetto alle precedenti giovani generazioni, così com’è vero che l’offerta del mass market retail, conseguenza dell’innovazione dell’industria di produzione, è sensibilmente cambiata.

La crisi economica attuale ha messo in crisi molte certezze sino a qualche anno fa inossidabili, dalle fonti rinnovabili e conseguente dismissione di utilizzo di fonti fossili nell’energia in giù. In Germania, ad esempio, sono state molte le retromarce in questo senso, con grande dispiacere del partito dei Verdi che lì è una vera e propria potenza. E’ un dato di fatto che il mondo debba essere ripensato, perché è giusto proseguire con l’evoluzione della sostenibilità del sistema ma in un quadro economicamente compatibile.

Nel mondo dell’alimentare i concetti non sono poi così differenti: è giusto proseguire sulla strada del cambiamento dell’offerta e del miglioramento della sua qualità soprattutto grazie all’innovazione ed a stringenti capitolati, però tutto ciò si deve commisurare alle reali possibilità.

La domanda finale è: siamo proprio sicuri che nel mondo della distribuzione alimentare siamo arrivati ad una crisi così preoccupante? Il paragone con un macro tema come quello della crisi energetica va fatto ma con attenzione, perché non si sta parlando della stessa cosa. La crisi energetica ha origini lontane ma che, sostanzialmente, si riferisce alla dismissione del fracking negli Stati Uniti alla fine dell’era Obama, da lì la lenta ma costante crescita dei prezzi sino all’esplosione della guerra in Ucraina. Ma di fatto la nuova Opec+ ha ricominciato a fare il bello ed il cattivo tempo, come accadeva nell’era pre “Fracking”, quando non c’era il +, ovvero la Russia e quando la Cina consumava una decima parte dei energia che consuma adesso.

Nella distribuzione alimentare stiamo vivendo una contrazione dei consumi in conseguenza degli incrementi dei prezzi ma in un generale andamento dell’economia che, prima del Covid, non avevamo. Il livello di disoccupazione è piuttosto basso, esistono ancora molti ammortizzatori sociali, e tutto ciò a fronte di un calo che a volume registra alla peggio un -4%. La GDO è corsa ai ripari, ma non dalla crisi dei consumi che ancora non è oggettivamente tale, cioè ascrivibile alla parola “crisi” ma solo perché sono terrorizzati dalla crescita che hanno avuto i discount negli ultimi sei anni. La risposta, tuttavia, non è “discountizzarsi”, riducendo gli assortimenti ed allargando lo spazio alla MDD posizionando il mainstream come entry level ed eliminando marche industriali. La risposta deve essere in linea con le esigenze dei consumatori che, da qualche parte vorranno risparmiare, e da qualche altra parte vorranno continuare il loro stile di vita, mantenendo lo sguardo rivolto alla sostenibilità.

Ed allora: quanto è sostenibile la sostenibilità per la GDO? Alla tavola rotonda citata al principio partecipava Monica Di Maggio di Penny Italia, marketing manager e responsabile di un progetto di sostenibilità che l’azienda sta compiendo da qualche anno, e Penny è un discounter. La GDO, a parere di chi scrive, sta vivendo una forte crisi di identità, è spiazzata dalla sua debolezza, che oggi è prima di tutto finanziaria contro i colossi del discount e non comprende ancora quale sia la strada che si deve compiere per non retrocedere ulteriormente.

La lotta negoziale senza se e senza ma non porta a nulla: ogni prodotto, ogni azienda, ogni categoria merceologica deve essere studiato in profondità. Bisogna conoscere le ragioni delle spinte inflattive e bisogna saper fare scelte coraggiose. E’ indubbio che la sostenibilità costa, oggi ancor di più, ma non è possibile trattare l’evoluzione dell’offerta come un prodotto di primo prezzo.

Analista ed esperto di Grande Distribuzione alimentare. E’ un attento osservatore delle dinamiche evolutive dei diversi format in Italia ed in Europa. Collabora con alcuni Gruppi della GDO italiana nelle aree di crisis communication management e news management. Affianca la Direzione Generale di alcuni Gruppi della GDO nella gestione delle strategie aziendali. Collabora anche con aziende del Mass Market Retail all'estero come assistant manager sull'italian food. Si può contattare scrivendo a meneghini@gdonews.it