
Circa un anno fa il Presidente Pedroni, assieme al top management Latini e Brisigotti, spiegavano al mercato che Coop Italia avrebbe cambiato strategia assortimentale, portando al centro del progetto la sua MDD. Logica conseguenza di questa dichiarazione era la presa di coscienza che il ruolo della IDM sarebbe inevitabilmente cambiato..in peggio. Non tutti si possono permettere di affrontare in tal modo il mercato, perchè è bene ricordare che chi davvero tiene le fila delle logiche del Largo Consumo Confezionato sono, in realtà, le grandi marche industriali, prima anche della GDO.
Ad un anno di distanza, in questo articolo e numeri alla mano, si vuole spiegare perché la strategia di Coop Italia, in realtà, può essere interessante e probabilmente anche vincente, ma proprio i citati numeri daranno chiarezza che per le sette cooperative ci saranno tempi e modi differenti per arrivare a quell’obiettivo. I numeri citati e chiarificatori sono quelli dei loro conti economici.
All’interno di GDONews gli abbonati PREMIUM possono, grazie ad una web-app ed in autonomia come ha fatto chi scrive, valutare i risultati economici di tutti i player della GDO. L’analisi che ha guidato questo articolo è stata condotta attraverso lo studio di questi dati
GDONews ha recentemente pubblicato una serie di articoli (qui e qui) in cui ha messo a fuoco diverse caratteristiche peculiari delle Coop, ad esempio una forte esposizione verso la formula dei grandi ipermercati, considerato che i punti vendita sopra i 2.500 mq rappresentano quasi il 50% dell’intero fatturato. Oppure, che la quota di mercato delle Coop sui formati più piccoli (da 0 a 800 mq) è bassa, inferiore a diversi competitor della DO. Tutte queste peculiarità devono, necessariamente, essere coniugate ai propositi strategici del management dirigente. Per esempio, che la MDD nei grandi formati di vendita sia inferiore rispetto agli altri formati di vendita è un dato di fatto.
Quando il management di Coop Italia dichiarò il cambio storico nelle loro strategie, ovvero la centralità della sua MDD rispetto al ruolo dell’industria di marca, chi scrive era presente e, sommessamente, oppose che non sarebbe stato facile calare un progetto così importante ed ambizioso all’interno delle diverse realtà cooperative.
Non dimentichiamo che Coop Italia è la somma di sette cooperative, decisamente diverse tra loro. Le diversità iniziano sicuramente dalle dimensioni dei punti vendita, ma si ravvisano ancor di più nelle dimensioni delle diverse aziende (le cooperative) e soprattutto con crudezza nelle loro situazioni economiche.
Alcune hanno recentemente presentato – per ora solo con comunicati stampa o conferenze stampa – i bilanci del 2022 (Unicoop Firenze, Coop Alleanza 3.0 e Nova Coop), ma in realtà non sono questi da soli che fanno capire realmente il loro stato dell’essere, e men che meno se raccontati in un comunicato stampa. Non sono gli ultimi ricavi, o l’ultimo EBITDA a fare finalmente chiarezza sul loro vero stato dell’essere anzi, proprio il loro peculiare modello di business necessita di un’analisi ulteriore e profonda. Nelle seguenti righe si noterà come l’EBITDA, che indica la gestione caratteristica dell’anno considerato ma che nasconde il risultato netto (EBIT) e quindi gli ammortamenti, non sia in grado di far comprendere le difficoltà delle coop, perchè proprio questi (gli ammortamenti) sono il vero “ventre molle” delle coop.
Non solo: la parte di bilancio dedicata alla gestione finanziaria è quella che nelle coop a volte riporta in equilibrio le situazioni dei negativi di EBIT, pertanto se davvero si vuole capire cosa succede in queste aziende, è necessario avere una visione che sia completa, che abbia una storia che narri come si è arrivati all’ultimo bilancio. Perchè è proprio quella storia che è in grado di farti comprendere un pò meglio il prossimo futuro.
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