Quello dell’olio di oliva è un settore abbastanza concentrato nel quale il 90% del fatturato è realizzato da circa cinquanta società, molte di più rispetto al mondo delle birre artigianali, analizzato di recente, in cui invece sei aziende avevano la fetta più consistente. Per quanto riguarda l’olio poi il 62% delle aziende si ferma ad un milione di euro di fatturato, in prevalenza piccole realtà, mentre solo il 3% supera i cento milioni. Una situazione ribaltata però nei dati di vendita, con le aziende più piccole – numericamente maggiori – che fanno solo il 2% del comparto mentre le più grandi sviluppano il 60%. Delle 400 aziende del settore infatti circa 240 stanno sotto al milione di fatturato che per due terzi del totale spetta alle medio-grandi.
L’analisi economico-finanziaria del comparto dell’olio di oliva realizzata da Obiettivo Valore e presentata dall’analista finanziario Giuseppe Di Napoli nel workshop di Cibus Lab “Olio Extra Vergine di Oliva: la campagna 2021/22 e le strategie della GDO”, ha toccato però anche altre aree come crescita e reddittività. “Abbiamo verificato – ha spiegato – che nel 2019 il settore ha perso circa il 3,6% a fronte del fatturato del 2018 e la perdita è stata man mano crescente rispetto all’aumento delle dimensioni aziendali. Questo ci fa pensare che i piccoli oleifici reggano meglio quando si tratta di perdere volumi, così come quando i fatturati crescono.
Nel 2020 il fatturato è cresciuto in media del 7% mentre le piccole aziende hanno avuto un +8% a fronte delle realtà medie, con fatturato fra i dieci e i cento milioni, che hanno avuto una piccola perdita, e delle grandi che hanno guadagnato qualcosa”. “Nel 2020 poi i margini sono cresciuti – con l’eccezione delle medie – e i profitti sono stati maggiori per realtà di dimensioni ridotte e per quelle medio grandi. È stato comunque un anno straordinario, con incrementi di profitto significativi, che ha confermato i piccoli oleifici come più dinamici e competitivi”.
“L’anno scorso – ha proseguito Di Napoli – le società analizzate hanno mediamente prodotto un profitto pari a 1,6% del fatturato, a fronte dello 0,9% del 2019. Nonostante la maggiore incidenza del costo delle materie prime, la più ampia reddittività è stata quindi possibile grazie al recupero di efficienza sui costi operativi e in parte su quelli extra operativi.