Unicomm ed Alì sono storiche imprese del nord est, due “vicine di casa” appartenenti alla Centrale Acquisti Selex. Hanno storie differenti e si caratterizzano per approcci diversi al business del mass market retail, pur condividendo in parte territorio operativo (Unicomm si spinge sino al centro Italia), e molto spesso i medesimi bacini di utenza. Unicomm opera sul mercato con diversi formati di vendita, dalla superette ai grandi ipermercati, ma sta costruendo una storia di successo anche nel segmento Cash&Carry, ed in particolare nel settore Ho.Re.Ca e ristorazione, quello martoriato sicuramente dal Covid, e successivamente egregiamente risorto. L’altra è Alì Spa, una realtà più provinciale sebbene sia uscita, oramai da molto tempo, dal suo territorio di origine (le province di Padova, Treviso, Vicenza e Venezia), allargandosi verso l’Emilia Romagna e verso la parte est del Veneto, ed opera con un modello di vendita che si concentra sui superstore, pur proteggendo il suo storico fatturato derivante dai molti supermercati di vicinato che ne hanno fatto la sua storia sin dagli albori.
Gli ultimi anni sono stati decisamente complicati per entrambe le aziende, ma i risultati dei loro andamenti, che sono emersi nello studio oggi pubblicato, mettono in evidenza tendenze opposte.
Alì Spa, dopo anni di grande crescita, è arrivata ad un crocevia importante della sua storia, se deve continuare a crescere deve pensare seriamente a come continuare a rendere profittevole il suo modello di business. Ha bisogno di crescere maggiormente nei ricavi, ha bisogno di tornare a utili di profitto (%) che non tocca più almeno da un paio di anni. Le ragioni sono gli eventi esterni (post Covid e poi inflazione e costi energetici)? Oppure c’è qualcosa che si è inceppato tra la sua crescita e gli spazi a disposizione sul mercato?
Unicomm, al contrario, dopo anni di difficoltà per un cambio da un modello di business che stava morendo (gli ipermercati) ad uno più eterogeneo, oggi è nel pieno della sua crescita. Crescono molto i suoi ricavi ed anche i margini lordi (Ebitda) tengono, nonostante un 2022 più complicato, ma questo è stato un pò generalizzato su tutto il mercato.
Il profondo studio che oggi GDONews pubblica su queste due importanti realtà, realizzato con il supporto della app “Benchmark on Line”, che ricordiamo è utilizzabile in autonomia da tutti gli abbonati PREMIUM, e che contiene i bilanci degli ultimi cinque anni di tutti i cedi della GDO, di tutti gli affiliati società di capitali e di tutti i fornitori – suddivisi per categoria merceologica – semplificati in pochi e semplici grafici e tabelle, ha messo in evidenza sia la straordinaria solidità economico-finanziaria di entrambe le imprese, sia degli sforzi che hanno entrambe compiuto per uscire da un periodo che, soprattutto gli ultimi due anni (2021 e 2022), ha minacciato e limato i margini a cui entrambe le imprese erano abituate.
La lettura ai “raggi X” dei conti economici delle aziende racconta molte cose interessanti: la prima è la forte crescita dei ricavi di Unicomm dal 2018 al 2022 (oltre 50% di incremento del fatturato). Non sfugge nemmeno quella più debole compiuta da Alì ma, anche, una caduta dei margini in % (Ebitda) soprattutto negli ultimi due anni (2021/22).
Di fatto, e come già scritto, Alì ha vissuto un periodo di grandissima evoluzione soprattutto nei suoi risultati di profitto lordo (Ebitda), culminato nel 2020, per poi rallentare soprattutto a causa di una diminuzione della sua marginalità commerciale, indicatore che definisce bene la difficoltà che incontra l’azienda nello scenario competitivo che la circonda.
Ed a tal proposito sono alquanto interessanti i risultati che ha prodotto non solo Unicomm, suo competitor diretto nel canale super e ipermercati, ma anche Lando che abbiamo di recente analizzato, per non parlare di Spesa Intelligente (Eurospin), anch’essa già analizzata.
I nostri abbonati possono rileggere i risultati di queste aziende e metterli a confronto con quelli di Alì, per comprendere bene la difficoltà di un modello di business, quello di Alì, che è sempre più rivolto ad ampi bacini di utenza di consumatori, e quindi dalla necessità di una intensa pressione promozionale sulle grandi marche e forte competitività sulla MDD. Una battaglia complicata che Alì affronta con un’eccezionale patrimonializzazione.
Unicomm, invece, dopo le sofferenze vissute proprio mentre Alì viveva il suo momento d’oro (sino al 2018), ha iniziato un percorso evolutivo decisamente interessante. Attiva, come spiegato, su diversi fronti del mercato retail, i suoi risultati di fatturato sono stati decisamente soddisfacenti, ma è importante costatare che i risultati di marginalità lorda (Ebitda) hanno saputo tenere il passo della crescita (pari evoluzione tra ricavi e margini lordi). Operazione difficilissima.
Questo non significa che l’Ebitda di Unicomm è stato ottimo e quello di Alì pessimo. Anzi, nel grafico in cui si mettono a confronto, il valore di Alì è superiore a quello di Unicomm. Ma, pur vivendo nel 2022, entrambe una retrocessione, questa in termini % è stata più evidente per l’azienda padovana.
Anche Unicomm, soprattutto nel 2022, ha perso qualcosa in termini di marginalità commerciale (difficoltà dello scenario competitivo), ed incrementato alcuni costi (dentro l’indicatore spese per servizi), ma rispetto al 2018 ha perso un punto di Ebitda (-2,90% da 2020) contro il -3,20% di Alì Spa nel confronto 2018-2022 (-3,40% dal 2020).
Entrambe le aziende sono alle prese con grandi investimenti ma l’indicatore degli ammortamenti e svalutazioni di Alì è più rilevante.
Due imprese nel mezzo di una difficilissima battaglia sul mercato, è questo l’esito dell’analisi oggi pubblicata, ma decisamente patrimonializzate, soprattutto Alì, tra le migliori d’Italia nel rapporto patrimonio/ricavi. E questo si traduce in forte solidità finanziari con uno stato del debito praticamente inesistente per entrambe le aziende. Due eccellenze della GDO nazionale.