Ogni organizzazione retail ( intesa come un Cedi della GDO con i suoi punti vendita, oppure con affiliati e/o soci) possiede una numerica di punti di vendita i cui consumatori sono spesso diversi tra loro. Esistono bacini di utenza con una clientela più “alto spendente”, altri con una clientela più “basso spendente”, oppure si possono incontrare ambiti e micro-territori con una forte presenza di studenti, di anziani o ancora, ad esempio, di famiglie numerose. Insomma, nella grande eterogeneità della popolazione italiana, ogni zona presenta sempre caratteristiche prevalenti rispetto alla media nazionale.
Non sempre la Grande Distribuzione fa attenzione a questa variabile; in casi eclatanti, come ad esempio le stazioni dei treni, oppure i punti vendita stagionali, si possono incontrare nette differenze nell’assortimento rispetto allo standard, ma fuori da queste logiche estreme è più complicato registrare differenze rilevanti.
E se per un discount è normale stereotipare il modello di business uniformando l’offerta, per i canali tradizionali è sbagliato perché la varietà assortimentale può rappresentare un punto di forza importante contro i primi che, nel frattempo, stanno vincendo da anni la battaglia delle vendite.
Grazie al supporto della società Istituto GeoRetail Italia Srl abbiamo svolto uno studio per comprendere meglio questo fenomeno.
Abbiamo approfittato del FOCUS sulla categoria “olio di oliva” per portare con l’Istituto Georetail Italia un ulteriore contributo, verificando come migliorare la qualità dell’offerta all’interno di una categoria che, negli ultimi anni, è stata utilizzata come “civetta” per le operazioni promozionali ma che può aspirare a molto di più, visto il ruolo di assoluta rilevanza ricoperto dal nostro Paese nella produzione a livello internazionale.
Gli assortimenti attuali, in verità, sono sempre più profondi. In un altro articolo abbiamo messo l’accento sulla qualità dell’offerta MDD di Coop Italia, capace di creare una profonda regionalizzazione dell’assortimento a prezzi competitivi. Il problema sono le vendite: l’eccessiva promozionalità offusca la parte nobile dell’offerta, relegandola a semplice completamento della gamma, ovvero dandole più l’aspetto di un elemento di servizio piuttosto che di centralità.
È pur vero che, proprio per la ragione addotta al principio dell’articolo, non tutti i punti vendita sono in grado di saper vendere un olio “premium”, inteso come un olio extra vergine 100% italiano, DOP o IGP.
l consumatori potenziali, infatti, non sono tutti: l’età del consumatore potenziale gioca un ruolo importante, così come l’istruzione, così come il reddito etc. Insomma, è necessario avere una profilazione adeguata dei consumatori potenziali, verificare quali sono i punti vendita con le maggiori probabilità di successo e limitare la presenza a scaffale preferendo questi negozi ad altri, in ossequio alle ottimizzazioni logistiche che vanno ricercate con il supporto di questo tipo di studi e non semplicemente limitando la profondità degli assortimenti.
In occasione dello speciale sull’olio di oliva abbiamo, quindi, realizzato uno studio prendendo una grossa catena della GDO ed immaginando di svolgere un’analisi per comprendere quali sono i punti vendita dove sarebbe opportuno approfondire l’offerta di oli extravergine di tipo premium.
Il gruppo analizzato è Aspiag, azienda che di recente è stata vagliata e messa a confronto con Maxi Dì in uno studio sulle prestazioni dal 2012 al 2021.
In quell’articolo si è scritto che la società è una srl di diritto italiano di proprietà di Aspiag Management, società del gruppo Spar Austria. Lavora attraverso i suoi tre centri distributivi (Ce.di.) di Bolzano, Udine e Mestrino (PD), a cui fanno capo tutti i punti vendita, sia diretti che affiliati. In totale conta 249 punti vendita diretti e 316 affiliati che complessivamente generano un fatturato vicino ai due miliardi e mezzo di euro l’anno. Aspiag, quindi, detiene 581 punti vendita in tutto. I territori maggiormente presidiati sono l’Emilia-Romagna (85 punti vendita), il Friuli-Venezia Giulia (140), il Veneto (167) e il Trentino Alto Adige (185), regione da dove partì la sua espansione ormai trent’anni fa. Aspiag è presente anche in Lombardia e nelle Marche ed ha come obiettivo quello di crescere.
L’intento di questo studio è comprendere, sui 581 punti di vendita del gruppo, quali sono quelli dove potrebbe risultare produttivo inserire il prodotto identificato.
Ultima premessa: questa analisi è svolta a favore del fornitore e non del retailer. Ciò significa che i punti vendita in cui si è stabilito che potrebbe essere proficua la presenza di oli premium sono quelli che registrano buone performance di vendita, con un’interessante redditività per metro quadrato. Se avessimo voluto intraprendere l’analisi, pensandola a favore del retailer, avremmo considerato anche quei negozi che sono ubicati in bacini di utenza idonei all’acquisto del prodotto, ma con fatturati che stentano a decollare.
Quest’ultima premessa è fondamentale perché, come si vedrà, non sono molti i negozi di Aspiag che possono garantire con certezza al fornitore un valido ritorno sull’investimento.
Aspiag possiede diversi cluster di negozio con insegne differenti come, ad esempio, i “Despar”, classici negozi di vicinato entro i 500 mq circa, con un’offerta di referenze limitata. L’azienda gestisce molto questo formato che, in termini di unità, rappresenta la fetta più consistente dei negozi. Tra gli stores di vicinato ce ne sono alcuni davvero sorprendenti per le performance: abbiamo notato punti vendita con redditività per mq attorno ai 15 mila euro, negozi di 300 mq che fatturano fino a 5 milioni di euro, ubicati tra l’altro in bacini di utenza congeniali alla vendita del prodotto. In questi ed in altri, nonostante il limitato referenziamento, sarebbe interessante inserire gli articoli a scaffale.
Sei punti vendita ad insegna Despar sono stati considerati ottimali per la vendita di olio extra vergine premium per qualità delle vendite e del bacino di utenza. In altri due, seppur inseriti in un cluster di tipo B, si potrebbe comunque pensare di introdurre alcune di queste referenze.
I cluster sono stati divisi in quattro: A è quello dove l’inserimento di un olio premium è decisamente auspicabile, B quello in cui è altamente probabile possa produrre interessanti rotazioni mentre C e D risulterebbero da escludere (soprattutto il secondo). Escludere gli ultimi due cluster è nel reciproco interesse delle parti perché, in mancanza di ciò, il retailer abbasserebbe la sua redditività per mq e il fornitore non vedrebbe premiato l’investimento.
Quindi sul canale Despar otto punti vendita, appartenenti ai cluster A e B, sono idonei alla presenza dell’olio 100% italiano DOP e/o IGP.
L’insegna che rappresenta i supermercati che vanno da 500 a 2000 mq è “Eurospar”. Sono molti i punti vendita di queste dimensioni, come sono molti quelli in cui vale la pena inserire il prodotto oggetto di studio.
Nel dettaglio, sono 33 quelli inquadrati nel cluster A e 50 quelli appartenenti al cluster B. È, però, interessante sapere che, secondo i parametri di GeoRetail, sono 64 gli Eurospar dei cluster C e D dove un fornitore vedrebbe il prodotto impolverarsi sullo scaffale per le potenziali mancate vendite.
Il formato superstore di Aspiag porta l’insegna Interspar, sono supermercati che vanno dai 2000 mq sino ai 4000. È chiaro che in strutture come queste praticamente tutti i punti vendita sono idonei per la presenza a scaffale dei prodotti indicati ma è bene sapere che non tutti sono stati classificati nei cluster A e B: sono 6 quelli che GeoRetail ha inserito nel cluster A, 22 quelli inseriti nel cluster B e, infine, 9 quelli del cluster C. In questi ultimi sono stati indicati anche negozi con fatturati interessanti ma dove la qualità del consumatore potenziale non è quella che fa riferimento al prodotto.