GDO e Industria a confronto al Cibus Lab dedicato all’olio EVO: le debolezze del mercato rivelate

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“Il mercato dell’olio è interessantissimo ma è difficile far emergere il suo valore, c’è grande confusione nella testa del consumatore che vorrebbe acquistare un 100% monocultivar realizzato con spremitura a freddo, spendendo meno di tre euro”. Federico Cimini, consulente strategico retail della Gdo, commenta così i dati dei rapporti di Istituto Piepoli e IRI su analisi delle vendite e rapporto del mercato con il prodotto, presentati nel workshop di Cibus Lab “ Olio Extra Vergine di Oliva: la campagna 2021/22 e le strategie della GDO”

“Una logica – aggiunge  – che dubito possa far distinguere così nettamente fra Dop e Igp. Un brand come Monini, ad esempio, ha un prodotto che vende al suo prezzo, spesso in promozione, poi ne ha un altro ottimo che vince anche dei premi ed è fra i migliori in Italia e questo crea un’aura di eccellenza anche su quello da tre euro con le persone convinte di comprare quello più pregiato. Come Gdo e come fornitori abbiamo forse una responsabilità in questo, abbiamo aiutato i clienti a perdersi e forse ci sta bene così.

Quanto ai dati delle vendite – prosegue – l’anno scorso con il forte calo generalizzato della pressione promozionale nell’olio c’è stato un incremento e i volumi sono aumentati più che proporzionalmente rispetto al valore, che è andato quindi sotto pressione e la crescita del 3,3% è stata pagata a caro prezzo. Il canale online invece pur con valori bassi ha scontrini decisamente minori rispetto al brick & morten, questo significa che chi compra ha una minore sensibilità al valore unitario dei beni a favore del suo concetto di risparmio del tempo e di consegna. Questo può essere un elemento utile per iniziare a creare valore all’interno del comparto poiché è più facile vendere un prodotto non tirato all’osso dal punto di vista del prezzo”. 

“Dai dati emerge una netta distanza fra realtà e percezione del consumatore – afferma Francesco Kirn, responsabile acquisti drogheria salata di Carrefourvendiamo il 60% dei pezzi in promozione in una delle categorie con la pressione più alta, eppure fra i primi driver non troviamo quello del prezzo. Addirittura il consumatore si dice disposto a comprare mediamente a 7 euro (relazione di Istituto Piepoli esposta nel workshop) ma dati alla mano noi vendiamo a 4,50 euro al massimo.

Il problema quindi è tutto su come industria e distribuzione non hanno costruito il valore della categoria ma è il momento di farlo.

Al di là dell’andamento dei prezzi che risentono anche di fattori esterni – sottolinea Kirn – la vera strategia da mettere in atto è quella di cercare leve per creare valore, non riuscire a vendere olio solo in promozione a 2,99 euro ma sviluppare anche la parte più sana della categoria che può creare valore attraverso scelte su assortimenti, esposizioni, private label o premium e comunicazione. Servono maggiori rapporti di partnership con l’industria disposta a creare valore”. 

“Anche i nostri dati – conferma Andrea Marchelli, direttore marketing di Monini Spa – dimostrano come l’origine italiana sia il primo driver e la promozione non venga tenuta in considerazione, ma la realtà è molto diversa. È un peccato perché nel tempo abbiamo visto come questa categoria ha stabilizzato i volumi perdendo però valore a causa di politiche di prezzo promozionali che alla fine non hanno fatto bene a nessuno. Per avere successo in questo mercato è fondamentale un mix: avere un prodotto di qualità e venderlo in promozione quando è necessario, lavorando però anche su fasce premium per ridare gradualmente un po’ di valore alla categoria. Quest’anno non riusciamo sicuramente a controcifrare le performance del 2020 perché al netto della crescita data dalla pandemia la categoria è in contrazione anche a causa di vendite “fuori canale” presso frantoi o piccole attività che hanno contribuito a contrarre il mercato retail. Il tema dell’e-commerce invece è sicuramente da monitorare mentre per quanto riguarda il valore, avendolo più alto del volume, cerchiamo di mantenerlo spingendo per progetti condivisi con i retailer che vogliono condividere questa strategia”. 

Per Amalia Menna Pantaleo, di Nicola Pantaleo Spa, “i dati (esposti da IRI durante il workshop, ndr) descrivono un’Italia diversificata, in cui nelle zone di maggior produzione è forte la tendenza a prediligere le aziende locali a chilometro zero, mentre in quelle meno produttive ci si affida a criteri come la provenienza o la presenza di disciplinari specifici. Il consumatore – condivide – è convinto di acquistare olio italiano quando in realtà gli sfugge quello che dice l’etichetta, mentre è poco credibile nella così chiara distinzione fra Igp e Dop. In generale c’è una diminuzione delle vendite a valore oltre che a volume. Il primo cambia al variare della materia prima e nel nostro monitoraggio delle vendite non è molto significativo. La pressione promozionale invece è come sempre forte e bisognerebbe cercare di unificare le strategie fra industria e retail per cercare di ridare dignità al settore, siamo arrivati a un livello veramente limite nelle trattative nella cessione del prezzo pubblico. Quest’anno però ho notato un’attenzione diversa del retail ai concetti di qualità e miglioramento delle condizioni al consumatore, soprattutto in termini qualitativi. Una tendenza che innegabilmente aiuta anche l’industria a dare dignità a un prodotto del tutto italiano che ci distingue nel mondo e che dobbiamo evitare di offendere sullo scaffale o in qualunque altra vetrina”. 

Infine Francesco Iuculano, responsabile commerciale Todis: “Anche nell’olio extravergine di oliva stiamo lavorando sempre meno sul concetto di prezzo più basso, pur essendo un canale convenienza cerchiamo di promuovere un giusto rapporto fra qualità e prezzo. Sull’Evo abbiamo fatto un progetto legato a determinati tipi di capitolati che impongono un prezzo al pubblico competitivo ma non sotto i tre euro in continuativo. Vogliamo dare – conclude – valore a un prodotto che non può essere venduto solo in promozione ma con una qualità che il consumatore deve riconoscere”.

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