Pubblichiamo oggi l’ultima parte del grande benchmark tra le principali catene di ipermercati in Italia; dopo aver analizzato come questo canale suddivide le entrate derivanti dalle vendite al dettaglio (b2c) da quelle derivanti dalle contribuzioni dei fornitori (b2b), e dopo aver analizzato i costi sia del lavoro che dei servizi, ed aver verificato quale delle aziende esaminate produce un business profittevole e su quali valori (% del fatturato), andiamo oggi a verificare due indicatori molto importanti: il costo della rete, che nelle economie di chi svolge la professione del retailer rappresenta una voce fondamentale, ed infine su quale ebit ci si attesta dopo aver analizzato la qualità del business e l’incidenza di tutti i costi. Da ultimo verranno analizzati i costi finanziari (o le entrate finanziarie) derivanti da operazioni di mantenimento del business a copertura di debiti oppure derivanti dagli interessi maturati sugli investimenti.
La Rete dei negozi
Chi svolge la professione del retailer deve trovare il miglior punto di incontro tra consumatore di un determinato bacino di utenza e la propria offerta. Normalmente chi ha la responsabilità dello sviluppo deve tenere conto di una serie di fattori nella scelta del locale da adibire a negozio della catena: prima di tutto la qualità del bacino di utenza, che sia più amplio possibile dentro un kilometraggio minore possibile; in secondo luogo è necessario verificare quanta e quale tipo di concorrenza è presente in quel determinato bacino di utenza, ed ultimo (ma non per importanza) la coniugabilità tra la propria offerta ed il bacino di utenza indicato. Infine, non di poco conto, viene una valutazione di tipo finanziario: la convenienza dell’acquisto oppure dell’affitto di un determinato immobile. Esistono immobili che sono disponibili solo alla vendita e su questi il retailer deve fare più di una riflessione prima di procedere all’impegno economico-finanziario; in caso di doppia possibilità la decisione spetta da un lato alle disponibilità finanziarie delle aziende ma anche, dall’altro, dalla convenienza economica della operazione nella certezza che tutti i punti indicati in precedenza siano ossequiati.
Nel caso degli ipermercati il problema del bacino di utenza va letto in altra forma: spesso ci si trova all’interno di grandi centri commerciali che hanno bacini di utenza molto vasti ed allo stesso tempo con un fidelizzazione molto più complessa, pertanto nella valutazione (se non si è proprietari dell’intero centro commerciale) deve risiedere anche quella relativa all’insieme dei retailer che producono l’offerta (quali marchi di quali settori merceologici, la concorrenza di quei marchi, etc).
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Fatta questa ampia premessa entriamo in analisi dei costi della rete: delle 7 aziende esaminate il costo medio della rete (ammortamenti, affitti e leasing) è del
Contenuti dell’articolo
Lo studio prosegue con una serie tabelle e grafici che mettono a confronto le principali insegne discount e ipermercato: Lidl, Eurospin, MD, Penny Market, Finiper, Coop Alleanza 3.0, Pam Panorama, Bennet, Il Gigante, Carrefour, Auchan. Lo studio approfondisce le evoluzioni dei costi della rete e dell’EBIT. Il linguaggio utilizzato è volutamente semplice per dare massima conoscenza a tutte le funzioni manageriali, non solo a chi si occupa di finanza. |
A chi può interessare questo articolo?
A tutti i fornitori che hanno o vogliono avere rapporti con queste aziende. A tutti i manager del mondo Retail per avere un riferimento preciso sugli andamenti delle tre aziende trattate. A tutti quelli che sono interessati ad accendere relazioni contrattuali con le medesime. |
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