Il Rapporto Coop (2015) è una preziosa analisi socio economica del mercato italiano redatta dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione scientifica di Ref. Ricerche, il supporto d’analisi di Nielsen e i contributi originali di Gfk, Demos, Doxa e Ufficio Studi Mediobanca. E’ una fotografia che ogni anno Coop scatta alla società italiana per comprendere più in profondità quali sono gli scenari di consumo che bisogna tenere in debita considerazione per adattare ad essa un’offerta più precisa possibile. E’, in ogni caso, sempre un momento di riflessione che da l’idea di un Paese in movimento.
Il Rapporto racconta che la recessione si può considerare terminata: è costata alle famiglie italiane dal 2007 a oggi circa 122 miliardi di euro (suddivisi in 47 miliardi di minori risparmi ma soprattutto 75 miliardi di minori consumi). E sebbene il PIL nel 2015 torna ad essere tiepidamente positivo, ciò che è cambiato è l’atteggiamento degli italiani: infatti al pari di tedeschi e francesi e prima degli spagnoli, siamo abbastanza soddisfatti della propria qualità della vita e il 52% delle persone (era il 41% appena un anno fa) considera invariata o addirittura migliorata la propria situazione.
Gli effetti della crisi economica hanno marcato ancor di più le differenze tra nord e sud del Paese in termini di disponibilità di acquisto.
Il risparmio degli italiani sta ricominciando a crescere andando a bloccare quello che era stato l’effetto più devastante del periodo recessivo: la paura per la lenta ed inesorabile riduzione del “tesoro familiare”, ovvero il risparmio. E’ probabile che il clima di fiducia nasca proprio da questa consapevolezza, ovvero dal ritorno (sebbene non come nel periodo pre-crisi) all’accumulo di denaro in Banca. E’ pertanto naturale che i consumi continuino a stentare, soprattutto per i beni non durevoli. E’ così che alcuni settori merceologici (leggasi abbigliamento e calzature) siano ancora in calo, mentre altri settori (tra cui il turismo) stanno riscoprendo valori positivi.
Anche nel settore Food si vede una tiepida inversione di tendenza. Rallenta la pressione promozionale, si ferma la crescita della Private Label, ed il consumatore va sempre più alla ricerca del mangiar sano. Il valore del cibo acquista un nuovo significato: non più il valore aggiunto determinato dai grandi Brand, la il valore del cibo determinato dai suoi ingredienti e dall’effetto che ha sul nostro fisico.
Cresce la Grande Distribuzione nei canali Discount e Superstore, faticano gli Ipermercati ed il Libero Servizio.
E’ soprattutto il Sud Italia a soffrire nei fatturati della Grande Distribuzione, dove, invece, hanno buona strada i Discount. Al Nord prevalgono le grandi Superfici anche se, come sempre, il Nord Est è più terreno dei Supermercati ed il Nord Ovest hanno più appeal i Superstore e gli Ipermercati.
Anche in Italia il fenomeno dell’E-food inizia a far sentire il suo peso. Non siamo davvero ai livelli che si possono riscontrare in Cina, o anche semplicemente nella vicina Francia, ma anche noi siamo più disponibili ad accettare questo tipo di offerta. E sebbene siamo una popolazione iper connessa, ed iper social, l’offerta della Grande Distribuzione in tal senso è ancora povera, cbhissà che l’arrivo di Amazon sul mercato non sia capace di invertire il mercato.