sabato 2 Novembre 2024

Così l’avventura in Montepaschi ha schiacciato i supermercati (Coop)

Unicoop Firenze si è chiamata fuori per tempo. Nel decennio passato era arrivata a essere uno dei soci principali di Monte dei Paschi con poco meno del 4%. Alla fine del 2013, dopo lo scoppio dello scandalo, ha venduto tutto con una perdita di circa 400 milioni.

L’avventura bancaria è costata un sacco di soldi e anche il posto e l’oblio a Turiddo Campaini, che Unicoop Firenze l’ha guidata per quasi quarant’anni ed era arrivato anche, negli anni di Giuseppe Mussari, alla vicepresidenza della banca senese. Ma almeno la coop fiorentina, a differenza di altre «sorelle», ha evitato altre perdite.  Il fatto è che la catena di controllo di Unipol non è l’unico guaio finanziario delle coop, che pagano anche avventure bancarie rivelatesi dissennate. Coop Liguria, oltre ad una perdita latente di 122,7 milioni sulla quota Finsoe/Unipol, si porta dietro una quota dell’1,4% in Carige. In bilancio, è iscritta come quota del patrimonio netto. In pratica, valorizza Carige oltre 1,4 miliardi mentre in Borsa capitalizza oggi meno di 200 milioni. Negli esercizi precedenti ha già effettuato massicce svalutazioni, ma restano altri 33 milioni di perdita che nei bilanci della Coop – che comunque ha un patrimonio capiente per sostenere il prestito sociale – figurano solo nelle note.

«Abbiamo sia ridotto il prestito sia introdotto i prestiti vincolati – dice Francesco Berardini, presidente di Coop Liguria – il rapporto tra patrimonio e prestito adesso è 0,95. Se portassimo a zero la partecipazione in Carige il rapporto sarebbe di 1 a 1, quindi di ampia sicurezza».

Adesso c’è un nuovo aumento di Carige in arrivo, «Valuteremo se partecipare – dice Berardini – dopo l’assemblea della banca e una volta che avremo tutte le informazioni sul nuovo piano industriale».

Va peggio a Coop Centro Italia (Umbria, bassa Toscana e Abruzzo): ha un consistente pacchetto di azioni Mps, superiore all’1%, ha partecipato agli aumenti di capitale dell’era Viola-Profumo che nonostante le svalutazioni già effettuate negli anni precedenti – oltre 200 milioni in totale: 75 solo nell’esercizio 2015, altri 140 tra il 2012 e il 2014 – nei bilanci di fine 2016 è ancora iscritta per un controvalore di 86 milioni di euro.

Ma a fine dicembre era già fallito l’aumento di capitale “privato” e partito il salvataggio di Stato. Il titolo era sospeso a tempo indeterminato e quelle azioni valevano di fatto già zero, in virtù del burden sharing imposto dalla Ue. Con un patrimonio netto di 173 milioni e un prestito sociale di 504 milioni, è la Coop con la situazione sulla carta più pesante. Nel suo ultimo bilancio c’è anche una quota di Holmo (che però non figura nei documenti di Holmo) che incorpora altri 14,3 milioni di perdita. Ed socia storica della Popolare di Spoleto, altra avventura finita male per i conti della Coop.

L’inevitabile svalutazione della quota Mps si porterà l’abbattimento del patrimonio. Il prestito sociale è già in discesa, e alla fine dello scorso anno era pari a 504 milioni di euro. Giorgio Raggi, presidente di Cci, spiega che «siamo parte civile nel processo penale su Monte dei Paschi di Siena, anche per la parte che riguarda la gestione di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola. Inoltre abbiamo avviato la causa civile e richiesto un risarcimento di 260 milioni per gli aumenti di capitale ai quali abbiamo partecipato e a ottobre è prevista un’udienza a Firenze». Resta il problema del patrimonio. «Provvederemo ad una svalutazione e ad un rafforzamento patrimoniale conseguente- ribatte Raggi -, con gli strumenti che la legge ci consente per restare nel parametro del rapporto di 1 a 3 tra patrimonio e prestito sociale fissato da Bankitalia». Non esclusa una nuova operazione di sistema, a carico delle altre coop più solide. Di fatto, un salvataggio.

Via La Stampa

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