L’Asia è da tempo la nuova frontiera dell’espansione mondiale dei grandi retailer mondiali. Tutti si sono cimentati con alterne fortune, ma tutti con investimenti enormi. Tesco, il primo gruppo inglese ed il terzo al mondo, dal 2004 ha sviluppato la propria rete anche in Cina, ma a distanza di quasi un decennio, e con la crisi europea al suo apice, ha iniziato la ricerca di una partnership locale per continuare nell’espansione riducendo il livello di investimenti diretti.
Tra i retailer cinesi il più quotato per la partnership è Cina Resources Enterprise, gruppo controllato dallo stato che possiede Vanguard e i supermercati Ole, e non è nuovo ad alleanze di questo tipo avendo già intrapreso una joint venture con la birra SABMiller.
Due anni e mezzo fa, Tesco aveva annunciato piani di crescita per la Cina molto aggressivi, impegnandosi a investire miliardi di sterline in aperture di decine di centri commerciali e centinaia di supermercati. Tuttavia da allora il piano è stato ridimensionato anche per le performance nel paese, dove ha generato un fatturato di 1,4 miliardi di sterline l’anno scorso, una piccola fetta dei 190 miliardi di sterline del mercato alimentare cinese. Oggi Tesco gestisce circa 130 negozi in Cina, anche se il mese scorso, durante la presentazione dei risultati annuali, ha confermato che la Cina è rimasta di “importanza strategica”, ma si sarebbe “adottata una posizione più prudente”.
Il retailer britannico ha focalizzato la sua attenzione da cinque regioni a tre e iniziato ad aprire strutture in immobili di terzi anziché gallerie commerciali di proprietà, ha sviluppato pesantemente la vendita online basata sulla convenienza dei prezzi, a cominciare da Shanghai.
Una partnership in Cina porterebbe non solo a risparmi sugli investimenti, ma potrebbe anche fornire ulteriori contatti locali ed acquisire competenze. Il mercato di generi alimentari in Cina, infatti, è destinato ad aumentare di 140 miliardi di sterline nei prossimi cinque anni.
La ricerca di un partner dimostra come Tesco stia disciplinando i piani di spesa in tutto il gruppo, sulla scia dei pessimi risultati in USA , che sono costati oltre 1 miliardo di sterline di svalutazioni, e gli sforzi che sta concentrando nel mercato di casa dopo il primo “profit warning” in 20 anni di storia.