
Uno dei fenomeni che la grande distribuzione sta registrando con evidenza, in un periodo contraddistinto da alta inflazione determinata dalla lievitazione dei costi di produzione, è quello della forte diminuzione della pressione promozionale, uno strumento usato in abbondanza nell’ultimo decennio e, oggettivamente, efficace nel rallentare la corsa della MDD e dei discount.
Nielsen IQ, nel suo documento dedicato alle vendite del mese di gennaio in GDO e che, grazie alla collaborazione con GDONews, viene diffuso sul mercato, ne ha descritto l’andamento mettendo in evidenza il suo deciso calo occorso ultimi mesi, e soprattutto in gennaio.
Il dato che fornisce Nielsen IQ (NIQ) descrive due scenari differenti: il primo è quello relativo all’incidenza della pressione promozionale sul fatturato totale Italia, che comprende anche i discount ed il mondo drugstore (ed Ecommerce), mentre il secondo è quello ristretto al perimetro supermercati, ipermercati e liberi servizi. Il primo, quello nazionale, deve essere letto iniziando da un periodo non sospetto, ovvero dal mese di gennaio 2022, quando l’inflazione già galoppava nonostante la guerra russo-ucraina non fosse iniziata. L’inflazione si era affacciata sul mercato durante l’estate dei 2021, era già oggetto di tensioni tra GDO ed industria, ma non preoccupava tanto come poi è avvenuto dalla scorsa estate (2022) in avanti.
Ebbene nel gennaio del 2022 il dato dell’incidenza promozionale nei canali super+iper+LS era pari al 24,7%, una media desunta dai picchi che raggiungono i grandi formati (iper oltre 4500mq e superstore tra 2500 e 4499mq) che arrivano al 30%, ed i valori che sono propri dei liberi servizi che, normalmente, stanno attorno al 20%. Va detto però che già il 2022 è stato un anno di retrocessione per la pressione promozionale, peraltro piuttosto evidente. Di fatto il 24,7%, dato della pressione promo relativo al gennaio 2022, era già frutto di un calo che si aggirava attorno a 1 punto % sul 2021 nel pari periodo. Invece, a gennaio del 2023 il dato registrato è stato pari al 24,1%, quindi in ulteriore calo rispetto all’anno precedente.
Proprio questa diminuzione costante dell’incidenza delle promozioni, la quale – si è già scritto – arriva da lontano, fa pensare molto a come si sono modificate le strategie che i retailer tradizionali, alleati con la IDM, avevano attuato sino a pochi anni fa. I discount (ma anche la MDD) sono in forte ascesa; tutti imputano questa evoluzione agli italiani, ai loro timori, e la conseguente ricerca ossessiva alla convenienza, ma una ulteriuore verità è questo cambio degli equilibri con cui la IDM ha arginato i “suoi nemici”. Oggi l’Industria di Marca è sicuramente debilitata dalla forza degli incrementi dei costi di produzione, ma è importante far notare che questo moto discendente della forza delle promozioni non si deve leggere come conseguenza della guerra. Così non è: sicuramente questa, anzi le sue conseguenze soprattutto sul piano delle politiche energetiche, hanno influito nell’intimorire l’industria di produzione e portarla sino alla prudenza, ma non è la sua genesi.
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Il secondo dato fornito da NielsenIQ, a Totale Italia, invece, è ancor più basso: pari al 21,7%. Come il precedente, anche questo è il frutto di una serie di dati relativi alle incidenze dei vari formati di vendita, da cui si riassume la media. I drugstore, ad esempio, vivono di una sostenuta pressione promozionale, mentre i discount sono il formato di vendita che utilizza meno questa leva, per ovvie ragioni legate ai brand inseriti in assortimento, ed alle politiche di marginalità attuate dai fornitori, differenti da quelle della IDM. Il dato del mese di gennaio 2022 era pari al 22,9% e nel 2021 era ancor superiore.
Insomma il calo è generalizzato ma non è conseguenza di eventi recenti, piuttosto è figlio di una consapevolezza che si maturò qualche anno fa, prima del Covid, quando ci si rese conto che l’eccesso di “promozionalità” era dannoso per tutti, e dopo il Covid non ci fu la volontà di portarla vicino ai valori del passato. Il resto lo hanno fatto la situazione attuale e le difficili marginalità che l’industria teme di ottenere dalla vendita dei propri prodotti alla GDO.