
Negli ultimi giorni sono uscite notizie sui giornali relative al comparto delle carni, ed alla sofferenza accusata per un fortissimo calo delle vendite. Secondo una relazione della ISMEA del mese di Marzo le cause di questa flessione sono in parte da attribuite allo stop totale delle vendite ai bar e ai ristoranti e quindi alle vendite del comparto HoReCa, ed in parte, secondo anche le associazioni di categoria, al crollo dell’export.
Il comparto bovino, per esempio, secondo l’informativa, non trova sbocchi perché pur avendo un’eccedenza di tagli normalmente rivolti all’Horeca, non riesce a veicolare il prodotto verso la GDO perché già organizzata a livello contrattuale con i suoi fornitori. E’ ovvio che occorre tempo per trovare accordi e firmare contratti però nel frattempo la merce rimane invenduta.
Altro dato di fatto è il rallentamento della produzione che i macelli, dovendo far rispettare i turni al personale secondo le regole in atto di distanziamento sociale, sono costretti ad affrontare. Va poi rilevato che una buona parte degli impianti di lavorazione, e degli allevamenti, si trova tra la bassa Lombardia e l’Emilia Romagna, ovvero le aree più colpite dal coronavirus. Tutto ciò ha portato a una riduzione del volume dell’attività che, per quanto riguarda il comparto dei suini, che Confagricoltura stima intorno al 20%, tradotto in numeri vale qualcosa come 25 mila maiali macellati in meno ogni settimana.
La filiera però è lunga: con la capacità di lavorazione che cala i macelli sono costretti ad acquistare meno capi. Così, di fronte a un’offerta di animali che resta alta, quelle che calano sono inevitabilmente anche le quotazioni.
Rispetto a dicembre, sostiene Confagricoltura, i prezzi dei suini sono scesi del 20%. E questo innesca una spirale tutt’altro che virtuosa: gli animali finiscono col restare più a lungo nelle stalle e molte partite destinate al circuito Dop vanno “fuori peso”, subendo così un ulteriore deprezzamento.
Secondo gli operatori ad aggravare la situazione c’è anche la parte relativa ai costi di gestione con gli aumenti dei mangimi in corso.
Ovviamente il calo viene registrato sia dagli allevatori che dai trasformatori, in egual misura. La curiosità sta tutta nel fatto che un mercato molto importante come quello della Grande Distribuzione Organizzata, che non si pensa possa valere una briciola dell’intero sistema, invece la categoria della carne, con tutte le sue sottocategorie, cresce moltissimo e non certo per il solo effetto coronavirus.
Nelle prossime righe daremo un quadro dell’andamento delle vendite in GDO delle principali carni (super+iper+Libero Servizio e Discount) in tre differenti periodi: dal principio dell’anno sino al 16 febbraio, ovvero prima della crisi del coronavirus, e dal 17 febbraio alla fine del mese di Marzo, con tabelle e grafici, per dare una idea chiara di ciò che davvero avviene in questo importante comparto di mercato.
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