In tutto il mondo il Mass Market Retail più evoluto sta (giustamente) dichiarando guerra alla plastica. Un dato per comprendere il problema: l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente degli Stati Uniti ha spiegato che nel 2011 le plastiche costituivano oltre il 12% dei rifiuti solidi urbani, quando negli anni sessanta, invece, costituivano meno dell’1%. Ciò significa che da qui ai prossimi trent’anni, se non cambiamo rotta, si prevede che il nostro pianeta si riempirà di plastica a discapito della flora e della fauna, ovvero del nostro stesso ecosistema.
Ecco la ragione per cui le aziende Retail più responsabili sono così concentrate su questo problema, sebbene l’attenzione sarebbe utile se appartenesse a tutti: ogni azienda, ogni cittadino-consumatore può fare di più per l’ambiente e quindi per se stesso.
Bandire la plastica significa, ad esempio nel caso di Unicoop Firenze, togliere dalla vendita tutti i prodotti monouso (piatti, bicchieri, etc), in UK per Morrison’s, invece, significa eliminare le confezioni di plastica della frutta e verdura.
Ottimi propositi ma un solo dettaglio: in Italia, regno della moka, nella categoria caffè macinato (poco meno di 1 miliardo alle vendite nella GDO super+iper 2018, Fonte IRI) la crescita vertiginosa del segmento capsule rappresenta, di pari passo, una crescita vertiginosa di inquinamento.
Le capsule sono infatti difficili da riciclare, perché fatte con una miscela di plastica e alluminio, a cui si vanno ad aggiungere i sedimenti organici di caffè che, a contatto con questa miscela, rende difficile lo smaltimento alla maggior parte degli impianti di riciclaggio più comuni. Alcune città della Germania, tra cui Amburgo, hanno già bandito completamente le capsule di caffè, dai supermercati come dagli uffici, zero!
Viene da domandarsi se tutte le insegne del mass market retail che mettono al bando la plastica si rendono anche conto del problema delle capsule di caffè.
“Alcune catene della GDO, soprattutto nel canale Discount, sono molto attente al tema dell’inquinamento della plastica e sono molto interessate anche alle soluzioni alternative su prodotti alto rotanti come le capsule di caffè. Altre, ad essere sinceri, si professano molto attente all’ambiente ma di approfondire il tema non se ne parla proprio “
Chi parla è Daniele Picenelli, Area Manager Italia di Covim Caffè, l’azienda che più di tutte sta provando a dare una evoluzione al mercato introducendo una capsula biocompostabile di alto livello, totalmente riciclabile nei rifiuti organici, già disponibile per le macchine per caffè più diffuse nel mercato.
“Covim – prosegue Picenelli – punta tutto sulla inevitabile evoluzione che hanno ed avranno sempre più le capsule. Quelle tradizionali sono altamente inquinanti, inutile nascondersi dietro un dito, e le rotazioni sono davvero sorprendenti. Unicoop Firenze ha fatto benissimo a bandire la plastica dai suoi negozi, soprattutto relativamente al monouso, ma le rotazioni del caffè sono da tenere in serissima considerazione. E se le multinazionali del settore per ora non pensano alla salute del Pianeta, ciò non significa che la GDO non ci debba pensare.” Ed ancora prosegue “E’ da due anni che sviluppiamo il progetto delle capsule biocompostabili smaltibili nell’organico industriale, da oltre sei mesi siamo presenti sui tavoli della GDO a presentare il progetto con la sua definitiva industrializzazione. Alcune aziende sono molto sensibili al tema: Aspiag, Coop Nord Ovest, Carrefour canale express, ma il discounter lo è molto di più e tra poco sul mercato si vedranno importanti novità in quel canale. Abbiamo addirittura offerto il nostro know how innovativo alle MDD delle insegne più note, ma ci sentono poco, il concetto che spesso la DO ha della sua MDD è più storico che innovativo.”
L’affermazione di Picenelli non ci sorprende più di tanto. Alcuni buyer fanno molta attenzione al conto economico teorico (margine primo e soprattutto secondo livello) ed alle vendite sulla base dei dati IRI, fondamentali ma da coniugare con le aspettative dei consumatori (i discount insegnano). Il vero conto economico è quello che proviene da scelte che partono da concetti seri, che fanno breccia sul consumatore.
Ignorare l’importanza che oggi la popolazione ripone nell’attenzione all’ambiente è una colpa grave. Il tam tam mediatico è onnipresente, ed il Discount, che ha come chiaro obiettivo quello di sostituire la prossimità attraverso la competitività, sa perfettamente che ad essa deve coniugare la gratificazione. Uno dei metodi per gratificare è prendersi cura della salute dei consumatori.
Un esempio: Lidl ha, in percentuale, un assortimento Bio superiore a qualsiasi catena del mass market retail, il reparto surgelati di Lidl ha una quota di prodotti free from altissima, che non trova riscontro in nessuna fotografia di IRI o Nielsen. L’interpretazione che il Discount attribuisce agli assortimenti è concettuale, dietro ad una offerta esiste un ragionamento che non è numerico, ma è sociologico: cosa vogliono i miei consumatori? Chi sono i miei consumatori? I supermercati, appannaggio della DO, aziende dimensionalmente inferiori senza una grande strategia alle spalle, non possono pensare di rispondere all’avanzata dei Discount se il ragionamento si ferma al leader + MDD + primo prezzo = assortimento.
In ogni caso il tam tam mediatico che sempre più insistente invade telefoni e televisioni, nello stesso momento in cui si ricevere un listing fee su una capsula in alluminio e plastica, spiega che una tonnellata di alluminio produce 4 tonnellate di scarichi sotto forma di arsenico, titanio, cromo, piombo, vanadio, o mercurio. Questo ovviamente sta a significare un grandissimo impatto sull’ambiente che potremmo sicuramente evitare se prima di inserire in assortimento una capsula inquinante si ragionasse sulle paure (vere e legittime) di coloro i quali, ogni giorno di più, abbandonano i supermercati
Le capsule Fior Fiore Coop sono già completamente compostabili da alcuni mesi.