Ed anche l’edizione 2016 è terminata. Chi scrive ha partecipato a tutte le manigestazioni, sin dal principio, ed ha vissuto con entusiasmo la crescita di un evento che oggi rappresenta una istituzione per chi fa Retail nel campo della Grande Distribuzione nazionale. Senz’altro si può dichiarare che questa Fiera, dedicata alla Marca del Distributore, è il luogo dove il fornitore ha la possibilità di incontrare e confrontarsi con molte delle insegne della Grande Distribuzione che popolano il mercato italiano. Non è poco, infatti è un ottimo viatico per arrivare a presentare un biglietto da visita di una propria azienda (o di una azienda che si rappresenta) che si vuole proporre ad attori che contattare durante l’anno, nelle normali attività lavorative, è estremamente complicato.
Fiera Marca si inserisce in una nicchia di mercato fieristica che è estremamente limitata ma di una importanza eccezionale, dati i fatturati che la Private Label genera sul mercato.
In Europa esiste una istituzione che si chiama PLMA di Amsterdam e che rappresenta uno dei momenti più importanti del mondo per questa nicchia di mercato, assieme a quella di Chicago. Poi esistono, sia in Medio Oriente che in Estremo Oriente alcune Fiere che sono derivazione delle sopra citate, ne ripercorrono gli stereotipi dell’offerta ma senza avere il seguito che hanno le due principali.
Fiera Marca è molto poco conosciuta nel mondo ed in Europa stessa, ma è un format che si differenzia nettamente dagli stereotipi rappresentati dalla PLMA.
Bisogna allora domandarci: Che cosa deve rappresentare Marca? Qual è il suo target?
Se l’obiettivo è quello di mettere a confronto produttori italiani con compratori italiani il risultato si può considerare raggiunto. Gli espositori dell’industria sono sempre più numerosi, negli ultimi anni affollano l’offerta anche aziende che sono espressione di quelle che vengono denominate “specialità regionali”. Non sbagliano, la tendenza della GDO è quella di legittimare sempre di più la propria Marca ed ovviamente la specialità regionale, fatta di sapienza artigianale ed a produzione limitata, ha le caratteristiche idonee a giustificare prezzi di fascia premium e dare qualità al brand.
Va però detto che in Italia esiste un fenomeno singolare rispetto ai paesi stranieri: la Private Label è composta al 95% di prodotti made in Italy. Non solo, in molte categorie sono pochissime le aziende che hanno saputo costruire una seria strategia di Private Label e quindi poche aziende popolano un mercato molto vasto. Di 150 fornitori di Private Label (circa) che ha mediamente ogni insegna, almeno il 30% sono fornitori che tutti condividono.
Alla luce di ciò la Fiera Marca, che ha delle caratteristiche molto originali come si è scritto, qui trova dei limiti.
Non è un luogo dove si fa principalmente Business, come lo è in maniera netta la PLMA di Amsterdam, è piuttosto, un momento di aggregazione, utile per fare Pubbliche Relazioni, stringere delle mani, sempre tra italiani.
Siamo latini, viviamo di relazioni e quindi ciò non è un male, anzi, di fatto però l’origine della Fiera Marca è proprio questa: la rappresentazione dell’italianità, nell’offerta e nello “lifestyle” direbbero gli inglesi. Però oggi, nel 2016, la ripetitività di queste inizia, forse, a segnare un poco il passo.
Se invece la Fiera Marca volesse ambire ad essere un riferimento internazionale del segmento come lo è la PLMA di Amsterdam, allora la strada presa è totalmente sbagliata. Non lo è e non lo sarà mai, non è presente nessun ingrediente per questo tipo di offerta. Gli stand dell’industria sono al 90% italiani, e proprio l’offerta nazionale viene qui rappresentata. All’estero, a seconda dei Paesi che vengono approcciati, le insegne di aziende multinazionali comprendono nei loro assortimenti di PL alcuni items italiani (pochi e molto stereotipati), ma per il resto le forniture sono internazionali. Marca può quindi essere forse utile per una nicchia della nicchia, la quale, essendo così esigua, vede gli attori del mercato essere presenti (giusto giusto) alla PLMA che nasce per fare molto Business e poche PR, e soprattutto è seria espressione di un’offerta che non ha limiti territoriali, esce persino dai confini europei. E quindi anche chi ricopre ruoli di Purchaser nelle centrali internazionali trova in quel luogo, e solo lì, tutto ciò che sta cercando.