Il 2010 fu l’annus horribilis del Gruppo Interdis. Dopo anni di crescita, la crisi economica del 2008 picchiò pesante le aziende distributive (e non) che non avevano i conti in ordine e tra queste cascarono anche alcune aziende del Gruppo a marchio Sidis. La Presidenza Barberini, finita nel 2010 ed a cui seguirono anche alcune vicende giudiziarie a carico del medesimo Presidente, divise molto l’azienda milanese in quegli anni e la portò ad un passo dalla chiusura. GDONews raccontò i fatti e spesso entrò in contrasto con il management del Gruppo perché le visioni non coincidevano. Da questa parte, da analisti, vedevamo la decadenza di una azienda che dieci anni prima era all’avanguardia nella Distribuzione Organizzata (all’avanguardia per essere DO) e che non aveva saputo ben interpretare il cambio in atto sul mercato. Dall’altra parte, i manager, giustamente, difendevano il loro operato.
Quando si scrive e si dice che l’Italia è un Paese che, a livello distributivo, è poco concentrato rispetto agli altri Paesi più avanzati, che è per tale ragione differente da Regione a Regione e per tale causa difficilmente attaccabile dagli stranieri, non si spiega qual è un altro lato di una medaglia che ha più facce: la Distribuzione Organizzata italiana è fatta ancora di imprenditori che costruiscono aziende di una certa rilevanza in termini di fatturato ma sono gestite a livello familiare, con tutti i rischi che ne derivano.
Questi imprenditori, spesso “self-made”, spesso molto commercianti e meno manager, spesso di età oramai avanzata, si arrivano ad incontrare nelle centrali di acquisto nazionali ed a confrontarsi tra loro. Ogni orticello viene in quella sede difeso con le unghie e con i denti ed i manager delle Centrali, oltre ad esprimere il loro lavoro in termini tecnici, sono costretti a ruoli politici tutt’altro che semplici.
La storia di Interdis non si allontana dalla storia delle centrali italiane e proprio negli anni appena accennati vide in seno alla propria compagine accendersi una disgregazione che non si poteva evitare portasse all’implosione (che invece non ci fu).
Oggi nel 2016 siamo a raccontare che il Gruppo si chiama Vegè (non più interdis) che ha una differente mission ed un posizionamento sul mercato ben definito e che, grazie anche a questo, è praticamente ritornato a detenere le quote di mercato che aveva cinque anni fa grazie agli accordi firmati con Tosano prima, ed ora con Multicedi e Arena.
La resilienza è la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. In psicologia il termine viene usato per descrivere la capacità che ha un determinato individuo di affrontare e superare un evento traumatico oppure un periodo di difficoltà. Il termine è passato agli albori delle cronache un paio di anni fa quando il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama così definiva il suo Paese che stava finalmente risorgendo da una delle crisi più difficili che ha incontrato nella sua storia. E, tornando alle piccole vicende della distribuzione alimentare italiana, questo termine si associa bene a quanto è successo al Gruppo Vegè che oggi si può dire risorto dal suo momento più buio.
Bisogna, altresì, sottolineare come di fatto il mercato sia cambiato e come le aziende che sono protagoniste nel mondo Retail si sono evolute. Nell’acquisizione di Multicedi ed Arena non può sfuggire il dettaglio secondo cui la prima azienda, occupando in maniera seria il mercato dei Cash&Carry, fa parte del Gruppo Italy Cash.
Non è da sottovalutare questa entità per una serie di ragioni: si tratta di una aggregazione specifica dedicata ad un canale troppo bistrattato dagli italiani, in un Paese dove il mercato Ho.Re.Ca ha un potenziale eccezionale. Italy Cash è nata con le caratteristiche della DO pura, quindi con la consapevolezza che è una aggregazione di imprenditori che si rivolgono ad uno specifico settore.
Oggi vale il 20% del mercato ed è guidato da un manager, Davide Cozzarolo che prima, quando era direttore commerciale di Sigma, fu proprio lui a raccogliere gli effetti della disgregazione di Interdis. Ebbene da subito le interconnessioni del mercato della moderna DO permetteranno terreni di confronti ( e di collaborazione fattiva) un tempo insperati, e chi scrive è certo che un manager esperto come Santambrogio non si farà mancare l’occasione per sviluppare progetti.