Tesco da il nome ad una legge inglese ed inserisce in assortimento… l’avvocato

    0

    «Accedere ai servizi legali deve essere facile come comprare una scatola di fagioli». Le parole di Bridget Prentice, sottosegretario alla Giustizia britannico, stanno diventando qualcosa di più che un augurio. Da quest’anno in Gran Bretagna entrano in vigore due misure del Legal service act del 2007, legge conosciuta come “Tesco law” che prende il nome dal colosso dei supermercati e liberalizza il mercato dei servizi legali. Da gennaio anche chi non è avvocato – quindi un’impresa – potrà comprare fino al 25% delle azioni di uno studio legale. E diventa operativo il Legal Services Board, organismo insediatosi nel 2008 che avrà il compito di regolare gli aspetti di un mondo che comprende 108mila solicitor, 15mila barrister, 14mila soggetti abilitati a operazioni come i passaggi di proprietà. Un settore da 23 miliardi di sterline all’anno.
    Così nel 2011 i supermercati potrebbero avere un corner con l’avvocato-dipendente: latte e preventivo, piatto pronto e parcella, curry e risarcimento danni. Una rivoluzione che la stampa inglese ha ribattezzato Big Bang. Nella pratica però la Tesco law si sta applicando (e facendo digerire) a poco a poco. Che la sensibilità degli avvocati sia uguale un po’ in tutti i posti e l’accostamento ai fagioli non piaccia neanche nei fori inglesi si capisce dalla cautela con cui David Edmonds, presidente del Legal Services Board, attenua lo slogan della laburista in un’intervista al Times: «Si tratta di aver più varietà e più scelta», i clienti devono sapere cosa stanno pagando e per cosa: «Devono insomma vedere cosa c’è dentro la scatola di fagioli». Il cavallo di Troia normativo si chiama struttura di business alternativa (Abs) che permette agli avvocati di offrire servizi legali e non e alle imprese di diventare proprietari di studi che offrono servizi legali. Ai livelli di grandi law firm, il Big Bang è già iniziato: negli ultimi mesi fondi di private equity e fondi pensione hanno dichiarato di voler investire nei grandi studi londinesi.
    In Italia – dove si sta votando la riforma dell’ordinamento forense che va nella direzione opposta alle liberalizzazioni Bersani 2006 – si guarda tutto questo da lontano. A dicembre una ventina di managing partner e qualche avvocato ha partecipato a un incontro organizzato dal network legalmarketing.it. Pochi intimi hanno ascoltato le evoluzioni della Tesco Law spiegate da Jonathan Ames, a lungo direttore della rivista di settore Law Gazette. «A caldo abbiamo commentato che siamo molto distanti dal Regno Unito – dice Leonardo de Leva, direttore marketing dello studio Santa Maria -. A freddo penso che queste novità potrebbero avere effetti anche in Italia: se gli studi anglosassoni hanno nuovi investitori avranno più risorse e potranno aumentare la concorrenza anche qui».

    LASCIA UN COMMENTO

    Per favore inserisci il tuo commento!
    Per favore inserisci il tuo nome qui