Il mondo delle Coop, nell’immaginario di alcuni, è un mondo dove regna l’opulenza, dove il vantaggio fiscale è tale da riparare a qualsiasi errore manageriale, il vantaggio competitivo ottenibile dal citato risparmio sarebbe tale da non creare nessun problema a livello finanziario, semmai il suo problema è spendere.
Se fosse così non si capirebbe ciò che sta succedendo in questo periodo.
Anni fa il mondo Coop era suddiviso in nove grandi Cooperative che si univano il termini di acquisti presso la Centrale Coop Italia ma negli assortimenti erano completamente autonome. I processi di razionalizzazione ed unificazione delle strategie di vendita, rese necessarie per rispondere all’ingresso ed alla espansione dei colossi francesi oltre all’evoluzione degli Ipercoop, portarono agli inizi degli anni 2000 alla creazione dei Distretti e ad un conseguente processo di unificazione delle politiche di vendita. E’ pur vero che all’interno di ogni Distretto c’è sempre stato chi ha mal digerito l’appartenenza ad una comune strategia, anzi c’è stato chi, negli ultimi anni, ha proprio deciso di diversificare all’interno del Distretto le proprie politiche di vendita, però il concetto di unificazione in Distretti, seppur con qualche naturale intoppo, stava funzionando. Sicuramente l’evoluzione di Coop sino alla definitiva concezione di Gruppo GD ha prodotto brillanti risultati, superando i famosi e pericolosi localismi. I problemi di vendita del canale Ipermercati ( che ha coinvolto tutti, prima ancora che Ipercoop, si pensi a Carrefour) di questi ultimi anni hanno portato il mondo cooperativo a rispondere al mercato in termini organizzativi, attraverso la centralizzazione nazionale degli assortimenti, quindi attraverso un processo di omogeneizzazione che rendesse più semplice il controllo della complessa macchina di vendita che è in atto in questi tempi.
Delle difficoltà del format, si è detto più volte, si sapeva, ma delle difficoltà delle Coop in termini di bilancio si sta scoprendo in questi ultimi mesi.
Sono sempre più insistenti le voci di un processo di definitiva unificazione delle tre cooperative del Nord Ovest ( oramai ex Distretto Nord Ovest ? ) che per risolvere problemi di costi hanno deciso di unificarsi. Pare infatti che i bilanci di Novacoop e di Coop Lombardia abbiano i margini di positività ridotti al lumicino, la stessa Coop Liguria “arranca” come abbiamo fatto notare ultimamente.
Anche nel Distretto Tirrenico le voci di fusione tra Unicoop Tirreno e Unicoop Firenze hanno quasi il senso dell’ufficialità. Rimarrebbe fuori dal Super gruppo solo la Coop Centro Italia ( per completare anche qui il passaggio da Distretto ad unica Cooperativa) la quale nella pubblicazione del bilancio 2009 ha scritto: “L’anno più difficile” dove si nota un utile netto intorno all’1% del fatturato delle vendite ( 6,3 milioni di euro di utile netto su un fatturato 2009 di 631 milioni di euro). Purtroppo quello di Coop Centro Italia non è un bilancio pubblicato in tutte le sue voci e quindi è impossibile trarre conclusioni.
In ogni caso il fatto delle serie difficoltà economiche in cui versano alcune cooperative smentisce l’affermazione di partenza che può avere “l’uomo della strada”; anche la Coop, come tutti, talvolta più di altri, deve fare i conti con gli aspetti delle difficoltà di bilancio.
Cosa sta succedendo?
I Punti di Vendita Coop, oramai nella loro generalità, dove non sono Ipermercati, sono Supermercati/Superstore di medie dimensioni, con assortimenti precisi e ben studiati, con una intelligente costruzione di Private Label assolutamente in linea con i migliori Retailers europei, con un ottimo bilanciamento tra segmenti e reparti, ed anche, in risposta a tutte queste qualità, con un affollamento di consumatori, almeno nei supermercati, non differente dal passato, infatti pare che la numerica scontrini non sia il problema da affrontare.
Di sicuro, come tutti, anche Coop deve combattere contro le diminuzioni delle battute di scontrino, insomma contro la diminuita capacità di spesa del consumatore, ma com’è possibile che si arrivi a crisi di questo genere?
Forse la risposta c’è ed è lontana dal mondo della distribuzione di prodotti alimentari tramite la vendita nei supermercati ed ipermercati, e si potrebbe annidare nel mondo finanziario.
“Plus24”, supplemento del più noto quotidiano economico “ Il Sole 24ore” negli ultimi giorni ha pubblicato, attraverso la penna di Fabio Pavesi, un interessante articolo sul peso di Unipol sulle cooperative e sono emerse informazioni piuttosto significative. “ […] Quel legame è tanto antico quanto solido, ma le ultime vicissitudini di Unipol con quella maxi-perdita per oltre 700 milioni nel 2009, qualche malessere l’hanno senz’altro procurato tra i vertici delle cooperative rosse che del gruppo assicurativo posseggono metà del capitale. Certo un centinaio di milioni di dividendi sono stati comunque deliberati e saliranno lungo la catena societaria da Finsoe fino a Holmo per arrivare nelle casse delle 40 coop che stanno in cima alla piramide che governa il colosso assicurativo. Colosso sì, ma dalla vita recente piuttosto travagliata. Almeno da quando ha tentato la fallita scalata alla Bnl. Unipol aveva in cassa, dopo l’estate dei furbetti del quartierino, due miliardi di euro, oggi a pochi anni di distanza si è ritrovata a chiedere altri 500 milioni di nuovi soldi al mercato. Certo una parte (circa un miliardo) di quella riserva, chiesta allora agli azionisti per la conquista abortita di Bnl, è tornata a casa sotto forma di dividendo nel 2008. Ma resta il fatto che i risultati sia economici che patrimoniali hanno visto in questi anni una marcata discesa. A partire dallo choc dei 700 milioni di perdite dell’anno scorso provocati dall’aver svalutato in un colpo solo titoli azionari in portafoglio che hanno continuato per anni a essere contabilizzati a valori di carico non più realistici rispetto al mercato. Una pulizia dolorosa ma doverosa, come quella avviata su un portafoglio di attività che vedeva immobilizzati titoli strutturati per oltre 6 miliardi e polizze a capitalizzazione per oltre tre miliardi. Un periglioso cammino negli ultimi anni, testimoniato anche dalle dinamiche di attività e patrimonio. Ebbene l’attivo del gruppo è passato da 38 miliardi di euro del 2005 a 43,3 miliardi di fine 2009, ma il capitale ha fatto il percorso inverso. Dai sei miliardi di patrimonio netto si è scesi ai 3,8 miliardi di fine 2009. Se poi al capitale dimagrito si aggiungono le difficoltà incontrate da Unipol banca e le perdite di Unipol merchant il quadro si chiude. Non che la borsa non se ne sia accorta. Unipol tre anni fa valeva ben sopra i due euro, di questi tempi quota sui 55 centesimi. Certo, ora fatte le pulizie la compagnia dovrebbe ripartire. C’è un piano industriale che prevede utili netti consolidati a 250 milioni per fine 2012. Si vedrà.” L’avvento del socio sovventore ( riferimento ad articoli GDONews del recente passato) ha rivoluzionato la gestione ed i bilanci del mondo cooperativo, rendendoli anche di difficilissima lettura, gli intrecci con il mondo finanziario sono mutati e si sono fatti importantissimi e per certi lati fondamentali. Il manager Coop, cresciuto nella cooperativa nel mondo della distribuzione di prodotti alimentari, ha dovuto capire, interpretare e gestire le difficoltà del connubio tra gestione caratteristica e gestione finanziaria di un bilancio, e non ultimo affrontare le tempeste dei mercati degli ultimi anni, fatali a diverse multinazionali nel mondo. Ad aggravare ancora la situazione ha di fatto contribuito, e l’articolo di Pavesi ne è conferma, il problema di Unipol nella vicenda della scalata a Bnl con il conseguente allontanamento di un ottimo ( ma anche discusso) manager come Consorte. Nonostante ciò il Presidente del Consiglio di Sorveglianza di Coop Italia, il dott. Vincenzo Tassinari, procede diritto e promette investimenti importantissimi nei prossimi anni soprattutto nel sud Italia, terreno difficilissimo dove Carrefour ha compromesso la sua strategia italiana. Se Coop saprà ben interpretare le esigenze del consumatore del Sud, e Centrale Italiana sarà sicuramente un ottimo viatico, avrà vinto la battaglia con il mercato.
Mi permetto alcune note:
Fusione tra le coop nord ovest, in autunno dovrebbe essere deliberato dalle assemblee delle cooperative socie, infatti i CDA delle stesse avevano deciso la fusione e intrapreso i relativi studi di fattibilità, resta da formalizzare o respingere questa decisione.
Secondo quanto si legge dai vari bilanci delle coop, non è solo Unipol a pesare in negativo, ma ad esempio per Unicoop Fi la partecipazione in MPS.
Per inciso per Unicoop Fi, la perdita di Unipol è valsa gli utili di 10 anni della rete distributiva, un conto parecchio salato.
Il Sole 24 ore aveva già riportato che il fatturato per attività finanziarie (banca ed assicurazioni) aveva superato quello della gestione retail, il che pone al socio coop alla luce di questi risultati un paio di domande 1) sono garantito come socio sottoscrittore dalle tutele bancarie previste per i correntisti bancari e per i risparmiatori? 2) il prestito sociale non dovrebbe servire allo sviluppo della cooperativa? la banca e la finaza quando superano ampiamente una gestione residuale o marginale ma rappresentano cifre vicine al 50% del fatturato, non mutano la natura della cooperativa, da cooperativa di consumo in banca cooperativa?
A momenti c’e l’annuncio della fusione di Coop Liguria , Novacoop , e Coop Lombardia.
Non risulta che ci sia la fusione tra Unicoop Tirreno e Unicoop Firenze anzi ognuno per conto suo .
Quando ci si allontana dal core business per fare finanza e politica questi sono i risultati
Firenze
Investimenti Unicoop in Montepaschi, Turiddo Campaini: “Un’operazione strategica che può valere un costo”
Il ‘Sole 24 Ore’ ha parlato di perdite di duecento milioni circa in due anni. Il presidente del consiglio di sorveglianza: “Mps riducendo i costi ha prospettive in termini di redditività”
07/10/2010 – 16:44
Per Unicoop Firenze il 2,99% detenuto in Banca Mps “é un investimento strategico”. Lo ha ribadito Turiddo Campaini, presidente del consiglio di sorveglianza della società, ai cronisti che gli chiedevano delle svalutazioni operate negli ultimi anni sulla quota azionaria dell’istituto senese, che secondo quanto pubblicato nei giorni scorsi da ‘Il Sole 24 Ore’ sono costate a Unicoop Firenze 188 milioni di euro nel 2008 e 30 nel 2009. “Ho letto delle svalutazioni, ma nessuno ha mai scritto sui giornali quando abbiamo fatto una rivalutazione di 60 milioni”, ha detto Campaini, a margine di un’iniziativa di Unicoop nel capoluogo toscano, spiegando che l’investimento in Bmps è stato deciso perché “rischiavamo di non avere più nella nostra regione un centro decisionale bancario”, oltre che in una logica di servizi ai soci della cooperativa. “Noi non facciamo investimenti speculativi – ha aggiunto – é chiaro però che, per garantire un certo tipo di presidio, può darsi che questo costi qualcosa alla cooperativa. Ma bisogna vedere i tempi, ora siamo in una crisi di carattere generale: chi è che ha investito e non registra delle perdite?”.
Banca Mps riducendo i costi “ha una prospettiva in termini di redditività”: lo ha detto sempre Turiddo Campaini. Ai cronisti che gli chiedevano se avesse aspettative positive per una crescita della redditività dell’istituto, punto su cui ha insistito spesso negli ultimi mesi la Fondazione Mps azionista di maggioranza, Campaini ha risposto che “la banca sta viaggiando a una velocità notevole, soprattutto sul versante della riduzione dei costi, cosa che io condivido molto. Questo per me è di buon auspicio, perché qualsiasi impresa abbia un livello di efficienza consistente ha una prospettiva in termini di redditività. Diversamente questo non può accadere”. Unicoop
Per completezza posto i due articoli apparsi sul Sole 24 ore del 2/10/2010.
L’intreccio tra Unipol,
Mps, la ex galassia di
Gnutti e le cooperative si è
sciolto da tempo. La banca
senese resta però con Unipol
l’altra gamba della cosiddetta
finanza rossa. E non è un caso
che tra gli azionisti storici
continui a figurare la Unicoop
Firenze che tuttora detiene
il 2,99% del capitale della
banca. Anche qui, come per
Unipol, non sono state note
sempre liete per i cooperatori
fiorentini. Le difficoltà borsistiche
di Monte dei Paschi di
Siena, che ha visto scendere
il valore della sua azione da
3,6 euro di tre anni fa a poco
più di un euro di questi giorni,
sono costate care a Unicoop.
La cooperativa nel 2008
ha dovuto svalutare i titoli
Mps per la bellezza di 188
milioni di euro. Un’operazione
pulizia che ha fatto sì che
il bilancio di quell’anno chiudesse
con 194 milioni di perdite.
E anche il 2009 ha avuto
uno strascico con ulteriori
svalutazioni sulle azioni Mps
per 30 milioni. Nel bilancio
della cooperativa toscana guidata
da Turiddo Campaini le
azioni Mps sono tuttora in carico
a 1,33 euro, mentre in
borsa trattano a poco sopra l’
euro. Se un piccolo azionista
come Unicoop sta pagando
cara l’avventura senese, che
dire dell’azionista di controllo,
la Fondazione Mps che
della banca possiede il 46%
del solo capitale ordinario.
Ma tra risparmio e privilegiate
la presa su Mps arriva al
73%. Certo qui la partecipazione
è strategica e le perdite
di borsa non vengono registrate
nel bilancio. Se così fosse
si aprirebbe una voragine
nei conti della Fondazione.
Basti pensare che il valore
unitario di bilancio (come ha
documentato «Plus24» del
l’11 luglio 2009) delle ordinarie
è di 1,3 euro. Ebbene se
fosse costretta a svalutare oggi
perderebbe 800 milioni solo
sulla quota delle ordinarie.
La fondazione, tra quelle bancarie,
è quella più concentrata
ed è evidente che le sue
sorti sono legate a doppio filo
con il valore di mercato di
Mps. Lontani i tempi in cui
grazie al collocamento la fondazione
presieduta da Gabriello
Mancini incassò in un
colpo solo a livello patrimoniale
1,2 miliardi.
Fa.P.
Il peso di Unipol sulle cooperative
Finsoe tiene ancora a bilancio la compagnia assicurativa per 3,3 miliardi
Quel legame è tanto antico quanto solido, ma le ultime vicissitudini di Unipol con quella maxi-perdita per oltre 700 milioni nel 2009, qualche malessere l’hanno senz’altro procurato tra i vertici delle cooperative rosse che del gruppo assicurativo posseggono metà del capitale. Certo un centinaio di milioni di dividendi sono stati comunque deliberati e saliranno lungo la catena societaria da Finsoe fino a Holmo per arrivare nelle casse delle 40 coop che stanno in cima alla piramide che governa il colosso assicurativo. Colosso sì, ma dalla vita recente piuttosto travagliata. Almeno da quando ha tentato la fallita scalata alla Bnl. Unipol aveva in cassa, dopo l’estate dei furbetti del quartierino, due miliardi di euro, oggi a pochi anni di distanza si è ritrovata a chiedere altri 500 milioni di nuovi soldi al mercato. Certo una parte (circa un miliardo) di quella riserva, chiesta allora agli azionisti per la conquista abortita di Bnl, è tornata a casa sotto forma di dividendo nel 2008. Ma resta il fatto che i risultati sia economici che patrimoniali hanno visto in questi anni una marcata discesa. A partire dallo choc dei 700 milioni di perdite dell’anno scorso provocati dall’aver svalutato in un colpo solo titoli azionari in portafoglio che hanno continuato per anni a essere contabilizzati a valori di carico non più realistici rispetto al mercato. Una pulizia dolorosa ma doverosa, come quella avviata su un portafoglio di attività che vedeva immobilizzati titoli strutturati per oltre 6 miliardi e polizze a capitalizzazione per oltre tre miliardi. Un periglioso cammino negli ultimi anni, testimoniato anche dalle dinamiche di attività e patrimonio. Ebbene l’attivo del gruppo è passato da 38 miliardi di euro del 2005 a 43,3 miliardi di fine 2009, ma il capitale ha fatto il percorso inverso. Dai sei miliardi di patrimonio netto si è scesi ai 3,8 miliardi di fine 2009. Se poi al capitale dimagrito si aggiungono le difficoltà incontrate da Unipol banca e le perdite di Unipol merchant il quadro si chiude.
Non che la borsa non se ne sia accorta. Unipol tre anni fa valeva ben sopra i due euro, di questi tempi quota sui 55 centesimi. Certo, ora fatte le pulizie la compagnia dovrebbe ripartire. C’è un piano industriale che prevede utili netti consolidati a 250 milioni per fine 2012. Si vedrà. Per ore è una speranza per veder risalire il titolo sul listino.
Finsoe non svaluta
E quella risalita è assai attesa dai vertici cooperativi, dato che Finsoe, la scatola che possiede il 50,75% del capitale ordinario di Unipol ha tuttora in carico la partecipazione per 1,67 miliardi. Che vuol dire? Che per Finsoe (a sua volta partecipata dalla Holmo) Unipol continua a valere 3,3 miliardi di euro. Cioé tre volte il suo attuale valore di mercato. Certo, la borsa forse non è parametro affidabile di questi tempi e quella partecipazione è strategica e vale un premio di maggioranza. Resta il fatto che l’attivo di Finsoe e a risalire quello di Holmo appaiono oggi quanto meno gonfiati. Se quei valori non si recuperassero, allora i debiti, oggi sotto controllo, comincerebbero a essere un problema. Del resto non c’è solo Unipol.
Più finanza che supermercati
Le coop da tempo fanno della finanza, più che dell’attività tipica un terreno di caccia all’utile. Su quei circa 12 miliardi di giro d’affari la redditività industriale è sotto l’1%. Gli utili veri si fanno con il trading sul gigantesco portafoglio titoli (tra i 7 e i 9 miliardi) posseduto dall’universo cooperativo. Con qualche sorpresa negativa. Come le svalutazioni finanziarie per 400 milioni nel solo 2008 dell’intero sistema. O le perdite, sempre finanziarie, per 244 milioni della sola Coop Nord Est nel 2008. O le svalutazioni finanziarie per 53 milioni accumulate da Cooperativa Adriatica nel biennio 2008-2009. Anche Coop Estense ha dovuto rettificare attività finanziarie per 42 milioni tra il 2008 e il 2009. Una passione per la finanza che procura anche qualche dispiacere.
Questo invece l’ultimo articolo sulla fusione.
Un asse con il Piemonte e la Liguria non solo per restare a galla, ma per tornare a crescere. Coop Lombardia, il braccio commerciale della galassia cooperativa, ormai non ne fa un mistero: nell’aggregazione con le “cugine” del Nord-Ovest c’è la chiave di volta per riconquistare la competitività perduta.
Le trattative sono a un passo dal traguardo. Dalla primavera scorsa si sono insediati dieci gruppi di lavoro misti, chiamati a confrontare pezzo per pezzo come sono e agiscono le tre cooperative: ancora due o tre settimane e il dossier tornerà in mano ai consigli di amministrazione, ai quali toccherà l’ultima parola. Silvano Ambrosetti, presidente di Coop Lombardia, professa ottimismo: «Finora non sono emerse differenze tali da mettere in discussione la possibilità di una vera e propria fusione», dice. E ci conta davvero, perché «nel momento in cui ci trovassimo con le spalle più larghe saremmo finalmente in grado di combattere ad armi pari in un mercato tra i più competitivi d’Europa come quello lombardo».
La fusione delle realtà cooperative del Nord-Ovest, che di fatto sono già partner dal 2003 quando hanno affidato al Consorzio Nord-Ovest le attività di logistica, i servizi informativi e gli acquisti, sulla carta sembra riservare vantaggi per tutti: vista la cannibalizzazione del mercato della gdo, entrare in una realtà composta da 153 punti vendita, tra super e ipermercati, 11.709 addetti e capace di fatturare 2,7 miliardi l’anno potrebbe far comodo a Coop Lombardia, ma anche a Coop Liguria (imprigionata in un distretto angusto e per di più saturo) e NovaCoop-Piemonte, alla ricerca di nuovi sbocchi dove proseguire un percorso di espansione che l’ha vista aprire otto punti vendita in due anni. Senza contare che raccogliendo le quote che oggi fanno capo ai tre promessi sposi, il nuovo ente si troverebbe con un portafoglio capace di renderlo azionista di riferimento di Holmo (con il 15,6%), la holding che controlla Unipol, di Sviluppo Discount (300 punti vendita, tra diretti e affiliati) e Librerie Coop.
La strada dunque sembra segnata, ma alcuni nodi restano da sciogliere, a livello di governance, razionalizzazione delle strutture, riorganizzazione delle partecipazioni. Certo è che per Coop Lombardia si tratterebbe della degna conclusione di un percorso di risanamento che si è avviato dopo il 2007, anno in cui l’attività commerciale si era conclusa con un pesante passivo: «Abbiamo lavorato molto – riporta Ambrosetti – e già nel 2010 contiamo di riportare in attivo la nostra gestione caratteristica». In pratica, dopo anni in cui sono state le rendite immobiliari e quelle finanziarie a far quadrare i conti (sempre in utile) di Coop Lombardia, da quest’anno anche la gestione dei 49 punti vendita (39 supermercati e 10 iper) sparsi per la regione dovrebbe tornare in nero.
Agenda alla mano, il gruppo punta a tre nuove aperture nei prossimi due anni e mezzo: un superstore a Bergamo, un ipermercato a Peschiera Borromeo e un altro superstore a Trescore Balneario. Meglio che niente, per una realtà che nel 2009 ha fatturato 948,3 milioni e occupa 4mila addetti, ma certo con la maxi-cooperativa del Nord-Ovest le premesse cambierebbero radicalmente: «In regione il mercato si sta rapidamente saturando – conclude Ambrosetti – ma in Piemonte ci sono ancora margini di espansione interessanti. Un soggetto forte avrebbe le carte in regola per sfruttarli fino in fondo».
confermo, da socio di Coop Liguria e di Unicoop Tirreno, che non dovrebbero esserci fusioni tra Unicoop Tirreno e Unicoop Firenze, ma solo partnership su alcuni settori, in particolare sulla gestione di punti vendita in Campania. La fusione del Nord-Ovest spero ci sarà, io ne sono un grande sostenitore.
La fusione nel Nordovest ci sarà. Resta da vedere come le 3 Cooperative meno efficienti dal punto di vista dei costi riusciranno a metabolizzare le inevitabili duplicazioni e triplicazioni… Sarà un processo di razionalizzazione lungo che probabilmente coinciderà con un cambio generazionale nella classe dirigente delle 3 cooperative
Non ci sarà nessuna fusione tra UniFi e UniTirreno, piutosto una stretta collaborazione in campania e su roma
unicoop tirreno fatturato 1236 milioni di euro dipendenti 6854.unicoop fifatturato 2251 milioni di euro dipennti7845 il perche non ci sara la fusione e in questi numeri,finalmente la coop ha fatto una pubblicita eticamente efficace che potrebbe anche cambiare il piatto che c e all interno della gdo italiana unicoop fi nel magastore di gavinana via erbosa in collaborazione con acque spa ha aperto un fontanello il megastor di esselunga e lontano soltanto 3,8 km se avra successo (unospostamento del 5% dei clienti attirati dalla novita)esselunga come risponderebbe quando unicoop fi ha bandito i sacchettti non bio anche esselunga in parte ha seguito il suo esempio .all interno di unicoop fi si sta pensando ad un forte cambiamento per il format iper perche le vendite per mq e inferiore al megastore del 20-30% con grosse innovazioni tecnologiche innovative per la gdo la discesa a roma con l acquisto dei 14 punti vendita ha portato nuove problematiche che unicoop non aveva affrontato in toscana buoni psto e logistica difficoltosa peril rifornimento dei punti vendita (i bilici non riescono a passare fra le strette stade intasate dalle auto pargheggiate)se in poco tempo riuscira arisolvere i problemi che gli sono posti potra mettere il marchio coop suio nuovi punti vendita al signo aldo volevo chiedere visto la sua esperienza la percentuali di importanza sulla spesa giornaliera e settimanale fra vicinanza del punto vendita, qualita del punto vendita(servizi offerta parcheggio) e prezzi del punto vendita, e se in italia ci sono differenze fra le varie regioni di queste percentuali
Ciao Mario, non ho dati precisi su questo, infatti la risposta alle tue domande non è univoca ma dipende dalle seguenti variabili:
1) reddito
2) età
3) situazione viaria
Per fare un esempio banale, se sei un over 65, probabilmente hai esigenze, banalmente di non poter caricarti troppo, che un 20 enne non ha, se abiti in provincia puoi fare anche 10 km per andare all’iper, perchè in 10 minuti ci vai, mentre se abiti a Roma o Milano per fare gli stessi km, magari ci metti un ora.
Se il PV è in Piazza San Babila o in Campo dei Fiori, è più facile vendere un assortimento rispetto ad un PV che è situato in un quartiere di case Popolari.
A tutto questo c’è una risposta che si attua incrociando le tre variabili sopramenzionate e il bacino d’utenza potenziale del pv, per cui per fare un esempio molto stupido e semplice se esistesse un pv in cui ci sono tante giovani coppie, magari sarebbe sensato dare spazio alle pappe per bimbi ed ai pannolini a scapito della pasta per le dentiere.
Questa dovrebbe essere la buona pratica, che come vedi è spesso figlia del buon senso più che da grandi studi, anche perchè tutte queste informazioni sono facilmente recuperabili.
Coop per essere efficente nello scenario competitivo attuale, dovrebbe avere il coraggio di “svecchiare” molti dei suoi manager, legati a concetti ormai superati di fare commerciale e spesso senza alcuna esperienza diretta di reti vendita ho reparti. Per operare al meglio, bisogna aver praticato attivamente. Creare un modello meritocratico misurabile, dove alcune posizioni strategiche (vedi Direttori commerciali) devono essere occupate da persone che hanno prodotto nel passato valore aggiunto. Se Coop ha difficoltà nel centro Italia, in particolare il lato tirreno, che tra l’altro ha sempre avuto difficoltà nella gestione caratteristica anche quando era Toscana Lazio, figuriamoci al Centro ed al Sud quali potrebbero essere le difficoltà. La realtà di Roma, non è quella di Firenze, il mercato è molto più aggressivo, le dinamiche prezzo cambiano anche di settimana in settimana al fine di rendere il consumatore sempre legato a nuove offerte e proposte; Coop in questo ha evidenti difficoltà di gestione (in questo caso informatica) e difficoltà nel gestire i settori “locomotiva” come i freschissimi. A Firenze, Unicoop Firenze ha creato negli anni una forte fidelizzazione, per la quale i fiorentini, hanno un’immagine positiva e ci spendono volentieri. A Roma Coop TL e poi UT, non è riuscita a creare fidelizzazione come UF, il cliente romano spende dove gli “piace” di più non avendo un marchio di riferimento. Iniziare a crearlo non è impossibile, ma bisogna cambiare metodo di gestione. Ho lavorato all’interno di questo mondo, ne sono uscito per amore, sono ancora molto legato a Coop dove ho trascorso quasi un ventennio. Mi piacerebbe vederla leader indiscussa del mercato.
Segnalo il post di Luca Solari, sulla parola meritocrazia
http://lucasolari.com/wp/?p=426
Le parole sono importanti, poiché sebbene non costruiscano il mondo in cui viviamo, diventano la base sulla quale assegnamo il senso alle nostre idee e decisioni. Ecco perché l’abuso delle parole è pericoloso.
Una delle parole oggi più vuote è meritocrazia e non a caso riempie la bocca un po’ di tutti… i politici di ogni ordine e colore, i maitres a penser in quota ai “tripoli” (tre poli…), giù giù fino al mio barista. Ogni problema di funzionamento della società è legato all’assenza di meritocrazia. La scuola non educa, perché gli insegnanti sono mediocri e sono mediocri perché non c’è meritocrazia. L’università non sviluppa il capitale umano, perché i docenti sono tutti “figli di” e lo sono perché non c’è meritocrazia.
L’idiozia contagia velocemente le collettività che smettono di pensare come quella di questo Paese perduto . Basterebbe il buon senso per smontare queste affermazioni, senza dover mettere in campo i dati. Stupisce che l’idiozia permei i discorsi di “non idioti”, anzi di potenzialmente saggi. Eppure, basta scorrere le perle dei Abravanel, Giavazzi, Boeri, Tinagli, Montezemolo, Marcegaglia ecc. per scoprire che l’ossessione del consenso spinge anche individui pensanti (e ben pensanti) alla facile scorciatoia dell’ammicco popolare. Su nulla è più facile (perché bipartisan e quindi meno rischioso) che sull’appello alla meritocrazia che, ovviamente, in un mondo accecato dall’illusione economicista di una non-scienza (l’economia), si accompagna all’incentivazione. Volete spostare il mondo? Non datemi una leva, non spiegatemene il senso e il progetto, ma incentivatemi sul risultato e lo sposterò. Un assunto illogico, pre-empirico, sbagliato e per certi versi poco morale su cui si costruisce la sorte luminosa di pensatori d’accatto, tanto amati però da un intellighentia che ha abbandonato da tempo l’immaginazione per dedicarsi al solo potere…