
In queste settimane si è spiegato a più riprese che il format discount è da considerare a pieno titolo come una delle alternative che il consumatore ha disponibile per realizzare acquisti frequenti e completi, ovvero quelli che si inquadrano dentro l’offerta di prossimità. Per tale ragione abbiamo dedicato un ampio spazio (tre pubblicazioni) a quei formati distributivi (supermercati+libero servizio+ discount) che tutti assieme valgono oltre 80 miliardi di euro (fatturato anno 2020).
Però è pur vero che la cultura del mass market retail ha sempre distinto i formati tradizionali dalle formule storicamente denominate discount, relegando questi ad una loro autonoma esistenza, con una loro autonoma suddivisione delle quote di mercato. Ci è sembrato, così, opportuno dedicare al tre due pubblicazioni a questo argomento, pur sapendo che il mercato oggi va considerato come un tutt’uno, esattamente come lo considera il consumatore; questo primo articolo si occupa di quote di mercato del discount a livello nazionale e descrive, come si potrà leggere, l’ascesa che il format ha compiuto nel 2020, più rilevante rispetto al pur dinamico recente passato. Sarà altresì interessante notare che questa non è stata solo determinata dagli incrementi delle prime tre grandi insegne, perchè oggi almeno altre 5 insegne sono cresciute al punto che i loro sell out valgono (in tre casi quasi) 1 miliardo. Ed il fatto più curioso è che di queste 5 insegne, 4 appartengono ad aziende che sono protagoniste nel mass market retail tradizionale, quindi con supermercati, superstore ed ipermercati. Ben 4 insegne di provenienza dal mondo dei formati tradizionali hanno portato le loro espressioni del format discount a realizzare vendite che con la pandemia hanno assunto valori decisamente rilevanti.
Il leader di mercato è Eurospin con quasi
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