domenica 6 Ottobre 2024

Coop Alleanza 3.0: dual governance ed attenzione a costi ed investimenti

Coop Alleanza 3.0 fa sul serio e rivoluziona l’assetto organizzativo dei vertici aziendali. E’ un anno significativo per la più importante Coop d’Italia dopo l’annus horribilis vissuto nel 2018 e parzialmente migliorato con i risultati del 2019.

Nel 2016 l‘azienda, riunendo tre cooperative in una, probabilmente non aveva compreso che la semplice somma dei rispettivi fatturati non era sufficiente ad evitare possibili difficoltà finanziarie delle cooperative. Coop Alleanza 3.0 nasceva in risposta ad una dilagante difficoltà di alcune coop, soprattutto di quelle ubicate in Friuli Venezia Giulia, che vedevano crollare il loro business sotto i colpi dell’incremento dei costi e del calo delle vendite. Il sistema Coop è molto delicato perché, come oramai è noto a tutti, si basa anche su rilevanti attività finanziarie che escono dai binari della gestione caratteristica dei supermercati ed ipermercati, attività che coinvolgono i risparmi dei soci consumatori, un tasto socialmente delicatissimo.

L’allarme aveva provocato una rapida reazione delle cooperative a copertura delle situazioni debitorie con assorbimento della rete vendite in difficoltà, oltre all’unione delle grandi cooperative per proteggere sistemi molto più rilevanti in termini dimensionali e pericolosi se posti a rischio.

Coop Alleanza 3.0 in un primo momento ha riunito sotto un unico tetto Coop Adriatica, Coop Estense e Coop Nord Est, ed assieme a loro tre vertici aziendali, tre uffici commerciali e tre uffici vendite. Nelle nostre pubblicazioni abbiamo sempre posto l’accento su alcune voci del bilancio della grande Coop che erano causa di eccessivi costi, ed abbiamo sempre dichiarato che la grande sperequazione, rispetto ai benchmark con concorrenti di simili dimensioni e simili modelli di business, era soprattutto alla voce costo del personale.

Nelle dichiarazioni prima, e nei fatti poi, l’azienda ha sempre posto l’attenzione all’incremento i ricavi per sostenere quei costi, e la rivoluzione del canale ipermercati, compiuta nel 2017, avrebbe dovuto raggiungere quell’obiettivo.

Gli ipermercati rappresentano una parte importante del fatturato aziendale, circa il 40%, e sono il formato più rischioso, quello che produce costi rilevanti e genera ricavi in continua discesa a livello nazionale.

Extracoop Grandemilia

Il vecchio management si era voluto giocare la carta della rivoluzione del formato, aveva ingaggiato una società di consulenza che aveva teorizzato un’offerta suddivisa per “mondi”, ma quella che noi di GDONews denominiamo la “maledizione di Oloffson” aveva calato il suo poker ed invece che migliorare le performance, gli ipermercati hanno perso ricavi.

Lars Oloffson è stato un manager svedese, CEO di Carrefour sino al principio della scorsa decade, che si giocò il posto di lavoro sulla rivoluzione del formato ipermercati, creando la formula denominata “planet” che, appunto, divideva in “mondi” lo spazio di vendita degli ipermercati Carrefour, creando una sorta di molteplici “shop in shop”, slegati tra loro, senza un percorso uniforme nell’attraversamento delle diverse categorie merceologiche.

Gli ipercoop nella loro rivoluzione delle vendite realizzarono un progetto simile avendo, però, come punto di riferimento il modello dei negozi Apple, ma la sostanza cambiava poco.

Il 2018 fu l’annus horribilis perché da un lato portava in eredità i risultati di quella rivoluzione, mai compresa dal consumatore finale, ed in conseguenza di ciò parzialmente corretta. Inoltre l’azienda, per rilanciare gli ipermercati che durante le ristrutturazioni erano stati chiusi parzialmente con disagi enormi per i consumatori, aveva costruito una strategia promozionale molto aggressiva per attrare i consumatori persi ed in generale acquisire traffico, minando gli equilibri di marginalità.

Quindi ricavi in calo, incidenza dei costi in crescita, marginalità sacrificate, ecco cosa ha caratterizzato la crisi del 2018 che aveva portato ad un pesante passivo, pari a 296 milioni di perdita.

Il 2019 si è rivelato migliore, non nei ricavi, ma nella gestione: la marginalità lorda è passata dal 29,5% al 31,1%, in conseguenza (immaginiamo) di un aggiustamento delle politiche commerciali, sia dal lato delle negoziazioni con i fornitori, sia da una maggior attenzione alla gestione della pressione promozionale.

Inoltre, nella parte bassa del bilancio, cioè quella critica, si nota un forte miglioramento dell’incidenza del costo del lavoro, il principale problema in caso di contrazione dei ricavi, con un recupero di circa 70 milioni di euro, ed un forte abbassamento dei costi di ammortamenti e svalutazioni (recupero di 55 milioni).

Importanti recuperi sono stati realizzati anche nella parte finanziaria ed il Bilancio chiuso lo scorso anno, in pesante negativo, ma almeno ha dimezzato quello del 2018.

La rivoluzione del 2020 ha portato alcune novità, dal cambio del Presidente alla rivoluzione della direzione generale: una sorta di dual governance con Piermario Mocchi alla direzione generale Retail ed a quella di Milva Carletti alla parte finanziaria (direttore generale corporate).

Milva Carletti

 

I bilanci di Alleanza 3.0 sono complessi rispetto al resto della GDO italiana, la parte finanziaria assume un peso rilevante ed è impensabile che un direttore generale di derivazione retail possa gestire tali complessità però, allo stesso tempo, è impensabile che un’azienda con molti problemi nei suoi conti economici all’interno della gestione caratteristica (retail), non veda un coinvolgimento del direttore generale corporate nella loro omogeneizzazione.

Dott. Andrea Meneghini
Dott. Andrea Meneghinihttps://www.gdonews.it
Analista ed esperto di Grande Distribuzione alimentare. E’ un attento osservatore delle dinamiche evolutive dei diversi format in Italia ed in Europa. Collabora con alcuni Gruppi della GDO italiana nelle aree di crisis communication management e news management. Affianca la Direzione Generale di alcuni Gruppi della GDO nella gestione delle strategie aziendali. Collabora anche con aziende del Mass Market Retail all'estero come assistant manager sull'italian food. Si può contattare scrivendo a meneghini@gdonews.it

3 Commenti

  1. Se continuano cosi non c’e alcun futuro . Fanno paura a chi li conosce. Finisce male questa avventura….
    Continuano a sopravvivere chiedendo ancora oggi una montagna di contributi fuori fattura come tutte le altre cooperative. Come nessun altro distributore in Italia.
    In compenso non sanno fanno fare gli acquisti , se li paragoniamo ad Esselunga o ai C3 di cui sentono la concorrenza nell’area Veneta ed anche in Emilia non hanno la minima percezione del prezzo finale d’acquisto ( d’altra parte i puri ordini sono delegati a degli impiegati/riordinatori)
    Quando l’industria si stanchera’ e si sta gia’ stancando di concedere contributi di secondo livello anacronistici sara’ la fine.
    Quando prevale il finanziario ci sono poche speranze …Auchan docet ma anche Finiper ….che non se la passa bene anzi.

  2. Con coop estense ero un assiduo frequentatore consumatore, ora da quando è coop 3 mi reco raramente, perché non più concorrenziale es. I prodotti coop tutti indistintamente almeno una volta a settimana erano scontati, ora gli sconti li decidete solo su i prodotti da voi indicati, frutta e verdura on più convenienti ecc. ecc

  3. Non concordo con Paola. Servono nuove e concrete capacità negli acquisti. Serve svettere di mantenere Coop. Italia troppo onerosa e immobile nella rotazione dei dirigenti o al loro cambio vero e proprio. Altra scelta: la gestione finanziaria. Va riletta e rilanciata su basi innovative. Zero rischi. Capacità di investire nel sociale tipo le persone, la casa a riscatto ecc. Da ultimo va deciso che il bilancio lo deve fare l’attività caratteristica mentre il finanziario deve gestire prudentemente e produrre reddito aggiuntivo. Si dono le condizionii per farlo. Fermezza e trasparenza. Coraggio. L’alternativa la porrà il mercato: si chiude.

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