venerdì 11 Ottobre 2024

I consumi egocentrici degli italiani in tempi di recessione

Recessione? Gli italiani lo sapevano già. Il 70,5% degli italiani è convinto che nei prossimi dodici mesi non potrà spendere di più per i consumi. Il dato è più alto nei territori con una maggiore capacità di spesa: il 75,9% al Nord-Ovest, il 69,4% al Nord-Est, il 67,3% al Centro e il 68,8% al Sud. È impari la lotta tra la ripresa dei consumi e l’incertezza del futuro. Il potere d’acquisto delle famiglie è basso e non è ancora tornato ai livelli pre-crisi: -6,3% nel 2017 rispetto al 2008.

I consumi stentano: -2% nello stesso periodo. E i soldi restano fermi: la liquidità è aumentata del 17,1% nel periodo 2008-2018. Ecco il ritratto delle famiglie italiane al tempo del ritorno della recessione. È quanto emerge dalla ricerca “Miti dei consumi, consumo dei miti” realizzata dal Censis in collaborazione con Conad nell’ambito del progetto ‘Il nuovo immaginario collettivo degli italiani’.

Italiani sempre più egocentrati, dunque, secondo i ricercatori di Piazza di Novella. Il mistero dei consumi che non ripartono non può essere spiegato solo dai redditi stagnanti e dall’incertezza. “Se la società è incattivita e ostile, allora tanto vale pensare a me stesso e alla mia famiglia”: ecco la radice egoistica dell’egopower. E l’uso delle piattaforme digitali lo amplifica a dismisura: sono 9,7 milioni gli italiani ‘compulsivi’ nell’uso dei social network (pubblicano di continuo post, foto, video per mostrare a tutti quello che fanno ed esprimere le loro idee), 12,4 milioni sono ‘pragmatici’, cioè li usano per ampliare i propri circuiti relazionali, e 13,2 milioni sono ‘spettatori’, nel senso che con regolarità leggono i post e guardano le foto degli altri, ma intervengono poco o per niente in prima persona.

Il primato dell’egopower uccide i miti, scrive il Censis: il 90,8% degli italiani non ha modelli a cui ispirarsi e il 49% (il 53,3% tra i più giovani) è convinto che oggi chiunque possa diventare famoso. Ecco l’immaginario collettivo in cui tutti sono divi o possono diventarlo, e allora nessuno lo è più.

I consumi piegati all’egopower
L’orientamento oggi prevalente nei consumi è quello di comprare (ed eventualmente pagare anche un po’ di più) i prodotti che soggettivamente fanno stare bene, che consentono al consumatore di dire qualcosa di sé e che lo gratificano nella convinzione che tramite quei consumi agisce per rendere il mondo migliore. Ecco perché crescono prodotti come i ‘free from’, ad esempio quelli senza lattosio (+8,5% in valore nel periodo gennaio-agosto 2017-2018 nei punti vendita Conad, di cui +94,3% i formaggi grana), i prodotti con farine benessere a base di cereali superfood (+3,1% nelle stesso periodo, di cui la pasta vegetale +30,2% e i biscotti +11,5%), gli integratori (+3,3%, di cui gli antiossidanti +19,5% e le vitamine e i minerali +12,3%).

Sono i consumi dell’io che vuole bene a se stesso. Poi a tirare di più sono i prodotti biologici (+8% nello stesso periodo, di cui le bevande +23,8% e l’ortofrutta +17,2%) che, oltre a fare stare bene il consumatore, gli consentono di dire la sua sul mondo e lo gratificano nella convinzione che contribuisce a cambiarlo. E si registra il boom dei prodotti certificati: i vini Doc e Docg italiani biologici (+27,8% nello stesso periodo) e i vini Igp e Igt italiani biologici (+26,1%), ovvero prodotti iconici della fusione delle logiche “io mi voglio bene” e dell’italianità.

Crescono insomma i consumi che migliorano la qualità della vita, che fanno raccontare noi stessi e il mondo, che ci convincono che grazie a quei prodotti lo miglioriamo. Se il consumatore attribuisce un alto valore soggettivo al prodotto, perché risponde a sue specifiche esigenze e valori, allora mette mano alla tasca e la spesa aumenta. La logica «compro di più di tutto» è tramontata, vince una rigorosa selezione dei prodotti, su cui eventualmente spendere anche di più.

 

[via agi]

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