lunedì 17 Marzo 2025

Lidl: rallenta la corsa del discounter tedesco. Analisi dei bilanci

Dopo aver esaminato nel precedente articolo l’evoluzione delle performance finanziarie del leader di settore dei Discount, Eurospin, proseguiamo la nostra analisi con LIDL ITALIA, il secondo operatore italiano per fatturato.

Anche in questo caso lo studio è stato eseguito, in assenza dei Bilanci 2012, sui dati riferiti al periodo 2005-2011, tenendo quindi conto di un arco temporale abbastanza lungo e di differenti fasi economiche (quella espansiva 2005-2008 e quella recessiva 2009-2011).

A differenza del leader di settore, LIDL ITALIA, pur presentando costantemente risultati di gestione positivi (chiudendo in utile in tutti gli esercizi del periodo), mostra di avere risentito in misura sensibile degli effetti della crisi economica in atto. Si rileva, infatti, una netta divergenza fra fase espansiva e recessiva in termini di crescita, margini e quindi capacità di creazione di valore aziendale e per gli azionisti.

La tabella che segue riassume le principali performance dell’azienda prima e durante la crisi economica:

L’ultimo dato, lo spread ROE-Ke rappresenta il differenziale fra il rendimento medio annuo del Capitale Netto (utile/Capitale Netto, che misura il rendimento degli azionisti sui capitali da essi investiti in azienda) e il costo (teorico) dello stesso.

Se tale spread è positivo significa che l’azienda è stata in grado di generare in maniera durevole livelli reddituali superiori alle attese, quindi di creare Valore aziendale e per gli azionisti. Dal punto di vista strategico quest’abilità non può che dipendere dal possesso di vantaggi competitivi durevoli nei confronti della concorrenza, che trovano quindi riscontro in risultati di gestione ampiamente al di sopra della media.

Rammentiamo che il costo teorico del Capitale Netto esprime la pretesa di rendimento che un investitore “razionale” dovrebbe avere sui propri capitali investiti, e quindi è pari al rendimento che esso potrebbe ottenere dai titoli di Stato pluriennali, a cui si aggiunge un extra rendimento (rispetto a quello offerto dai titoli di Stato) che potrebbe ottenere investendo in azioni quotate sul mercato borsistico italiano, a cui si aggiunge infine un ulteriore pretesa di rendimento in funzione dei “fondamentali” della specifica azienda (più è piccola più e rischiosa, più è indebitata più è rischiosa).

Se ragioniamo in un’ottica di lungo periodo e teniamo conto del dato medio 2005-2011 possiamo osservare come LIDL Italia presenti uno spread di valore positivo (+6%), che le permette di accedere alla seconda posizione per capacità di creare valore nel tempo, dopo Eurospin (+18%).

Tuttavia se approfondiamo l’analisi su base temporale notiamo invece come la performance sia in peggioramento dall’ottimo 11% del periodo pre-crisi (sintomatico di livelli di redditività del Capitale Proprio elevati, a differenza di quanto accade nel settore) al -1% del periodo recessivo (soprattutto a causa delle performance registrate negli esercizi 2009 e 2011).

Possiamo quindi affermare che LIDL Italia, dopo aver ottenuto ottime prestazioni finanziarie nel periodo antecedente la fase di rallentamento economico, è stata poi in grado di resistere meglio di altri ai colpi della crisi “mantenendo” il proprio valore, anche se in questo frangente ha registrato performance positive ma molto inferiori rispetto al passato.

Ma quali sono stati per LIDL Italia i fattori che hanno contribuito a creare prima e difendere poi il valore aziendale, dal punto di vista finanziario?

In prima battuta osserviamo i differenti livelli di crescita:

Se complessivamente nel periodo 2005-2011 LIDL Italia è cresciuta in misura leggermente superiore ai concorrenti, il confronto fra i due diversi periodi esaminati mette in luce un forte trend di sviluppo nel periodo pre-crisi (+16% annuo contro il +12% dei concorrenti) e una bassa crescita nel periodo 2009-2011 (+2% medio annuo contro uno sviluppo medio annuo dei fatturati del 5% da parte della concorrenza).

Riteniamo che questa evidente inversione nei trend di crescita abbia giocato un ruolo importante nella contrazione della performance finanziaria aziendale.

Analizziamo ora la capacità di generare reddito: l’impresa presenta un livello di margine commerciale (fatturato +/- variazione magazzino – consumi di merci) stabile e superiore di due punti rispetto ai competitor (24% vs 22%). Si tratta di uno dei livelli più alti riscontrati nel campione di aziende analizzate nel settore discount.

Così come per Eurospin avevamo identificato nella rotazione del magazzino il principale driver di valore, la capacità di operare stabilmente con livelli di marginalità commerciale superiori ai competitor rappresenta senz’altro per LIDL Italia l’elemento più rilevante nella formazione della performance finanziaria.

Se vogliamo tenere conto dell’impatto degli altri costi operativi sul Margine Commerciale, dobbiamo osservare l’andamento dell’EBITDA margin (margine commerciale – costi operativi, esclusi ammortamenti, interessi e imposte). Dal grafico notiamo come, a differenza di quanto accaduto per il primo margine, LIDL Italia abbia registrato, in rapporto al giro d’affari, un calo considerevole del reddito operativo lordo nel periodo 2009-2011 (dal 6 al 3,9%), pur attestandosi sempre al di sopra del dato medio di settore.

Una delle cause di questa perdita di redditività è da ricercarsi nella differente velocità con cui, nel periodo 2009-2011, sono cresciuti i costi per servizi (+8,9% annuo) rispetto ai ricavi (+2% annuo), mentre nel periodo pre-crisi 2005-2008 il trend di sviluppo di queste due importanti voci di Bilancio era sostanzialmente allineato. La maggiore crescita di questi costi potrebbe essere forse legata all’aumento delle promozioni o dei budget pubblicitari per cercare di espandere e/o mantenere i volumi di vendita anche nel periodo recessivo.

Anche il costo del personale è cresciuto ad una velocità superiore rispetto a quella del giro d’affari, ma si tratta di un fenomeno preesistente al 2009, e comunque riscontrato anche in altre aziende del settore.

In conclusione, pur mantenendo livelli reddituali al di sopra della media, LIDL Italia mostra un rilevante calo della redditività aziendale, che come vedremo ha pesato in maniera notevole sulla performance finanziaria complessiva.

Il grafico che segue evidenzia in modo puntuale l’andamento dell’EBITDA in relazione al giro d’affari nei due periodi a confronto:

La contrazione del MOL nei due periodi osservati, in rapporto al fatturato, è di circa il 35%, contro un calo che in media è stato del 17% per i concorrenti. Nello stesso periodo soltanto DICO ha registrato un maggiore livello di contrazione del margine operativo lordo, segnando un -74%.

Anche non tenendo conto dell’ottima performance registrata nel 2005, che potrebbe in qualche modo “alzare la media” del primo periodo, il dato reddituale medio 2006-2008 (5,4%) resterebbe ampiamente superiore a quello successivo 2009-2011 (4%).

Un terzo ed ultimo fattore operativo di generazione di valore consiste nel grado di efficienza nella gestione dell’attivo, che per il settore GDO misuriamo valutando la capacità di rotazione del magazzino (fatturato/magazzino):

Il grafico mette in luce una stabile capacità di far ruotare il magazzino più velocemente dei concorrenti.

Confrontando i dati nei due periodi di riferimento, possiamo osservare che mentre LIDL Italia è stata in grado di mantenere i propri livelli di rotazione, i concorrenti hanno al contrario rallentato, passando dalle 19 volte del periodo 2005-2008 alle 17 volte del periodo 2009-2011.

Alla luce di quanto sposto più sopra, è possibile sostenere che livelli di redditività superiori al settore (seppure in forte calo) e più veloce rotazione del magazzino permettono a LIDL Italia di ottenere i migliori livelli di rendimento sui capitali investiti, dopo Eurospin, anche grazie al modesto peso degli interessi passivi conseguente una struttura finanziaria meno aggressiva rispetto a quella dei concorrenti.

Il rendimento dell’attivo, in forte diminuzione nei due periodi a confronto, è comunque in media superiore di tre punti percentuali rispetto al dato dei competitor.

Dal momento che, come abbiamo visto, la rotazione del magazzino è rimasta pressoché invariata, così come il peso degli immobilizzi dell’azienda, il forte ridimensionamento del rendimento dell’attivo è da imputarsi quasi esclusivamente alla perdita di redditività operativa di cui si è discusso in precedenza (ovvero a parità di capitale investito e di rotazione dei magazzini, l’azienda guadagna di meno).

Proseguiamo ora l’analisi valutando l’impatto delle variabili finanziarie sulla performance aziendale.

L’azienda presenta nel complesso dei sei anni un grado di leva finanziaria più basso rispetto ai concorrenti (0,8x vs 1,1x), anche se l’analisi dei due periodi mostra un aumento del ricorso al sistema bancario nel periodo 2009-2011, a differenza di quanto avviene in media per i competitor, stabili al valore 1,1x in entrambi i periodi.

Il modesto ricorso alla leva finanziaria ha consentito a LIDL Italia di mantenere un’incidenza degli interessi passivi sul fatturato leggermente inferiore ai competitor (0,32% vs 0,39%), con ovvi benefici in termini di contributo alla redditività finale.

L’effetto combinato di margini e livelli di rotazione del magazzino superiori alla media, e di un uso contenuto della leva finanziaria (positiva), ha determinato rendimenti sui capitali investiti dai soci mediamente superiori alle (nostre) aspettative.

Il peggioramento della performance reddituale nel triennio 2009-2011 fa si che non sia possibile affermare che ci troviamo di fronte ad un’azienda in grado di generare valore in maniera stabile nel tempo, come nei confronti del principale player di settore, ma ci impone di articolare meglio il giudizio su LIDL Italia.

In una prima fase, quella espansiva, l’impresa è stata in grado di accrescere il proprio valore, grazie a performance molto positive, in una seconda fase, quella recessiva, la modesta crescita ed il calo dei margini hanno generato performance comunque positive ma tuttavia nell’ambito di una strategia volta al “mantenimento” del valore aziendale.

Detto questo segnaliamo in chiave positiva per LIDL Italia che nel periodo 2009-2011 soltanto Eurospin ha operato al di sopra delle (nostre) aspettative, soltanto due imprese hanno saputo invece “mantenere” valore aziendale (tra cui appunto LIDL Italia), mentre tutte le altre imprese del campione analizzato hanno distrutto valore.

Come anticipato il confronto dei dati medi 2005-2011 premia l’azienda, che presenta un ROE superiore di 9 punti rispetto al settore, ed anche uno spread di valore positivo (a differenza dei concorrenti).

Se osserviamo invece i dati sui due periodi, notiamo un significativo calo della redditività sul capitale proprio (ROE dal 19 al 9%), come conseguenza della contrazione della redditività operativa (ROI dal 10 al 4%) solo in parte compensata dal maggior uso della leva finanziaria (positiva).

Si noti inoltre l’inversione di tendenza dello spread fra Rendimento (ROE) e Costo teorico del Capitale Netto (Ke). Il dato medio passa infatti dal +10% del periodo 2005-2008 (l’azienda crea valore) al -1% del successivo periodo 2009-2011 (l’azienda non crea valore).

Come mai il Rendimento sui Capitali Propri (ROE) diminuisce di dieci punti nei due periodi? La tabella che segue riepiloga l’evoluzione di tutti i fattori che incidono sulla redditività dei capitali investiti dai soci, e ci aiuta a rispondere a questa domanda.

La tabella ci dice che il principale fattore di deterioramento della redditività per gli azionisti è da ricercarsi quasi esclusivamente dal calo della marginalità operativa, poiché tutti gli altri fattori sono migliorati (vedi Rotazione dell’attivo, leva finanziaria positiva) o riamasti sostanzialmente invariati (onerosità del debito, peso delle componenti extra caratteristiche).

L’analisi dei bilanci di LIDL Italia ha dimostrato come questa sia il secondo player nazionale del settore discount non solo in termini di fatturato ma anche e soprattutto a livello di performance finanziaria, seppure con evidenti differenze di crescita e tenuta dei margini rispetto al leader settoriale nel periodo 2009-2011.

La settimana prossima parleremo di Lombardini.

 

Dott. Giuseppe Di Napoli
Dott. Giuseppe Di Napolihttps://www.numeridivalore.it/
Consulente di direzione con 20 anni di esperienza nell’area Finance di industrie e aziende della GDO italiana. E’ stato uno dei più giovani membri del board nazionale dell’Associazione Italiana degli Analisti Finanziari (aiaf, 45 anni di attività, 1.000 associati), per la quale ha ricoperto il ruolo di responsabile dell’area Valutazione d’Azienda e di Business. E’ Autore di numerosi saggi in tema di Valutazione d’Azienda e Rischio Finanziario. E’ docente in materia di analisi finanziaria. Supporta la direzione finanziaria e la direzione crediti delle aziende clienti, curando fra l’altro lo sviluppo di modelli di calcolo del rischio finanziario di clienti e fornitori strategici.

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