lunedì 20 Gennaio 2025

La DO è nel suo momento di cambio epocale

Siamo arrivati al dunque: gli anni appena trascorsi ci hanno portato a raccontare della crisi dei consumi, delle soluzioni che si potevano porre in essere per mantenere i numeri di fatturato vicini al pareggio sugli anni precedenti, all’esponenziale crescita delle vendite sotto pressione promozionale, alle ricerche delle ottimizzazioni dei costi, per approdare alla crisi del sistema bancario ed all’aumento dei costi dei beni e servizi e non ultimo l’attuale aumento della pressione fiscale. Questi anni sono stati rappresentati da una continua discesa dell’economia che ha portato gli analisti nazionali ed internazionali a considerarla come la più grande depressione che si conosca dai tempi del 1929, con l’aggravante di un sistema bancario legato malamente a doppia mandata ad un sistema finanziario che con l’economia reale c’entra ben poco e dove il sistema della moneta unica dimostra tutta la sua debolezza per i mancati presupposti rivolti al sostentamento di necessarie politiche economiche comuni. In questo drammatico quadro esistevano nel nostro Paese decine di centri distributivi alimentari che negli anni d’oro hanno rappresentato la spina dorsale del nostro mass market, unico nella sua caratteristica di consolidare tradizioni ed assortimenti locali così radicati al punto che nessun Retailer straniero è mai riuscito negli anni ad esportare nel Bel Paese un suo schema di vendita che potesse risultare vincente. Il protezionismo era esaltato dal territorio e dalla nostra cultura storica di riporre la fiducia in ciò che viene prodotto “sotto casa” e venduto dal “vicino di casa”. Questi storici protagonisti della Distribuzione Italiana, che vivevano di sostanziosi debiti verso gli istituti di credito, debiti strutturali e voluti da tutte le parti in causa, nel momento in cui le entrate hanno cominciato a diminuire per diverse situazioni (diminuzione dei sell out, mancata riscossione dei crediti dei soci o degli affiliati in difficoltà, etc.) i veri problemi hanno cominciato ad emergere. Oggi sono moltissime le imprese distributive in difficoltà, alcuni casi li abbiamo raccontati ma si teme che da qui ai prossimi anni la cronaca ci veda costretti a raccontarne molti altri. Sino ad oggi siamo intervenuti nel momento in cui si stavano definendo gli accordi ( Aligrup – Coop; Sadas – Unes) e nonostante questo siamo stati criticati, perché parlare di fatti già determinati nel nostro mercato è peccato mortale se non esiste nessun comunicato ufficiale, unico vaso comunicatore del mondo Retail italiano (se non ci fossero state le notizie non ufficiali non sarebbe mai esistito il watergate ed altri straordinari casi storici iniziati da informazioni più o meno certe). Di fatto ci dobbiamo abituare a ciò che sarà inevitabile: la concentrazione del mercato. I più grandi avranno la possibilità di acquisire i più piccoli che si vedranno dissolvere lentamente, ripuliti o quantomeno migliorati dei costi in eccesso. Scrivere tutto ciò è scoprire l’acqua calda, lo scrivente lo sa benissimo, ma lo Stesso si augura qualcosa che non è così scontato: che le aziende distributive che comporranno il mercato del domani facciano tesoro delle esperienze del passato, e si dimentichino le abitudini che hanno determinato le debolezze che hanno portato a questi cambiamenti: le cattive abitudini finanziarie vanno abbandonate, si deve rispettare la congruità tra ciò che si incassa e ciò che si spende, sembra una banalità ma in molti casi di dissoluzioni di insegne da noi narrate si è assistito a squilibri finanziari voluti da consigli di amministrazione talvolta non all’altezza della situazione. C’è bisogno di un passo in avanti nell’offerta, la funzione marketing nel Retail della DO è spesso improvvisata, ma nell’Industria di Marca rappresenta il vero motore della crescita e dello sviluppo. Pur nel contenimento dei costi, è più che mai necessario investire in figure professionali adeguate, la DO è molto affezionata al sistema self made, a costruire in casa le figure professionali che devono farsi carico del futuro delle aziende, ma non siamo più nelle condizioni di mercato che ci permettono tali abitudini, è proprio il movimento e l’intercambio dei vari know how che può portare nuove idee e nuove esperienze. La nostra DO deve saper crescere attraverso sane condivisioni di progetti nazionali, oggi le Supercentrali e le Centrali Nazionali dovrebbero avere un ruolo fondamentale di indirizzo e co-gestione, è arrivato il momento di abbandonare i personalismi tipici di noi italiani, convinti che nel nostro territorio siamo capaci solo noi, e capire che solo progetti ad ampio respiro e con ragioni profonde possono sopravvivere a questa tempesta.

Dott. Andrea Meneghini
Dott. Andrea Meneghinihttps://www.gdonews.it
Analista ed esperto di Grande Distribuzione alimentare. E’ un attento osservatore delle dinamiche evolutive dei diversi format in Italia ed in Europa. Collabora con alcuni Gruppi della GDO italiana nelle aree di crisis communication management e news management. Affianca la Direzione Generale di alcuni Gruppi della GDO nella gestione delle strategie aziendali. Collabora anche con aziende del Mass Market Retail all'estero come assistant manager sull'italian food. Si può contattare scrivendo a meneghini@gdonews.it

10 Commenti

  1. condivido molto. ma aggiungo che la Do nel corso degli anni non è stata capace di elaborare propri vantaggi competitivi e differenzianti, limitandosi a inseguire il modello delle “grandi”. il rischio di acquisizione e/o scomparsa nel prossimo futuro ne è quindi conseguenza.
    e ciò nonostante alcuni valori che potrebbero essere propri delle Do (localismo, comunità) sono fattori altamente richiesti dal mercato oggi…

  2. Sono d’accordo su questa linea;però dobbiamo anche ammettere che la DO, sia cooperativa ,sia privata è molto resistente al cambiamento ed all’inserimento di figure professionali di spessore.Ciò perchè queste figure rischiano di gettare ombre sulle vecchie gestioni e mettere a repentaglio “poltrone” consolidate.
    Consiglio di informarsi nella regione Marche ciò che è successo………..

  3. “la funzione marketing nel Retail della DO è spesso improvvisata”
    D’altronde avviene lo stesso in GDO, come possiamo pretendere che in DO sia diverso…

    Riguardo poi all’investire in figure professionali, lasciamo perdere…
    Quando gli stagisti fanno i buyer o i category….

    • Il nostro sistema socioeconomico, e questo settore è un palese esempio,è fallito ed i personaggi che per anni hanno contribuito a tale disfacimento, oggi si propongono come risolutori della situazione.Propongono cambiamenti che in realtà mascherano consolidamenti dello status quo.
      Poca cultura, ancor meno preparazione,un’infinita arroganza e non ultimo tanto interesse personale ,obnubilano le loro menti convincedoli ad essere uomini di successo e portatori di innovazione.Rigettano la tecnologia,il pensiero non convenzionale e più in generale ciò che è nuovo,relegando ciò,nel migliore dei casi, a pratiche marginali e di poca importanza.Basano invece il loro management sulla continua replica di modelli stanchi e chiaramente di breve durata e senza nessuna vision.In ciò io non vedo talento ma paura del nuovo poichè mette a repentaglio vantaggi acquisiti e toglie loro,considerata la non preparazione, la possibilità di controllo.
      Come scriveva Keynes:La difficoltà non sta nel credere alle nuove idee ma rifuggire dalle vecchie.

  4. Lo scenario mostrato dal dott. Meneghini se pur agghiacciante è l’amara verità. I tempi d’oro sono finiti e tutte le inefficenze, una volta coperte dalla crescita galoppante, vengono inesorabilmente a galla. I disastri di alcune società non sono stati causati da “mancanze” di tipo marketing bensì da incompetenze di gestione aziendale in particolare di tipo finanziario. I conti vanno fatti bene e prima. Per la distribuzione sono questi i tempi dell’ottimizzazione, dell’efficienza, dell’autofinanziamento, della condivisione interna delle informazioni e dell’utilizzo strategico delle private label. In questo momento è importante, più che aumentare le vendite, resistere nel mercato. Per quanto riguarda invece l’utilizzo del capitale umano, purtroppo in troppe realtà contano di più gli anni di anzianità lavorativa rispetto all’ambizione innovativa dei “nuovi arrivati”, che magari hanno pure studiato e che hanno una visione completa e sana di un organismo così complesso e articolato quale è l’azienda.

  5. Sono Abbastanza d’accordo con le vostre opinioni,evidentemente molti di voi conoscono quali siano le problematiche di questo mondo,ci terrei a sottolineare un concetto cioè che non bisogna fare confusione tra la GDO o le catene con i PV di proprietà e le società consortili (esempio sicilconad ecc..) il problema sta molto li ,mentre nelle grosse catene tipo SMA o AUCHAN o IPERCOOP ecc..si riusciva anche visto il peso dei loro contratti a mantenere il prezzo al pubblico decente nelle societa consortili formati da una marea di imprenditori di se stessi che fanno politica commerciale totalmente diversa anche se appartengono alla stessa bandiera hanno fatto si che anno dopo anno nonostante il peso dei contratti naz.sia molto equilibrato i prezzi al pubblico sono lievitati in maniera vertiginosa senza un motivo plausibile con il risultato della totale confusione in qui sono stati messi i CONSUMATORI,infatti mi sembra assurdo che tra un PV es. IPERCOOP e un PV Sisa nella stessa città ci sia una differenza a scaffale almeno del 35/40 %
    allora dovremmo non fornire più neanche uno spillo a tutti quelli che vogliono fare solo terrorismo commerciale a danno dei consumatori e dei fornitori,se poi ci metti dentro anche chi non paga le forniture ma ci gioca anche,ecco che la frittata e bella e servità.
    e centro marca cosa dice…?
    il nulla

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