Mulliez «il temerario» passa la palla al nipote Vianney. «Un negozio deve parlare di se stesso. Deve essere semplice». È questo uno dei principi cui Gérard Mulliez, fondatore nel lontano 1961 della catena di supermercati Auchan, si è sempre attenuto. Per semplice intendeva un pdv dove la gamma dei prodotti fosse di qualità, i prezzi fossero contenuti e ci fosse del carattere.
Semplice e frugale come il pettirosso che campeggia sulle insegne Auchan e com’è del resto sempre rimasto questo grande patron del Nord della Francia (Roubaix), definito di volta in volta «visionario», «originale» e allo stesso tempo «temerario», che nei giorni scorsi, dopo 45 anni di attività ininterrotta, ha lasciato le redini del comando al nipote (figlio di un cugino) Vianney Mulliez (43 anni). Una decisione sofferta per mille motivi, non ultimo quello sentimentale, ma soprattutto per il fatto che Gérard avrebbe voluto che al suo posto finisse il figlio Arnaud.
Nel gruppo Auchan, è però regola scritta che sia il Conseil de gérance del l’Association familiale Mulliez (Afm), una sorta di cooperativa formata oggi dai 500 eredi della famiglia, a nominare il presidente del consiglio di sorveglianza e il suo successore. E la scelta, al termine di non poche discussioni, è caduta su Vianney e non su Arnaud. Gérard ha dovuto quindi incassare il colpo in nome dell’unità della sua grande famiglia, legata da circa 50 anni da un patto – il cui contenuto verrà rivelato in un libro in uscita a giugno, Le secret des Mulliez – il cui motto è: «Tutti dentro tutto. Con la stessa percentuale e in tutte le imprese». La galassia Auchan, la cui spina dorsale sono i supermercati, è infatti composta da centinaia di aziende (più o meno importanti) frutto dell’imprenditorialità di molti dei discendenti della famiglia. E in cui tutto viene messo in comune ed equamente ripartito.
Allo scoccare dei 22 anni, ogni membro della famiglia diventa infatti “azionista” del gruppo: gli viene affidato uno stock iniziale di titoli il cui paniere è uguale per tutti, ma che varia a seconda del peso delle società. Un patrimonio che dagli esperti viene valutato in 17 miliardi di euro, qualche cosa come 34 milioni di euro per ciascun associato. Una cifra, però, che non deve meravigliare. L’impero ha infatti un giro d’affari annuale di 50 miliardi (la stessa taglia di Electricité de France o di France Telecom), è fortemente impiantato all’estero (Italia compresa), occupa 170mila addetti e produce utili superiori al miliardo che vengono per una buona parte regolarmente reinvestiti e per una parte destinati a un fondo di riserva (calcolato oggi in oltre 2 miliardi) che serve a nutrire nuovi progetti di diversificazione: nel retail, nella ristorazione, nel settore sanitario, in quello bancario, in quello immobiliare o nelle case di riposo.
Le principali attività, oltre a Auchan (30 miliardi di fatturato) sono le catene di negozi di prodotti sportivi Decathlon (3,7 miliardi), Sonepar, distribuzione di materiale elettrico (7,7 miliardi), Leroy Merlin, “fai da te” (5,6 miliardi), les 3 Suisse, credito al consumo (oltre 3 miliardi), Boulanger, distribuzione di prodotti multimediali e piccoli elettrodomestici, Norauto, assistenza meccanica e riparazione di automobili (1,2 miliardi).
Nella realtà, il gruppo Auchan è l’esempio riuscito di quello che potremmo definire un moderno modello sociale e cristiano, dove al centro dell’interesse non è il profitto fine a se stesso, ma l’uomo e il suo benessere. Un modello il cui motore di spinta è il lavoro (che, se ben fatto, nobilita a qualsiasi livello) e quindi l’impresa. «Essere capo azienda e in aggiunta anche il fondatore – confidava qualche anno fa Gérard Mulliez in un’intervista – crea dei legami affettivi e un sentimento di responsabilità che cessano solo alla morte e paragonabili a quelli tra padre e figlio». Per questo, crediamo, che per Gérard Mulliez farsi da parte non sia stato facile. Del resto, lui, ha resistito il più possibile, facendo votare una risoluzione che ha spostato l’età di pensionamento nel gruppo, per i membri della famiglia, dai tradizionali 65 a 75 anni.
Dicevamo l’uomo come fulcro centrale di uno stile di vita che non ha mai puntato all’arricchimento del singolo. Sia in riferimento ai membri della famiglia, sia nei confronti dei dipendenti del gruppo.
Questi ultimi sanno che Gérard Mulliez è un perfezionista, sanno che pretende sempre il massimo, che è maniaco dei dettagli e che ha un modo di parlare diretto e franco, ma sanno anche che il patron ascolta i loro suggerimenti, convinto del fatto che sono loro a operare sul campo e quindi i meglio piazzati per conoscere i gusti e le attese della clientela. È dunque in questa logica che Gérard Mulliez, anticipando i tempi e le mode, ha messo a punto 30 anni fa un sistema di azionariato salariale, che funziona con una sorta di Borsa interna al gruppo che definisce il valore dei titoli e che permette oggi ai dipendenti di controllare il 15% del capitale del gruppo Auchan.
Un sistema allargato negli anni 80 a una struttura specializzata nella formazione del personale, negli anni 90 a un codice di deontologia commerciale e più recentemente a una politica in favore dei prodotti naturali e a un impegno per monitorare le condizioni di lavoro in alcuni Paesi esteri dove il gruppo, o i suoi fornitori, operano.
Certo, oggi che il successo è consolidato, ci si dimentica che gli inizi non sono stati facili. Gérard Mulliez comincia infatti a farsi le ossa alla fine degli anni 50 nel gruppo tessile di famiglia, Phildar, uno dei tanti in quest’area del Nord della Francia un tempo famosa per i suoi filati e per i suoi tessuti. Il giovane trentenne capisce però che la parabola del tessile sta avviandosi a un rapido declino e cerca delle alternative. Il destino vuole che il padre lo mandi negli Stati Uniti per assistere a un seminario del guru della grande distribuzione, Bernardo Trujillo. È una vera e propria folgorazione.
Gérard Mulliez rientra a Roubaix e convince una parte della famiglia, nel luglio del 1961, a dargli il necessario supporto per iniziare un’attività commerciale su larga scala nell’alimentare, che deve basarsi su due principi semplici ma rivoluzionari per l’epoca: un parking per le auto e dei prezzi bassi.
Sembra facile, ma il primo anno si salda con un deficit di 200mila franchi. Gérard non demorde, viene soccorso dalla famiglia e riparte da zero non prima di avere raccolto degli utili suggerimenti da due altri grandi del settore: Edouard Leclerc, fondatore dell’omonima catena di distribuzione, e Marcel Fournier di Carrefour, che gli spiegano che è meglio vendere 100 piccoli prodotti con un margine di un centesimo, piuttosto che 10 con 10 centesimi di margine.
Auchan (il nome scaturisce dalla fonetica dell’indirizzo del primo supermercato, situato nel quartiere degli Hauts champs a Roubaix) non sarebbe però quello che è oggi se Gérard Mulliez non avesse avuto l’intuito di credere nel whisky (allora una bevanda quasi sconosciuta in Francia) e il coraggio di venderlo a prezzo di costo.
Un colpo di marketing da maestro navigato, che permette un decollo commerciale immediato e che fa da trampolino di lancio all’apertura nel 1967 di un secondo supermercato Auchan alle porte di Lille. La filiera è definitivamente lanciata.
Da lì a qualche anno, Gérard Mulliez parte all’attacco dei mercati esteri: dapprima l’Europa, poi l’Est, l’America Latina e l’Asia. Il tutto mentre accanto al core business fioriscono nuove interessanti iniziative, promosse da altri familiari. Ora attende all’opera il nuovo giovane presidente, per capire dove Auchan punterà la sua prua: su nuove acquisizioni?
Da parte sua il vecchio patriarca non tira certo i remi in barca. Convinto che la Francia abbia perso il gusto di intraprendere, Gérard Mulliez ha deciso di creare una fondazione per formare dei dirigenti ai valori d’impresa, della gratificazione delle persone e della difesa dell’ambiente, ma anche per aiutarli a diventare dei manager con il gusto di fare, capaci di assumere dei rischi.
L’idea è quella di riprodurre il modello Auchan, vale a dire un approccio al lavoro dove l’impresa e l’uomo sono al centro del sistema e dove le buone maniere sono necessarie al buon funzionamento dell’attività e a conservare la clientela. Non a caso una delle prime cose insegnate all’interno del gruppo è: sorridere, dire buongiorno, arrivederci e grazie.