Quando si parla di grande distribuzione in Emilia-Romagna, si parla del mondo della cooperazione. Tanto è vero che, in questa regione con poco meno di 5 milioni di abitanti, ovvero la metà circa della Lombardia, dominano due insegne che hanno costruito il proprio successo all’interno del concetto di cooperativa (Coop e Conad).
Si tratta però di due modelli di business diametralmente opposti. Uno, quello di Coop, si è evoluto negli ultimi venti anni grazie ad una legge del 1998 (dell’allora Governo D’Alema) che diede la possibilità di costruire il meccanismo del prestito sociale il quale, nella sua evoluzione, per farla molto breve, ha portato la Coop a gestire i risparmi dei consumatori trasformandoli, praticamente, in pseudo-correntisti. Il modello in questione, in senso stretto, implica il fatto che nella sezione finanziaria dei bilanci delle coop vengano indicate delle risorse derivanti dagli interessi sugli investimenti che, in valore assoluto, possono essere cospicue. In termini squisitamente retail Coop Italia opera sul mercato con Cedi titolari di negozi diretti dove, per buona parte di essi, circa il 50% del fatturato è dato dal canale ipermercati.
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