
Si potrebbe pensare che quella tra Carrefour France e Tesco UK sia una alleanza tra disperati, e forse in parte è vero, però si rivela interessante per una serie di ragioni: la condivisione dei contratti è sicuramente il vantaggio più ovvio e che già viene applicato in tutte le Centrali internazionali di acquisto. E’ però più interessante il fatto che l’estensione dei contratti si rivolga anche ai fornitori di Private Label e delle forniture di beni non in vendita (in particolare beni di utilizzo per negozi) perché troppo spesso si dimentica un concetto interessante e rilevante: la parte di fatturato che raccoglie la private label pesa oramai molto sull’intero ammontare e questo fatturato non è tenuto così sotto controllo come avviene per gli acquisti delle grandi marche.
In Spagna, va detto, le Centrali di acquisto si riuniscono sotto il cappello di due o tre supercentrali (cosa che sarebbe auspicabile anche in Italia) e nei loro accordi ci sono anche i fornitori di MDD.
Perché converrebbe procedere in tal senso anche in Italia?
La GDO non ha ancora capito che l’industria è molto “furba” nello sfruttare tutti i suoi punti deboli, primo tra tutti la non comunicazione. L’unica cosa che, dopo la nascita delle supercentrali nel 2001, oramai si conosce bene, è il prezzo dei prodotti della IDM. Le migrazioni da una supercentrale all’altra avevano preso di sorpresa l’industria agli inizi, ma poi immediatamente si organizzò. Oggi le differenze esistono ma sono tutte motivate dalle controprestazioni, cose che anche la GDO comprende e riconosce.
Quello che, invece, è poco conosciuto è il prezzo dei prodotti a marchio di insegna. Qui si potrebbero fare delle scoperte capaci di essere più sorprendenti di quelle dei contratti della IDM nei primi anni 2000. Pochi si fanno la domanda in GDO, ma quei pochi sanno bene che esiste un vaso di Pandora che, se aperto, lascerebbe a bocca aperta.
L’accordo Tesco Carrefour prevede la condivisione di una parte dei fornitori dei prodotti a marchio, chi scrive immagina in quelle aree merceologiche dove non è necessario esprimere il localismo.
L’industria italiana faccia molta attenzione: i prodotti italiani, con certezza, potrebbero fare parte di questo accordo, non esiste grande catena retail mondiale che non abbia in assortimento pasta a marchio di insegna; molte hanno anche l’olio nella fascia premium, oppure la passata di pomodoro. Un accordo come quello che si potrebbe porre in essere con Carrefour e Tesco sarebbe un grande accordo commerciale.
Tornando al tema: in Italia è un tabù la condivisione dei fornitori dei prodotti a marchio. Lo sta facendo D.IT (Sigma e Sisa) ma con un sacrificio enorme per i volumi che può esprimere. Sacrificio per chi produce, e sacrificio per chi acquista che, con i volumi trattati, faticherà ad ottenere condizioni favorevoli. Lo dovrebbero fare tutti quelli che si uniscono nelle supercentrali, anche a discapito delle imprese di produzione che potrebbero essere scartate, ma non è pensabile che il 20% del fatturato di una azienda (in questo caso il 20% dell’acquisto) sia penalizzato da 3 o 4 punti di differenza: sarebbe come dire che l’0,80 dell’intero concentrato (uso termini da Retailer chiedo perdono all’industria: sarebbe lo 0,80% dell’intero fatturato di acquisto) è perso per le condizioni di acquisto della MDD. Attenzione: non crediate che chi fa più volumi abbia i migliori prezzi. Non era così nel 2001 (ricordate nel 2004 la querelle Selex-Esselunga dentro ESD?)e potrebbe non essere così oggi.