L’Europa sembra aver già detto no al reverse charge verso la grande distribuzione (si veda “Il Sole 24 Ore” del 27 gennaio, “ Bruxelles verso il «no» al reverse charge per la Gdo”), ma la mobilitazione dalla base dell’economia reale non si placa. Anzi. Con Confindustria Cuneo in prima linea che oggi ha diffuso i risultati di un sondaggio tra aziende locali, tra piccola, media e grande impresa, sui possibili effetti di reverse charge e split payment. Il 52% del campione intervistato dalla rappresentanza degli industriali sostiene che in caso di applicazione delle nuove norme dovrà ridurre il personale, il 53 sarà forse costretto a ritardare il pagamento dei salari, mentre addirittura il 40% paventa una cessazione dell’attività. Il 46% afferma che sarà costretto a rifornirsi sui mercati esteri, invece di comprare materie prime italiane.
«Sono questi gli effetti disastrosi che subiranno l’economia cuneese ed italiana in seguito alle misure introdotte dal Governo con la Legge di stabilità», sottolinea Confindustria Cuneo. «Le nostre imprese sono sul piede di guerra – spiega il presidente, Franco Biraghi –. Quelle che il Governo spaccia come misure contro l’evasione fiscale, in realtà non sono altro che un prestito forzoso e senza interessi imposto dallo Stato alle nostre aziende già in ginocchio. Si tratta di uno dei peggiori provvedimenti che il sistema industriale e dei servizi abbia dovuto subire negli ultimi anni. Ho personalmente scritto al presidente del Consiglio e a tutti i parlamentari locali ed europei ma solo l’onorevole Alberto Cirio ci ha ascoltato e venerdì ha incontrato una delegazione delle più importanti aziende cuneesi. Gli abbiamo chiesto di mettere in atto ogni possibile azione a Bruxelles per far sì che il Consiglio europeo bocci questo scellerato provvedimento». «Farò tutto il possibile – ha risposto loro Cirio – perché l’Unione europea blocchi i due provvedimenti».
Nei giorni scorsi si era schierato fortemente contro il reverse charge il presidente della Balocco di Fossano, Alberto Balocco: «L’effetto potrebbe essere devastante: non incassando più l’Iva, le imprese sarebbero costrette a chiedere il rimborso che riceverebbero solo dopo anni di attesa e solo se in grado di fornire fideiussioni. In questo modo, lo Stato sottrarrebbe liquidità alle aziende fornitrici della Gdo, con il brillante risultato di favorire i prodotti esteri (questi ultimi non risentirebbero di questa normativa) innescando una catena inarrestabile di fallimenti e di chiusure di imprese, con la conseguente ulteriore perdita di posti di lavoro. Per le imprese fornitrici della Gdo più deboli – ha sottolineato Balocco – sarebbe un colpo mortale, per quelle più robuste costituirebbe un inevitabile rallentamento per investimenti, crescita e occupazione”
fonte il sole 24 ore