Di Daniele Cazzani
E’ indubbio che i discount negli ultimi anni abbiano fatto passi da gigante mentre gli altri player della distribuzione, per utilizzare un’espressione molto i voga, non li hanno visti arrivare…
La loro crescita non è riscontrabile solo nella quota di mercato arrivata a toccare il 23% o nel positivo andamento delle vendite a valore/volume degli ultimi anni spesso in controtendenza rispetto agli altri format, ma anche nell’evoluzione dei format dei punti vendita, sempre meno spartani e arricchiti di nuove aree servite (pur se con sfumature tra le diverse insegne).
La loro crescita è stata certamente supportata dai forti investimenti in advertising finalizzati ad aumentare la propria awareness (a fronte, talvolta, di presenze coerente nelle diverse aree Nielsen).
Pur nelle rispettive differenti connotazioni di brand- c’è chi preferisce parlare di “spesa intelligente” chi pone l’accento sulla “superconvenienza”, altri puntano sul classico tris “convenienza, qualità e freschezza” e chi invece si affida al rassicurante volto del fondatore della catena per augurare “buona spesa” all’Italia…- tutti gli spot sono caratterizzati da un tono leggero, friendly e con messaggi nazional-popolari spesso supportati da efficaci jingles; una strategia ben diversa dai toni degli altri format (super e iper) che hanno avuto, per lo meno recentemente- un approccio più razionale, con un storytelling “difensivo” nei loro spot, focalizzandosi sulle iniziative per ridurre (o bloccare) il prezzo dei prodotti impattati dall’inflazione, ammettendo di fatto di essere altrimenti “cari”.
L’evoluzione dei format dei punti vendita è stato davvero notevole- soprattutto se confrontato coi tanti timidi, talvolta , tentativi di rivedere gli altri formati…- e insieme all’evoluzione degli assortimenti– che ha visto un ampliamento delle MDD in aree premium e nicchie prima non presidiate- è tra i motivi che ha portato molti player ad eliminare il termine discount dalla propria comunicazione, segnando così una parziale convergenza verso il format “nemico” dei supermercati.
La convergenza è stata soprattutto nell’area dei freschi e freschissimi, che hanno visto tanti discount inserire nei punti vendita banchi assistiti, banchi carne, panetteria fresca segnando così un importante passo nell’esperienza e nel servizio offerto ai propri clienti.
In questo incredibile percorso c’è un elemento che è stato trascurato: il volantino. Uno strumento fondamentale nel racconto della propria promessa e delle promozioni (visto che con o senza prodotti dell’IDM, tutti applicano di fatto un approccio tattico hi-low) che sembra rimasto però ancorato a stilemi del passato.
Innanzi tutto si può facilmente notare una notevole omologazione nei formati e nelle meccaniche di offerta: ad esempio tutti i volantini, di tutte le insegne si chiudono con le “offerte weekend”. Una, permettetemi l’estremizzazione, “commoditizzazione” che stona rispetto al tentativo di definire una propria brand identity, che invece non dovrebbe prescindere anche da uno specifico approccio promozionale/commerciale.
Potremmo anche parlare della migliorabile efficacia della distribuzione porta a porta di quei volantini (io vivo esattamente al centro di un’area con praticamente tutti i principali players ma non ricevo mai nulla…) che elemento spesso trascurato come se non fosse chiaro che, per parafrasare la nota pubblicità Pirelli degli anni ’90, un volantino è nulla senza distribuzione… Una pecca che sarebbe illusorio pensare di poter bypassare tramite altri canali come gli aggregatori online, app proprietarie o il canale whatsapp che tanti hanno attivato che trovo siano certamente migliorabili, almeno per le modalità finora adottate.
Ma ciò che mi sembra essere oggi il punto debole di tutti i volantini che ho analizzato è il racconto dell’offerta– con confuse sequenze di pagine che sembrano pensate per disorientare il cliente più che guidarlo tra la proposta, pagine guidate più dai category che pensate per il destinatario finale insomma…- e la debolezza delle pagine dei freschi con foto sgranate e una bassa profondità di informazioni per i clienti.
Basterebbe guardare a players di altri mercati europei per trovare importanti esempi di come si possa, con piccoli accorgimenti, migliorare questi aspetti.
Infine è solitamente debole la connessione tra la promessa del volantino e il punto vendita, dove il cliente, per mancanza di un fil rouge tra il primo e lo scaffale, rischia di trovare con difficoltà il prodotto/offerta visto sul volantino.
Se non fosse sufficiente la motivazione che colmando questi gap si eleverebbe anche la qualità dell’esperienza dei clienti, la mancata evoluzione del volantino è una punto di debolezza in un momento in cui si parla sempre più di retail media.
Per concludere, in un contesto competitivo della Distribuzione sempre più stressato, dove la fine della fiammata inflazionistica rende evidente e impattante la contrazione dei volumi, lavorare sul volantino per rafforzare il proprio posizionamento sul mercato e migliorare l’efficacia delle promozioni diventa, a mio avviso, più che una scelta una strada obbligata.