Private Label Vs Marche Industria. La GDO affossa le speranze dei fornitori

NIQ in una recente pubblicazione ha dichiarato che il 22,4% delle vendite nei canali Iper+Super+Libero Servizio sono realizzate da prodotti MDD. Si tratta di un'incidenza molto alta. In un crudo editoriale Andrea Meneghini mette a fuoco le ciniche strategie della GDO che, lentamente ma inesorabilmente, stanno mettendo in ginocchio coloro i quali, in verità, tengono ancora in piedi i conti economici della GDO. L'industria di Marca è sotto attacco, ma anche sotto accusa per gli incrementi dei listini. La loro resilienza assume dei contorni, però, oramai grotteschi

Il rapporto tra industria e GDO è destinato ad inasprirsi. E non saranno i prezzi dei listini l’oggetto del contendere, bensì la continua eliminazione delle referenze con il marchio del produttore. In una recente pubblicazione di NIQ, che verrà approfondita in uno speciale la prossima settimana, e che sarà oggetto del prossimo podcast tra chi scrive e Federico Cimini (Attenti a quei due) è stato certificato che l’incidenza della MDD in Italia, nel perimetro Iper+Super+LS è arrivata al 22,4% del fatturato totale durante il primo trimestre di quest’anno. Questo è da considerare come’ un risultato eccezionale ed impensabile solo qualche anno fa che suscita sorpresa soprattutto per la conformazione della nostra Grande Distribuzione, popolata da tanti retailer interregionali in un paese molto diverso da nord a sud.

Forse i meno esperti non comprenderanno la sorpresa con cui commentiamo questo dato, e per tale ragione è doveroso dare una spiegazione più profonda di ciò che è avvenuto e del perché è inaspettato.

Tutte le centrali acquisti, da Conad in giù, hanno come mission lo sviluppo del proprio brand (lo storebrand) sul territorio nazionale. Questo si realizza con una moltitudine di attività, dallo sviluppo della rete con le nuove aperture agli investimenti in comunicazione, ma uno degli strumenti più importanti è quello della MDD, ovvero di un insieme di marche esclusive che compongono un assortimento e che si devono coniugare alle grandi marche industriali su più categorie possibile.

Quando i progetti di private label sono realizzati da retailer che hanno tutti i punti vendita di loro proprietà (diretti) la crescita dell’incidenza del suo fatturato è diretta semplice. Però, il discorso cambia molto quando la MDD deve arrivare a vestire assortimenti di punti vendita che non sono diretti.

Quindi, una Esselunga o Finiper, o Bennet o altri ancora, possono tranquillamente realizzare progetti e dargli una precisa esecuzione sugli scaffali. Invece, non è banale affermare che tutta la cosiddetta DO, che opera sul mercato con una lunga filiera di imprese (dalla Centrale, ai Gruppi Locali, sino all’affiliato) raramente riescono a tradurre sullo scaffale le intenzioni pensate dall’alto. Insomma, la DO ha sempre avuto un tasso di fidelizzazione alla marca propria piuttosto basso e nulla avrebbe fatto pensare che questa tendenza sarebbe cambiata.

Quasi tutte le centrali acquisti della DO, da Selex a D.It non sono mai state in grado di garantire una MDD massiva su tutti i punti vendita in modo uguale. Facciamo qualche esempio pratico: in Selex, ad esempio,

La MDD di Unicomm e quella di Megamark è la stessa. Ma la numerica delle referenze inserite negli assortimenti della prima è decisamente superiore. Lo stesso dicasi per Crai in Crai nord Ovest e Crai Sicilia, oppure Pam con Retail Pro in Campania. Gli esempi si potrebbero moltiplicare, per riassumere il concetto nella seguente maniera: il consumatore cambia radicalmente da nord a sud, così come cambiano le logiche assortimentali e così come cambiano i pesi e le quote delle grandi marche industriali, ovvero di coloro che servono per dare equilibrio alle diverse MDD.

Tutte queste diversità non permettono una crescita uguale di una MDD pensata come sintesi delle diverse necessità. Un altro esempio su una problematica di tipo differente ma pertinente al tema: Coop Italia circa un anno fa ha dichiarato che l’importanza della propria MDD sarebbe cambiata radicalmente, arrivando ad incidere quasi il 50%. La MDD, in re ipsa, limita la diffusione delle marche industriali e ciò, a sua volta, incide sugli introiti promozionali che incassano i retailer nazionali. Pertanto, pensando ad una impresa come Coop Allenza 3.0, che è alle prese con negativi di bilancio rilevanti, riesce difficile pensare che la MDD possa arrivare a limitare le grandi marche oltre un certo livello. E questa difficoltà è mutuabile a tutte le insegne ed a tutti i gruppi che devono fare ricorso ad introiti extra dai fornitori.

Insomma, per tutte queste ragioni il 22,4% è un dato semplicemente impensabile qualche anno fa, eppure Nielsen in una sua recente pubblicazione lo ha certificato.

Come si può coniugare l’esigenza della GDO di sviluppare la propria marca con l’esigenza uguale dell’industria?

La seconda è sempre più preda della prima per giustificare la crescita dei volumi di vendita della MDD, si pensi ad esempio alla pratica di tenere alti i prezzi delle marche leader per creare una vasta forbice con il mainstream della MDD. Oppure si pensi ai tagli che vengono compiuti sugli assortimenti di molte referenze della IDM perché realizzano meno rotazioni. Eppure, la IDM paga per occupare quegli spazi. Però, senza volerlo, paga per incentivare le vendite della MDD, appannaggio di pochi fornitori e soprattutto a discapito di molti altri.

Ora, si faccia attenzione: l’industria di marca deve essere sempre divisa nei ragionamenti, la Grande IDM è una cosa ed i followers, più grandi e più piccoli sono un’altra cosa. La prima non soffrirà più di tanto le strategie della MDD, ma la grande parte degli altri fornitori sì. E pensare che proprio questi, oggi, sono messi sul banco degli imputati per i listini.

 

Analista ed esperto di Grande Distribuzione alimentare. E’ un attento osservatore delle dinamiche evolutive dei diversi format in Italia ed in Europa. Collabora con alcuni Gruppi della GDO italiana nelle aree di crisis communication management e news management. Affianca la Direzione Generale di alcuni Gruppi della GDO nella gestione delle strategie aziendali. Collabora anche con aziende del Mass Market Retail all'estero come assistant manager sull'italian food. Si può contattare scrivendo a meneghini@gdonews.it

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