Potrebbe essere la più grande fusione di aziende del mondo del food della storia e, fuori da questo ambito, seconda solo alla mega fusione che nel 2000 unì la tedesca Mannesmann alla britannica Vodafone, anche se per ora l’offerta di Kraft Heinz è stata rifiutata, e non è detto che vada a buon fine nei mesi a venire, anzi, a sentire gli analisti sarà molto difficile.
Alla fine della scorsa settimana la notizia dell’offerta di acquisto delle azioni Unilever da parte del colosso americano Kraft Heinz ha invaso tutto il mondo economico creando molta sorpresa e domandando ragioni e futuri scenari. Kraft Heinz è una multinazionale che può essere considerata la massima interprete, del mondo del food, del mercato globale.
Gli attori in gioco
Unilever è colosso alimentare europeo (sede a Londra e Rotterdam) che domina alcuni mercati in particolare: quello dell’ice cream (gelato confezionato) e quello del home&personal care su tutti, però è presente anche nel beverage è massicciamente presente (lipton) e su tante altre categorie .
Kraft Heinz è una multinazionale statunitense molto abile che ha fatto della compra-vendita di brands un business incredibile e spregiudicato. E’ leader nel mercato mondiale del grocery, ma molto presente nel mercato dei freschi confezionati ed in tanti altri. E’ di fatto anche la proprietaria di Mondelez International (spin off nel 2012) leader nel mercato degli snacks.
In questa vicenda, di fatto, si oppongono la cultura europea, etica e sostenibile con quella americana, spregiudicata e cinica.
History Case
Kraft qualche anno fa fu protagonista di una grande (e terribile) acquisizione in Inghilterra ai danni dalla Cadbury, mercato del cioccolato, una istituzione in Inghilterra. Anche in quel caso vi fu una guerra finanziaria fatta di offerte, rifiuti, contro offerte ed accettazione dopo due anni (2009-2011). A prima vista il copione attuale potrebbe essere simile a quello appena accennato (soprattutto perché nessuna era in vendita al momento dell’offerta), ma vi sono delle sostanziali differenze:
Cadbury era di proprietà americana al 49% ed al 51% di proprietà inglese. Come insegnano gli analisti finanziari, negoziazioni di questo genere sono caratterizzate prima da aspetti di natura finanziaria (valore dell’offerta), poi dalla qualità dei venditori (fondi o aziende o soggetti privati considerati long term traditional owners) ed infine, ma soprattutto, dalla presenza o mancanza di regolamenti legislativi ostativi alla vendita.
La storia insegna che il primo aspetto può essere superato, infatti nel caso di Cadbury fu l’aggiustamento dell’offerta a sbloccare la situazione a favore della vendita.
Il 31% degli azionisti di Cadbury erano edge funds a cui importava solo la negoziazione e furono proprio questi a sbloccare la negoziazione in favore della vendita.
Quali scenari futuri
Quello che invece cambia, rispetto all’esperienza del colosso dolciario, sono due temi non di poco conto: il primo è nazionalista. Nel 2011 il vento che soffiava in Inghilterra non era così nazionalista come lo è oggi dopo la Brexit, con il Governo della May.
L’allora Business Secretary inglese, Lord Mandelson, dichiarò che lo Stato si sarebbe opposto alla vendita dello “storico pasticcere inglese”, ma così non fu. Oggi il Governo May potrebbe farne una questione politica ed intervenire dato che solo poche settimane fa, ad operazione Kraft Unilever non ancora pubblica, la medesima si espresse sulla vicenda affermando, ancora dopo diversi anni, che quella operazione non avrebbe dovuto essere permessa.
In secondo luogo oggi, nel caso Unilever, vi sarebbe un secondo limite: la sede dell’azienda è sia a Londra che a Rotterdam. In Olanda, infatti, esistono Leggi a protezione di questo tipo di vendite e sono piuttosto rigide.
Insomma, tutto ciò che accadrà sarà, per noi spettatori, molto lontano e poco aderente alla realtà distributiva nazionale.
Il dubbio
Una sola curiosità: una acquisizione così costosa risulta difficile da comprendere in un mercato che sta portando alla valorizzazione delle Private Labels a discapito delle marche che, per contro, sono costrette ad una riduzione di margini, per rispondere a questo inarrestabile moto.