Ottanta euro in più o in meno, peraltro non per tutti, quasi la metà (47,6%) dello stipendio dei lavoratori italiani viene letteralmente sbranata dall’erario, cioè a dire da tasse e contributi vari. “E io pago”.
L’ormai famoso cuneo fiscale – in sintesi il peso della tassazione e dei contributi previdenziali sul reddito percepito – è sempre più cuneo, sempre più zavorra per i salari, visto che tra il 2007 e il 2012, è aumentato dell’1,1%. Il potere d’acquisto si riduce e i consumi languono.
La differenza dell’Italia rispetto alla media dei Paesi Ocse, che si attesta 35,6%, è spaventosa. A fornire questi dati è l’Eurispes , sulla base appunto delle tabelle Ocse relative a un single senza figli. È vero che i dati sono aggiornati a due anni fa, con l’Italia al sesto posto della graduatoria degli Stati con il cuneo più alto, ma da allora – escluso il credito d’imposta di 80 euro deciso dal governo Renzi per 10 mln di lavoratori dipendenti dal reddito medio basso, pur sempre qualcosa – nulla è cambiato.
Al primo posto della classifica per cuneo fiscale più oppressivo sui lavoratori c’è il Belgio (56%) mentre Svizzera e Olanda in 5 anni hanno ridotto il peso di tasse e contributi in busta paga rispettivamente dell’8% e del 6,4%.
L’Eurispes – istituto privato di studi politici, economici e sociali attivo anche nella formazione – precisa che nel confrontare i diversi Paesi, bisogna comunque tenere presente che:
“l’incidenza delle imposte sul reddito non è uniforme”
Il loro valore è uguale a zero in paesi come Australia e Nuova Zelanda, mentre ad esempio è al 30,6% in Francia. L’Eurispes sottolinea le differenze tra i sistemi di prestazione previdenziale degli Stati Ocse. Sulla questione centrale delle pensioni alcuni Paesi hanno introdotto il sistema contributivo ma tutti hanno stabilito un innalzamento dell’età pensionabile, che entro il 2050 sarà di 67 anni. Insomma:
“i tempi in cui il sistema pensionistico italiano era il più esoso della zona Ocse”
sono solo un ricordo.