
GDONews ha intervistato il nuovo Presidente di Coop Italia, Marco Pedroni. Assieme abbiamo sviscerato i temi che dalla sua nomina ci davano curiosità: quanto conta la finanza nel business di Coop? Che fine faranno le Coop ed i Distretti? Che tipo di sviluppo farà l’azienda leader in Italia?
Il dott. Pedroni ha risposto a tutte le nostre domande con velocità e decisione e sinceramente ci ha sorpreso: le domande erano delicate, ed in un mondo come quello della GDO, ovvero ovattato dove parlare e criticare non è facilmente permesso, anzi spesso ritenuto offensivo, ebbene il Presidente di Coop Italia con il sorriso e con estrema decisione ha risposto a tutte le questioni poste con una lungimiranza che ci ha piacevolmente sorpreso. Adesso lo possiamo affermare con certezza, si apre una nuova era per il mondo Coop, l’era della managerialità. Le logiche cooperative sembrano aggiornate ad i tempi che corrono, è un bilancio tra princìpi cardine del concetto cooperativo con le necessarie valutazioni manageriali, fatte di strategia e numeri.
D: Il curriculum del nuovo Presidente di Coop Italia è bivalente, esperienza sul mondo finanziario ed anche sul mondo retail: quale di questi due ambiti sarà più in evoluzione nelle strategie Coop dei prossimi anni?
R: La mia esperienza nel mondo finanziario, anzi assicurativo è solo recente, in verità la mia storia professionale è legata soprattutto al mondo Retail. In ogni caso Coop è nata e deve continuare ad occuparsi principalmente di vendita di prodotti e servizi per la casa, la nostra vocazione è essere parte integrante del territorio, essere un riferimento per il cittadino consumatore che ritrova nel supermercato prodotti e valori di un certo tipo. Le attività finanziarie sono sicuramente una parte rilevante del nostro business e danno una mano ma non sono il nostro obiettivo primario.
D: Quale dei due mondi sopra accennati, invece, è più in sofferenza attualmente?
R: Il mondo finanziario dalla Lehman Brother in avanti ha vissuto periodi difficili e quindi anche noi di conseguenza, anche se abbiamo scelto linee di investimento molto prudenti rischiando quindi pochissimo, gli stessi Titoli di Stato in un primo periodo erano arrivati a dare redditività bassissime e ci aveva messi un po’ in difficoltà, per fortuna negli ultimi due anni si è tornati ad una stabilizzazione. Il prestito soci è in ogni caso una attività importante sia per le risorse che per lo sviluppo, ma è prevalentemente una tutela per il risparmio dei soci prestatori garantendo una buona tenuta.
D: Il Prestito sociale è prevalentemente utilizzato da quelle categorie di consumatori che non hanno grandi disponibilità, spesso anziani o giovani, insomma lo stereotipo di cittadino che sempre di più va erodendo i suoi risparmi per sopravvivere: state avendo flessioni sugli accantonamenti?
R: Tutto il sistema del credito ha avuto negli scorsi anni una erosione dei depositi e quindi anche noi. Nell’ultimo anno e mezzo sia il sistema bancario che il nostro hanno avuto una inversione di tendenza che ha portato a stabilizzazione.
D: Il canale Ipermercati è oggi in flessione, Coop Italia nella prima decade degli anni 2000 ha concentrato molti investimenti sul format. Oggi come volete aggiornare quel tipo di offerta?
R: Noi abbiamo fatto molto sviluppo sul canale Ipermercati sia negli anni 2000 che negli anni ’90. Tale evoluzione ci ha portati a detenere la leadership di mercato. Oggi vantiamo più di 100 Ipercoop su tutto il territorio nazionale. Detto ciò oggi non abbiamo nessuna intenzione di desistere a sviluppare progetti sui grandi formati, ma li stiamo ripensando nella formula. Pensiamo a strutture più piccole, preferibilmente non più inserite dentro gallerie commerciali. Vogliamo dare risalto ad una formula di vendita che sia espressione di un assortimento profondo nella parte alimentare e con rilancio di quella parte del No Food che sia più coerente con la parte alimentare.
D: I Distretti, Le Grandi Coop concentrate oppure ritorno alle Cooperative: quale di queste soluzioni sarà adottata nel futuro dell’organizzazione di Coop?
R: Noi non ci siamo mai allontanati dalle Cooperative, dal territorio. Coop Italia ed i distretti sono strutture al servizio delle cooperative, Coop Italia stessa non è una holding, queste sono aziende di servizi che sviluppano aree importanti del business delle singole cooperative. In ogni caso l’idea è quella di costruire nel prossimo futuro più unità tra le cooperative, non si escludono nemmeno processi di adesione. Il mondo cooperativo è da sempre presente sul territorio attraverso un dialogo continuo con i propri soci, attenti a soddisfare nella maniera più chiara possibile le loro necessità, e questo mondo cooperativo negli anni è diventato leader grazie anche ai processi aggregativi che sono una costante della nostra storia e che proseguiranno anche in futuro.
D: L’uscita dal Discount permette a Coop di concentrarsi negli altri canali di Vendita. Altre insegne però stanno invece entrando nell’unico canale che cresce. La vendita, sotto la sua direzione, sarebbe stata una strategia da Lei condivisa oppure no?
R: Vorrei precisare che DICO non era proprietà di Coop Italia bensì di 7 cooperative, le quali hanno maturato la scelta della vendita in assoluta autonomia. Al tempo io, come Presidente di Coop Nord Est, ero una delle 7 Cooperative che approvarono la scelta della vendita. E’ stata fatta una scelta condivisa e ragionata. Eravamo arrivati ad un punto per cui o si investivano ingenti capitali per modernizzare la rete e rilanciare l’azienda oppure si doveva vendere. Era però opportuno focalizzare i nostri sforzi sul nostro business principale, quello dei supermercati, perche’ quella è la nostra vera vocazione. In ogni caso va rilevato che il canale discount oggi cresce principalmente per lo sviluppo, ma a rete omogenea comincia anch’essa a segnare il passo.
D: Coop Italia aveva promesso poco più di un anno fa circa 700 milioni di euro di investimenti sulla crescita: alla luce della situazione del mercato, ed in generale del Paese, confermate questa volontà?
R: Non ricordo la cifra dei 700 milioni, noi abbiamo recentemente dichiarato la cifra di 400 milioni, ma possiamo affermare che tale cifra è prudenziale. Non si deve smettere di investire, è necessario però cambiare direzione agli investimenti, devono infatti essere caratterizzati da una maggiore selettività. Oggi investire non significa solo aprire nuove strutture di vendita, significa anche aggiornare i negozi esistenti, rinnovare le formule di vendita, adeguarle alle esigenze del mercato moderno, innovare i format, essere attenti all’evoluzione tecnologica ed investire anche su di essa. Vogliamo continuare ad investire sulle strutture grandi ma non sugli ipermercati, piuttosto pensiamo al format Superstore come più coerente per il mercato moderno. Gli investimenti più che sulla quantità saranno attenti alla qualità.
D: L’art. 62 ha provocato un terremoto nel mondo della GDO: secondo Lei, con il senno di poi, è stato un provvedimento corretto o ne avremmo tutti fatto volentieri a meno?
R: E’ ancora presto per tracciare un bilancio definitivo sull’art.62. Però si può già affermare che le buone intenzioni per cui era stata pensata questa legge ad oggi non si sono viste. Il legislatore con questa norma voleva favorire i pagamenti verso il soggetto debole della filiera, intendo la piccola e media impresa, la produzione agricola, che in tempi recenti hanno sempre più difficoltà nell’accesso al credito. Purtroppo bisogna evidenziare che in molti casi, mentre il mondo retail, e noi in particolare, ha rispettato e sta rispettando i termini imposti dalla legge, lo stesso non sta facendo l’industria traendo così verso di sé i vantaggi previsti per il soggetto più debole, i loro fornitori. Bisognerebbe forse rivedere l’asset dell’art.62 e modificarlo in alcuni aspetti in modo che i veri beneficiari siano quelli per cui era stato pensato il provvedimento. E’ un momento davvero delicato per il nostro Paese, è arrivato il momento di non limitarci a dire e pensare cosa può fare il nostro Governo per il bene del Paese, ma dobbiamo essere noi stessi a domandarci cosa possiamo fare noi per il Paese. E’ nostro dovere, intendo del canale Retail, dell’Industria e della produzione porre in essere azioni rivolte a difendere il potere di acquisto e rilanciare la domanda interna. Accanto a misure macro ad opera del Governo, Industria e Distribuzione sono già nelle condizioni fare qualcosa a sostegno del potere di acquisto. E’ doveroso ragionare in termini di produttività ma se possibile è necessario fare sacrifici di margine per sostenere il potere di acquisto, perché altrimenti sarà difficile dare al Paese una prospettiva.
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Cambiera’ …e si ritornera’ ……….a 20 anni ..fa ..per Coopitalia !
Il Prodotto a Marchio –PL –diventera’ piu’ forte …anche se il non coinvolgimento dei Buyer Marca Privata …è sbagliato !
SI DEVE CAMBIARE … MA SOPRATUTTO OCCORRE LAVORARE PER CREARE LA VERA DIVERSITA DI OFFERTA PER IL CONSUMATORE CHE COOP HA DA SEMPRE MESSO IN CAMPO.SONO D ACCORDO CON ANNA CHE SI TORNERA AL PERIODO DOVE LA PL SARA FORTE,MA ALLO STESSO TEMPO LA PL DOVRA DARE UN FORTE COLPO DI RENI PER OFFRIRE DIVERSITA AL CONSUMATORE RISPETTO ALLE ALTRE PL GIA PRESENTI.LA DIVERSITA DOVRA ESSERE TESTIMONIATA NON DA SCELTE SULL ALTA GAMMA ,PER ALTRO GIA OPERANTI ,MA DA SCELTE SULLA GAMMA DI LARGO E GENERALE CONSUMO PIU ACCESSIBILE DA TUTTI I CLIENTI. QUESTO UNITAMENTE ALLA COSTITUZIONE DI ASSORTIMENTI NUOVI E NON RIDONDANTI DELLE STESSE PRESTAZIONI SARANNO LE VERE SFIDE CHE COOP DOVRA SAPER AFFRONTARE.
Trovo molto evasiva la risposta di Pedroni sul prestito sociale. E’ evidente che la crisi ha inciso sul risparmio tout court, ma in alcune grandi Coop la flessione è ampiamente superiore alla media. Basti citare il caso di Unicoop Firenze dove la partecipazione in Mps e le pesanti svalutazioni che la Coop toscana ha dovuto effettuare sulle azioni. La difficile situazione della banca senese si è riverberata anche sul prestito sociale di Unicoop Firenze con una fuoriuscita massiccia dai libretti di risparmio della cooperativa. Si può affermare che i soci prestatori non siano particolarmente propensi ad operazioni finanziarie come quella citata, ma anche quella delle coop emiliane effettuata attraverso Unipol sul gruppo assicurativo Ligresti.
Come ogni seggiola è sempre più inchiodata al posto che occupano,ritengo che il cambiamento di globalizzazione debba pertare a vedere il mondo delle cooperative sulla specializzazione dei vari format.
Coop italia si è specializzata negli iper ed a quanto sembra vuole proseguire con questo format,per quanto riguarda i supermercati dovrebbe aggregarsi o cederli a CONAD.In questo modo il mondo delle cooperative in Italia si rafforzerebbe per competere contro l’invasione distributiva delle catene estere.
Ho vissuto in Spagna dove il gruppo Mercadona è dominante grazie all’ assortimento davvero completo delle sue private label, veramente convenienti rispetto alla concorrenza. Oggi in Italia mi mancano tanto i piatti pronti surgelati per microonde, cose come 500 gr di riso alla pescatora a soli 2 euro proprio ce li sogniamo in Italia, Esselunga compresa. Spero che qualcuno in Italia copi un giorno questo modello, magari proprio Coop nel suo canale di supermercati di circa 1000 mq….
Egregio Dott. Andrea Meneghini
Salve non capisco come mai Supercoop sicilia Srl che ha investito in sicilia prima con l’acquisizione delle due cooperatve 1 maggio e 25 aprile e dopo con il subentro nella gestione dei sei supermercati di Aligrup non sta investendo tanto in pubblicità per permettere ai clienti di conoscere meglio il marchio e il valore coop , non ha abbassato i prezzi per essere competitiva con la concorrenza inoltre da gennaio ha aperto la cassa integrazione fino a 11 01 2015 per i lavoratori ex Aligrup .
Come mai dopo tutti questi investimenti finanziari non sta facendo tanto forse sono le solite strategie commerciali o no.Io ho sempre creduto nei valori Coop ma quando vedo certe cose mi viene da pensare che questa azienda predica bene razzola male.Le magliette dei dipendenti portano il logo http://www.e-coop.it ma se si va nel sito non vi è segno dei 4 supermercati di Supercoop sicilia tra Catania e Ragusa non si puo neanche consultare un volantino e vedere le offerte come pensano di fare breccia sul cliente .
Quindi alla prossima intervista al Dott Pedroni chieda come pensa di espandersi in Sicilia quando i risultati sono questi .