Dal 1 gennaio 2010 Ce.Di Marche entrerà a far parte del gruppo Selex
Dal 2005 il Gruppo Marchigiano era associato Carrefour con insegne GS e Di per Di. Interessante la scelta del gruppo di operare con una insegna proprietaria e non con le classiche insegne Selex, scelta che denota una certa volontà di autonomia.
Ce.Di. Marche è una delle più forti realtà delle Marche, con un volume d’affari al dettaglio di 250 milioni di euro nel 2009, 120 store e un centro di distribuzione di 28.000 mq ubicato a Camerata Picena (An).
Il gruppo opererà con la nuova insegna “Sì – con te” nei formati superstore, supermercati e market, occupando 1.200 addetti. Per il 2010, ha pianificato l’apertura di 4 nuovi supermercati, per un totale di 5.400 mq di superficie di vendita. L’ingresso di Ce.Di. Marche è coerente con la politica di sviluppo di Selex, da sempre favorevole all’ampliamento della società a medie imprese indipendenti e dalla consolidata esperienza, con strategie e valori in linea con quelli del Gruppo.
«Con questa operazione – dichiara Giovanni Pomarico, presidente di Selex – il nostro Gruppo rafforza la sua presenza nelle regioni del centro Italia, dove già detiene posizioni di rilievo in numerose province, e conferma la sua vocazione a farsi interprete di una distribuzione moderna, di qualità, profondamente radicata sul territorio e vicina ai consumatori».
Le origini
Ce. Di. Marche nasce nel 1971, quando 18 negozianti della provincia di Ancona fondano un gruppo di acquisto per rifornire le loro piccole attività commerciali. «Siamo passati dal ruolo di “grossista” degli anni Settanta e Ottanta -spiega Renato De Angelis, direttore generale della società- a un ruolo di promotore dello sviluppo delle attività dei propri associati, della ristrutturazione e ammodernamento della propria rete di vendita.»
«Il nostro nuovo marchio SI’, con te – conferma De Angelis – è l’ultimo tassello di una strategia di differenziazione e di identificazione rispetto all’omologazione degli operatori distributivi che, in parte, caratterizza anche il nostro territorio».
Ce.Di. Marche, presente su un’area concentrata, raggiunge i consumatori con un’offerta più legata al territorio locale e, soprattutto nei settori deperibili (carne, ortofrutta e pesce), con maggiori garanzie di qualità e freschezza a prezzi competitivi.
Non mi meraviglio più di tanto che Cedi Marche se ne sia andato anche da Carrefour, di cui era master franchising. Infatti fin dai primi mesi di questa sua esperienza molti soci cominciarono, insoddisfatti, a mordere il freno, scontenti delle condizioni che pur liberamente avevano scelto sulla fiducia nel loro leader (ne ha sempre avuto la stoffa…) Roberto De Angelis. L’autonomia più completa ha sempre caratterizzato questo gruppo, fin da quando, al tempo della sua esperienza in Conad, rifiutò di unificarsi nel 1995 a Mercurio Romagnolo, dopo una breve esperienza di 5 anni di Conad Marche con Cad di Fano (allora si chiamava Camo di Osimo). Un gruppo abbastanza vivace e autonomo come Cedi MArche, anche se ben radicato sul territorio, sente comunque la necessità di aggregarsi, altrimenti la sua morte è sicura. Questa autonomia è ben rappresentata sia dal non voler assumere le insegne di Selex sia dal carattere indipendente di Roberto De Angelis. Due domande, comunque, me le pongo e le pongo ad altri. Prima (plurima): ma Selex come mai ha accettato la condizione che Cedi mMArche si forgiasse un’insegna autonoma proprio ora che Carrefour dimostra che l’unione delle insegne sotto lo stesso marchio è la via del successo e della sopravvivenza? L’ha fatto per avere maggior peso nella contrattazione con i fornitori, usando strumentalmenteil gruppo? E’ orgoglioso di avere finalmente un piede anche nelle Marche, in consonanza con la sua utopia di voler associare gruppi regionali? Selex non si pone nessuna domanda su che meccanismo centrifugo può mettere in moto al suo interno in riferimento agli altri suoi classichi gruppi? Di conseguenza, seconda domanda (anch’essa plurima): fin quando a Cedi Marche il mercato e Selex consentirranno queste sue scorribande da un’insegna all’altra? I consumatori, sempre più mobili sia sul territorio sia sulla fedeltà, non gli faranno lo sgambetto, in cerca come sono di sempre maggiori rassicurazioni anche nella distribuzione e nelle sue insegne (sono obbligati a digerire per l’ennesima volta un nuovo marchio: “Sì” – oddio che puerile, generico, per nulla evocativo e quindi, convinzione mia, poco efficace? L’orgoglioso atteggiamento cooperativo e caratteristico dei suoi soci (il campanilismo tipico dei gruppi d’acquisto degli anni ’70 e ’80) fino quando riuscirà a sopravvivere senza aver corrispondenza e rispondenza nei consumatori, forte del loro radicamento sul territorio? Non è forse ora che questi gruppi la smettano di guardarsi l’ombelico come se fossero loro il perno del mercato a cui si devono adeguare i clienti con una velocità da girandola e non piuttosto una struttura a loro servizio? Il gruppo non è più il centro del fenomeno distributivo, ormai, e da tanto tempo. Domande retoriche? Forse, ma il futuro esige anche dai gruppi distributivi un cambiamento del loro atteggiamento nei confronti del mercato, se vogliono salvarsi e svilupparsi. Anche il mercato, come il consumatore/cliente, è labile e sempre più traditore. In altre parole, per concludere: fin quando il gioco di questi gruppi in perpetua transumanza farà la fortuna dei loro dettaglianti associati?