Cibus: la soluzione alla crisi dei consumi dettata da Federalimentare

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A contenere la difficile situazione del comparto alimentare nazionale dovuta alla produzione stagnante, alla forte inflazione e alla flessione delle vendite, ci pensano i single e gli immigrati. Lo afferma Federalimentare in un dossier dal titolo “Crescere in uno scenario difficile: nuovi consumi, nuovi mercati”, preparato per la fiera Cibus di Parma. Nel 2007, spiega Federalimentare, le vendite alimentari sono cresciute dello 0,9% in valore, mentre sono calate dell’1,5% in termini quantitativi. A evitare il tracollo del settore, spiega l’organizzazione, sono stati i single e gli immigrati ( cosa che anche Noi di GDONews.it diciamo da diverso tempo). Oggi i single, sottolinea Federalimentare, rappresentano il 12,4% della popolazione adulta italiana. Erano due milioni negli anni Settanta, 4 milioni negli anni Novanta e 6 milioni nel 2007. Per cibo e bevande chi vive da solo spende circa 3.600 euro l`anno: pari a 300 euro al mese, contro i 225 euro di chi vive in coppia e i 150-170 euro di chi vive in famiglie di 4 o 3 persone. I single risultano grandi consumatori di cibi pronti e surgelati, prediligendo le confezioni monodose. Una recente ricerca della Camera di Commercio di Milano (città nella quale i single, quasi 333mila, superano il numero delle famiglie, pari a 245mila), prosegue Federalimentare, parla di un incremento di circa il 200% in 6 anni di tutte quelle attività commerciali e prodotti (gastronomie, rosticcerie, take away, prodotti surgelati o in confezione monodose) che fanno riferimento ai consumi dei single. Nello stesso arco di tempo questa ricerca segnala, sempre riferendosi ai consumi dei single a Milano, le performance di birra (+59%), condimenti, spezie e salse (+16,7%), caffè, tè e infusi (+15,8%), frutta e ortaggi conservati (+200%). Dati confermati, a livello nazionale, da recenti stime della Coldiretti riferite ai consumi delle verdure di quarta gamma (già pronte in confezione), che oramai coprono il 7,9% dei consumi totali di ortaggi freschi e non a caso sono state inserite nel paniere Istat. Nel 2007 questi prodotti hanno raggiunto a livello nazionale i 40 milioni di chilogrammi l`anno, per un fatturato di 350 milioni di euro, registrando un +4,2% rispetto al 2006, mentre cala (-2,6%) il consumo di verdura non confezionata. L’altra area in forte crescita, prosegue Federalimentare, è quella dei consumi degli immigrati. Gli stranieri regolarizzati residenti in Italia, secondo gli ultimi dati dell`Istat riferiti al 1 gennaio 2007, sono circa 3 milioni. Con una crescita annua, tra nuovi arrivi e saldo nascite morti, di circa 300-400mila unità. “Che significa, detto in un altro modo: 300-400mila nuovi consumatori l`anno”. Gli stranieri, prosegue Federalimentare, “si comportano esattamente come gli italiani”: acquistano “i brand più noti e quelli che più investono in pubblicità, soprattutto televisiva”. I clienti stranieri della Gdo sono un più le donne (84%) di età compresa tra i 25 e i 44 anni, mentre i più fedeli al supermercato sono gli immigrati africani, rumeni e sudamericani. Se la prima catena per frequenza di utilizzo è la Lidl (30%), seguono immediatamente, con percentuali da il 25% e il 15%, tutte le altre grandi realtà (Coop, Auchan, Carrefour, GS, Esselunga, Conad) non hard discount, “a ulteriore dimostrazione del fatto che si tratta di un consumatore esigente che non rinuncia alla marca e cerca la qualità”. Gli acquisti alimentari coprono soprattutto, in ordine di frequenza di consumo, 3 gruppi principali di alimenti: il primo composto da riso, latte, pasta e caffè, il secondo da tonno in scatola, bibite gassate e biscotti e il terzo da merendine, snack, surgelati, birra, sughi pronti e cereali per la prima colazione. Il 76% frequenta ristoranti e pizzerie, in genere una volta al mese ma anche (15% dei casi) tutte le settimane. A permettere ai produttori italiani di affrontare le difficoltà ha contribuito, prosegue Federalimentare, anche l’export, che ha chiuso il 2007 in crescita del 7% a quota 18 miliardi di euro, a cui ha corrisposto un aumento in quantità del +3,5%, con una conseguente crescita del valore unitario medio di circa il 3,5%. “L`export diversamente da quanto avvenuto spesso in passato – sottolinea l’organizzazione – è stato in molti casi più remunerativo del mercato interno”. L`incidenza del fatturato export su quello complessivo del settore ha toccato il 16%, guadagnando più di mezzo punto rispetto al 15,3% dell`anno precedente, anche se ancora al di sotto del 18% della media comunitaria. Contemporaneamente la Germania ha raggiunto il 23,2%, la Francia il 21,5% e la Spagna il 17,8%.

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