A febbraio l’indice delle vendite al dettaglio rilevato da Istat è diminuito dello 0,2% rispetto al mese di gennaio, ma su base annua il calo è drammatico: -4,8% che è la sintesi di un -4% delle vendite di prodotti alimentari e del -5,3% del non food. Il dato mensile generale segna l’ottavo calo consecutivo.
A soffrire di più la recessione è il commercio tradizionale, quello dei piccoli negozi: in un anno le vendite sono sprofondate del 6%, meno peggio la distribuzione moderna con un -3,5. Significativo anche il dietrofront dei discount alimentari che nel primo bimestre segnano -0,2 percento. Se l’alimentare però riesce in qualche modo a limitare i danni, gli altri settori appaiono in caduta libera: intorno al -7% per calzature, foto-ottica, cartoleria, libri e giornali; vicini al -6% gravitano elettrodomestici, arredamento e giocattoli e intorno al -5% abbigliamento, casalinghi e farmaceutici.
Pronte le reazioni di operatori e consumatori. «I dati sulla spesa alimentare non ci sorprendono – osserva Antonello Sinigaglia, direttore generale di Simply Italia – Anche perché la debolezza della domanda si è prolungata fino a Pasqua, con un calo delle vendite intorno al 4-5 percento. Poi, considerato il trend delle vendite fino a oggi, siamo indotti a pensare che il primo quadrimestre dell’anno si chiuderà con una flessione delle vendite intorno al 3%». Nonostante l’effetto “doping” dalle promozioni, arrivate al 26% (cioè oltre un quarto dei prodotti presenta uno sconto), che nel carrello agiscono da ammortizzatore della crisi. «E infatti – spiega Giorgio Santambrogio, dg Interdis – la pressione e la profondità promozionale è diventata talmente importante da indurre i consumatori dei discount a tornare nei nostri supermercati. Questo però incide sui nostri margini e su quelli dell’industria».
Per Confcommercio «la selezione degli acquisti, il ricorso ai discount e la riduzione degli standard qualitativi non sono stati sufficienti ad arginare la tendenza alla riduzione dei consumi, che, seppure meno sostenuta rispetto ai mesi precedenti, assume anche in questa prima parte del 2013 toni accentuati. Si tratta di una situazione che non si modificherà nel breve periodo». Anche Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione, paventa che «l’andamento negativo dei consumi rischia di trascinarsi per l’intero 2013: non si vede un’inversione di tendenza. E in questo contesto sono ingiustificate le manifestazioni contro l’apertura dei negozi del 25 aprile e del 1° maggio. Attraverso queste le catene commerciali hanno distribuito più reddito e assunte 2.500 persone, prevalentemente con contratto part time a tempo determinato».
Santambrogio auspica che il prossimo governo «cancelli il prossimo aumento dell’Iva dal 21 al 22 percento. Anche se non impatta direttamente sul food crea comunque un aumento delle aspettative di aumento dell’inflazione che mina la fiducia dei consumatori». Sinigaglia conclude appellandosi al governo: «Serve una sterzata verso una politica della crescita che può imprimere solo la politica. Le famiglie sono in gravissime difficoltà e lo vediamo tutti i giorni: consumatori che arrivano al supermercato con i soldi precisi al centesimo o altri con il volantino in mano e i prodotti da acquistare cerchiati. Che facciamo? Simply ha una pressione promozionale di 4 punti superiore alla media e investiamo 100 milioni in più per aiutare le famiglie. Ma non basta».
[via ilsole24ore]