
Conad prima di Pugliese era una bella cooperativa con i vizi della cooperazione. Era un’impresa fatta di piccoli (e capaci) imprenditori del mass market retail, aggregati a livello regionale o interregionale, ed uniti nel vertice di Conad nazionale a Bologna, esattamente come la conosciamo adesso.
Nelle cooperative, però, domina il gioco dell’arte del compromesso: tutti valgono allo stesso modo, bisogna collaborare e migliorare la cooperativa senza, però, disturbare eccessivamente nessun socio.
Prima dell’arrivo di Pugliese alcune delle cooperative, che in quel momento erano molte di più, avevano già aperto Ipermercati considerandoli – come molti in quel periodo – il futuro della GDO, avevano già creato la linea Sapori&Dintorni, si erano alleati con la francese Leclerc importandone il marchio e (ahimè) anche le merci. Si era poi alleata con Coop, fondando la supercentrale Italia Distribuzione: pur valendo la metà della quota di Coop in quel periodo, i fornitori che si presentarono alla rivelazione dei contratti dovettero ammettere che le condizioni di Conad erano spesso migliori rispetto a quelle di Coop. Insomma, pur valendo circa l’8-8,5% del mercato, Conad prima di Pugliese era già un’entità importante nel panorama distributivo nazionale.
Il suo arrivo portò sicuramente un grande cambio, lo dicono i numeri, non certo chi scrive, e questo si sostanziò nella fine del “cooperativismo”, inteso come il decidere sempre sulla base di un compromesso che non scontenti eccessivamente nessuno. E va evidenziato che il suo arrivo coincise con il momento forse in assoluto più complicato nella storia della cooperativa, quello del crack del Cedi Puglia.
Pugliese decideva, piacesse o no, decideva
La centralità della sede è forse la più importante rivoluzione che ha portato il manager tarantino, dalla gestione (Cedi) della MDD sino alle decisioni di category create in sede e poi applicate nei territori, una bestemmia nel mondo della DO, impossibile da realizzare; ma a Conad è riuscita.
Si potrebbe dire che l’era Pugliese è da dividere in due: quella sino al 2011 e quella dopo. Nella prima, la cooperativa crebbe con costanza ma non senza contrasti per le politiche volute da Pugliese. In quegli anni si raccontava (forse era pura leggenda, o forse no) che esistevano due squadre a Bologna, i Cedi pro e quelli contro il grande capo. Il 2011 fu l’anno di svolta: il manager, stanco delle frizioni (narravano voci all’interno), decise di dare le dimissioni. Fu in quel momento che si giocarono le carte per il futuro: Pugliese rientrò, senza mai uscire, passando da direttore generale ad amministratore delegato, ma, al di là dei titoli, tornò con pieni poteri.
E’ questa l’era del Pugliese che conosciamo, i cambi iniziano ad essere drastici. Omogeneizzazione dei cedi, opera già iniziata, concentrazione dei fatturati e delle strategie in pochi centri decisionali e, da ultimo, l’acquisizione di Auchan.
Attorno a quest’ultima vicenda esistono ancora oggi ombre, ma non è questa la sede per entrare nel merito dell’argomento. Invece ciò che sorprese fu che la rete dei francesi fu smembrata ed in buona parte venduta ai concorrenti. E sorprese perchè a “raccattare i ruschi e bruschi” dell’ex retailer francese c’era la fila alla porta di Conad (in verità demandò a PwC l’operazione). In pratica Conad rimase solo con quei negozi (super ma anche iper) che apparivano le posizioni migliori (salvo i supermercati in Sicilia che passarono ad Arena) , e questi furono trasformati con l’insegna Conad.
Qualche anno prima Pugliese rilevò gli ipermercati di Finiper della dorsale adriatica, apparentemente anche quelli improduttivi, ed invece il risultato fu decisamente positivo. Fu questo test che, probabilmente, convinse Pugliese a fare l’operazione con Auchan.
Questo è stato, però, l’ultimo atto della sua era, da qui il sistema ha iniziato a scricchiolare ed è arrivato il momento di lasciare.
Chi arriverà al suo posto? Chi scrive dubita fortemente che le cooperative vogliano ripetere l’esperienza dell’uomo forte al comando. E’ più probabile che si torni a scegliere un uomo di compromesso, un manager che sappia gestire le cooperative ed allo stesso tempo dare seguito ad una conduzione che, oggettivamente, appare oggi in un mare molto più calmo rispetto a quello che accolse Pugliese.
Nell’era dei social Francesco Pugliese è stato un’icona della GDO, amato dalla stampa (non tutta) per il suo fare diretto e spesso irriverente, osannato da uno stuolo numericamente rilevante di “leccaculo”, sia appartenenti al mondo della stampa sia al vasto universo dei frequentatori dei social, soprattutto su LinkedIn.
Mancherà forse più a loro, orfani di un uomo i cui difetti erano adorati e del quale subivano il fascino del senso del comando. Ma si sa, noi italiani, in fondo in fondo, siamo così.
Senza Pugliese faranno la fine della Coop….si perderanno per strada. La Coop poi..e’ morta con i soliti dirigenti perdenti al comando.
Pugliese uomo per tutte le stagioni? Non lo vedo così, ha fatto il suo molto bene. stop