Il momento di crisi e di grande incertezza dei mercati, alimentato da due anni di pandemia e in parte anche dagli odierni venti di guerra, non risparmia nemmeno il mondo del caffè, alle prese con aumenti dei prezzi e tensioni crescenti fra industria e GDO.
Un settore che in Italia vale un fatturato di tre miliardi e mezzo di euro e riguarda circa 800 torrefattori, con un 30% che non raggiunge il milione dedicandosi all’ho.re.ca. e acquistando prevalentemente caffè nazionalizzato e non all’origine. Fonte di approvvigionamento che è invece quella di Covim Caffè, azienda che ha ormai una consolidatissima tradizione, prima di importazione e poi di produzione.
Dell’attuale scenario del caffè e dell’attività del marchio genovese ha parlato a Gdo News l’amministratore delegato commerciale Luca Solari nel suo intervento a “Il supermercato delle idee”.
“In questo momento stiamo navigando a vista in mezzo a molte difficoltà – ha detto – ci troviamo in una situazione in cui abbiamo un aumento di più del doppio sia dei futures di Londra per il caffè robusta che di New York per il caffè arabica, con il dollaro che rispetto ad un anno fa si è comunque attestato su valori di forza sull’euro. In passato invece c’erano valori compensativi e se magari la Borsa dei futures aumentava molto, il dollaro andava nella direzione opposta mitigandone gli effetti. A questo si è aggiunta la crisi dei costi di tutte le altre fonti di approvvigionamento per la torrefazione, mentre non possiamo porci troppe domande sulle voci che arrivano dal Brasile visto che non credo che ci siano motivi per giustificare aumenti di produzione. Tutto questo ha creato comunque un effetto veramente poco rassicurante che ci sta portando ad affrontare questo 2022 con una preoccupazione che in tanti anni non ho mai vissuto per la mia azienda”.
Incertezza data in particolare dagli incrementi dei costi, dai noli all’energia, che sono alla base delle scintille con la Gdo. “Per tanti anni i noli sono stati sotto prezzo – ha spiegato – e le compagnie di navigazione sono fallite o sono state comprate dalle grandi realtà che ora la fanno da padrone. Il Vietnam ad esempio, che è diventato il secondo produttore mondiale di caffè dopo il Brasile, è stato estromesso dal mercato dai noli dato che lì il costo singolo che era fra i 1.000 e i 1.500 dollari è schizzato per gli Stati Uniti a oltre ventimila e per l’Europa a più di dodicimila dollari. Questo per capire ciò che stiamo vivendo, ma la mia vera preoccupazione, oltre che per la marginalità di tutta la filiera, è per la scarsa collaborazione da parte dei clienti nel voler comprendere quanto sta accadendo. Non so fino a che punto sia gioco delle parti ma in buona sostanza il mercato della GDO non sta collaborando per assimilare almeno una buona parte di questi aumenti”.
È quindi ipotizzabile un abbassamento della qualità per sostenere il mercato? In proposito Solari ha risposto: “Il problema è reale e tangibile se si pensa che in una delle più grandi catene di discount in Italia è stato ritirato un prodotto contenente ocratossina, un segnale non certo incoraggiante. In Francia invece un’altra catena ha lasciato scaffali vuoti con la scritta “il caffè non viene approvvigionato dal fornitore”. Ci sono effettivamente situazioni in cui per ogni chilo di caffè venduto ci si rimette un euro e così non si può andare avanti. L’abbassamento della qualità – ha aggiunto – va in questa direzione nonostante da parte della grande distribuzione ci sia un’attenzione sempre maggiore a ecocompatibilità, bio e utz caffè. Siamo di fronte ad un impoverimento del settore e dobbiamo scongiurare ciò che avvenne anni fa con il vino adulterato, proseguendo invece il cammino virtuoso iniziato con caffè speciali, mit americano e singole origini di alta qualità, costruendo qualcosa che sia virtuoso e profittevole per tutta la filiera”.
Un cammino che Covim ha già intrapreso da tempo: “Siamo stati fra i primi nel mondo delle capsule a sposare la linea della compatibilità con le capsule compostabili – ha ricordato – chiaramente sono più care e quindi il decadimento e non riconoscimento del prezzo potrebbe far tornare indietro su materiali meno sostenibili, rischiando così di interrompere un percorso già avviato. Serve anche qui una grande collaborazione con le grandi catene che devono pensare ai loro fornitori come partner, molte di queste hanno potenzialità tali di fatturato e distribuzione da poter essere collaborative evitando così pesanti conseguenze per l’intero settore”.
Cosa attendersi dunque per il futuro? “Stiamo attraversando un periodo economico nuovo – ha concluso Solari – dopo tanti anni di stagnazione e prezzi stabili si tornerà agli anni Settanta in cui avere un cambiamento dei prezzi sugli scaffali era una cosa ciclica e normale. Nel nostro Paese però dovranno aumentare anche i salari minimi e dei dipendenti altrimenti si creerà un disagio sociale dal quale sarà difficile uscire. È necessario ricostruire un sistema economico con meccanismi ben oliati, serve tempo e dobbiamo rimboccarci tutti le maniche per non fare danni ulteriori”.