mercoledì 15 Gennaio 2025

Esselunga: continua la contesa tra i fratelli. Si fa avanti un nuovo compratore

L’obiettivo è sedersi attorno a un tavolo e negoziare un accordo che lasci tutti con le mani libere, assicuri soddisfazione e garantisca perennità al gruppo Esselunga, fiore all’occhiello nazionale dei supermercati. Con questo spirito è stato avviato qualche incontro ancora informale tra i legali di tutti gli eredi di Bernardo Caprotti. Vale a dire l’avvocato Giuseppe Lombardi che affianca la vedova Giuliana Albera e la figlia Marina Sylvia, eredi universali, più lo studio legale Casati, al lavoro per Giuseppe Caprotti, e BonelliErede che assiste la sorella Violetta. Ma c’è ancora strada da fare.

Il perimetro
Violetta e Giuseppe non hanno ancora terminato il lavoro di «mappatura» dell’eredità lasciata dal padre, di cui il testamento non fornirebbe una fotografia completa. Né dal punto di vista del perimetro né da quello dei valori. Insomma, Caprotti avrebbe escluso dalle sue volontà immobili a Milano, quadri e, come starebbe emergendo, una parte di proprietà di un palazzo a Londra. Tutti cespiti che Caprotti aveva lasciato fuori perché, secondo il suo pensiero, erano stati oggetto di compravendita privata e liquidazione di alcuni eredi fatta precedentemente. Potrebbero Violetta e Giuseppe impugnare il testamento per lesione di eredità che spetta loro legittimamente? La mossa non è da escludere nel caso in cui i legali decidessero davvero che l’eredità del patron è ben più ampia di quanto ritratto nel testamento. Certo, ciò allungherebbe di parecchio i tempi del negoziato e della vendita del 30% della cassaforte Supermakets Italiani che spetta ai due fratelli come previsto dal testamento. Sarebbe quindi meglio mettersi d’accordo.

Chi si candida
La figlia Marina Sylvia sembra non volere più vendere. Piuttosto preferirebbe dare continuità al gruppo Esselunga con i suoi 7,3 miliardi di ricavi e i suoi 22mila dipendenti a fianco di suo marito Francesco Moncada e della ex segretaria Germana Chiodi. Le clausole statutarie della cassaforte prevedono diritti di «tag along» che Caprotti aveva inserito per proteggere gli interessi dei due figli Violetta e Giuseppe, agli azionisti di minoranza. In pratica, nel momento in cui Marina Sylvia e la madre Giuliana avessero negoziato le condizioni economiche per la cessione della maggioranza di Esselunga, anche alle quote degli altri due figli si sarebbero applicate le stesse condizioni. Ma se ora Marina non vende più come invece aveva auspicato lo stesso Caprotti? In realtà, potrebbe liquidare i due fratelli con il loro 30%. Magari con l’aiuto di altri investitori. In ogni caso, anche in questo scenario occorre trovare un accordo tra tutte le parti. La sintesi è che ognuno degli eredi ha bisogno dell’altro.

Il sistema Tip
I compratori potenziali sono tutti fermi alla finestra. Dai fondi che avevano prospettato l’acquisizione del gruppo allo stesso Bernardo Caprotti, agli operatori industriali. C’è però qualcuno che, con discrezione, si è candidato nell’eventualità che gli eredi decidessero di mettere in vendita una quota di minoranza. Lo ha fatto il banker Giovanni Tamburi sempre disponibile a valutare gli investimenti in aziende con un marchio forte, ben gestite e con prospettive di crescita, assicurandone la permanenza sotto insegne italiane. Ma quanto costerebbe a un investitore comprare il 30% di Esselunga? Circa 2 miliardi. Tutta da costruire l’eventuale operazione che non è ancora stata prospettata agli eredi. Tamburi potrebbe fare appello al sistema Tip con le sue 100 famiglie che a rotazione partecipano ai suoi investimenti. Ma che certamente chiederebbe solide regole di governance e la scelta del management.
Prima bisogna però risolvere la partita al piano di sopra, quello della cassaforte Supermarkets Italiani.

 

[via corriere]

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