Da tempo si parla della rilevante debolezza del comparto del commercio al dettaglio in Italia. È vero che nell’ultimo anno il nostro Pil è cresciuto grazie al contributo dei consumi delle famiglie, ma ciò è avvenuto per effetto delle pressioni deflazionistiche, oltre che per la stabilizzazione del mercato del lavoro. E poiché nel Pil reale vanno i volumi e non i valori, l’apparente contraddizione di consumi che spingono la crescita e commercio al dettaglio in condizioni non propriamente floride è spiegata.
Detto in altri termini, a livello macro sembra che ci sia crescita ma a livello micro le aziende della distribuzione soffrono forte pressione sui margini, perché costrette a spingere sulla leva degli sconti per stimolare la domanda, e ciò alimenta ulteriori pressioni ribassiste sui prezzi.
Ma il dato uscito ieri è davvero pessimo, e lascia perplessi. In giugno, infatti, l’indice dei direttori acquisti di imprese del commercio al dettaglio, elaborato dalla società specializzata Markit, mostra un’accentuazione della contrazione del comparto, in Italia, toccando il nuovo minimo da 31 mesi. Mentre in Germania la dinamica rallenta ma resta in espansione, e mentre la Francia inopinatamente tocca il livello di massima espansione da otto mesi, sotto l’Italia si è aperta una botola, l’ennesima.
L’indice è al livello di 40,2, da 45,2 di maggio, minimo da 31 mesi ed una marcata accentuazione della sofferenza delle imprese operanti nel commercio al dettaglio. Valori inferiori a 50 indicano contrazione. Nelle parole di Phil Smith, economista di Markit, l’indice è in picchiata a giugno ma è dalla fine dello scorso anno che si è notato un significativo cambiamento di momentum, con i sottoindici di vendite, occupazione, margini e livelli di acquisto dei dettaglianti che hanno preso una traiettoria ribassista.
Riguardo al mese di giugno,
I dati mostrano che i dettaglianti avevano pianificato un mese molto migliore, con obiettivi di vendita mancati dalla maggioranza ed ulteriore accumulo di scorte. Questo pone ulteriore pressione sui dettaglianti per trovare modi di smaltire le scorte nei prossimi mesi che, in assenza di un’improvvisa inversione nella domanda, punta a pressioni al ribasso sui prezzi.
Esattamente quello che da tempo sta accadendo. Il numero è talmente negativo da aver spinto gli economisti di Markit ad imputare il peggioramento anche alle cattive condizioni meteo di giugno rispetto alla normale stagionale, cosa che francamente lascia perplessi.
Continua il rapporto:
Siamo in una fase di volatilità, la Brexit l’ha aumentata in un mondo già incerto. In questo quadro bisogna guardare al lungo termine, resto molto ottimista sui fondamentali dell’economia italiana.
Che l’Italia sia il primo e per ora unico paese ad essere stato colpito dalla Brexit ancor prima del suo concretizzarsi lascia qualche dubbio. Più probabilmente la situazione globale della nostra economia resta asfittica e apparentemente le tanto sbandierate riforme non hanno sortito gli effetti desiderati.
E’ sempre più evidente che le misure davvero necessarie non appaiano nei radar del nostro Governo forse troppo impegnato ad arginare l’onda dei problemi del nostro sistema bancario.
[fonte]
Ma non vi state accorgendo che i prezzi della GDO sono talmente alti che il consumatore con lo stesso denaro ci mangia al fast food,anzi ci mangia tutta la famiglia.
Mai considerata la concorrenza della miriade di attività di street food etc.
A nessuno al mondo fa piacere acquistare al supermercato se può mangiare a prezzi modici cibi pronti.
Neanche sobbarcarsi il fardello delle sporte…..
E’ un fenomeno globale!!!!!!!!!!
Anche piacevole e conviviale.
Al supermercato si va per necessità NON per piacere!