La sfida di Amazon supermercato online per cibi e bevande

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Non troveremo mai queste insegne in un grande magazzino sulla strada ma è da un paio di mesi certo che Amazon,il colosso dell’e-commerce mondiale, starebbe per aprire nelle maggiori città italiane come Roma e Milano (e forse anche altre) un servizio di e-grocery: la vendita di prodotti alimentari su Internet e la consegna a casa. Un servizio aggiuntivo rispetto alla commercializzazione di libri, elettrodomestici, informatica e anche vestiti.

Un servizio, però, che potrebbe rivoluzionare non soltanto il modo in cui gli italiani fanno la spesa ma gli stessi programmi d’investimento dei big del settore, da Coop Italia a Conad, da Auchan a Carrefour, costringendo tutti a un cambio di programma o comunque a un riposizionamento. Il fatto è che Amazon fa paura. Non si tratta del solito sito locale, che vende prodotti in un’area ristretta (esemplare è www.cortilia.it, che dal 2011 commercializza frutta e verdura fresca nell’area lombarda). No, qui si tratta del più grande player mondiale dell’e-commerce. E’vero che gli italiani sembrano piuttosto recalcitranti quando si tratta di fare un clic su Internet per acquistare pasta e detersivi. Secondo l’Osservatorio e-commerce la quota dell’e-grocery sul totale delle vendite online è bloccata a un misero 1 per cento da ormai diversi anni. Ancora più basso è il valore dell’e-grocery sul totale vendite nel mercato:nel 2014 ha raggiunto i 160 milioni, soltanto lo 0,1 per cento di tutte le vendite di beni alimentari.

L’Italia è culturalmente poco propensa a comprare latte, pasta e barattoli sul web? “Certamente i fattori culturali hanno un peso – dice Roberto Liscia, presidente dell’Osservatorio e-commerce Netcomm-Politecnico di Milano – ma da una nostra ricerca, “Il supermercato omnicanale che vorrei”, ci siamo fatti l’opinione che siano preponderanti i fattori che dipendono non dalla domanda ma dall’offerta. E cioè una sostanziale carenza d’investimenti dovuta anche alla paura di cannibalizzare i punti vendita fisici”. Certo non è facile guadagnare vendendo prodotti alimentari. “Qui stiamo parlando di merce pesante, con bassi margini e voluminosa”, ricorda Luca Pellegrini, ordinario di marketing all’Università Iulm. “Per guadagnare, quindi, l’operatore di e-grocery deve avere un’elevata densità di utilizzatori in un dato mercato; molti clienti non troppo lontani per saturare i mezzi per la domiciliazione e spese di elevato valore.

Non è un caso se in Italia l’unica esperienza di e-grocery che sembra funzionare è quella di Esselunga, l’insegna con il più alto scontrino medio e una presenza territoriale molto concentrata”. Certo, siamo ben lontani dalle esperienze estere. Soprattutto in Gran Bretagna l’e-grocery fa faville, con il 5 per cento del mercato e in cui il primo operatore è Tesco con il 15 per cento delle vendite online. Negli Stati Uniti si arriva al 4, ma soltanto le aree più densamente popolate si prestano a una distribuzione efficace e rlativamente poco costosa. Tuttavia i casi “pure click”, cioè di imprese che operano soltanto sul web e dunque senza una base di negozi, sono pochi ovunque. In Gran Bretagna c’è Ocado (che ha un accordo con Waitrose), negli Stati Uniti Peapod (che però è ormai parte del gigante della distribuzione alimentare Ahold, che proprio nei giorni scorsi ha annunciato che si fonderà con Delhaize) e Amazon, che opera soltanto in alcune grandi città e aree delimitate.

Per aprire un sito “pure click” gli investimenti sarebbero giganteschi: la logistica ha bisogno di grandi spazi. Mentre i ritorni sono relativamente bassi, pari al circa il 20 per cento del prezzo. Così adesso in Italia soltanto Amazon sembra in grado di affrontare queste spese, sfruttando la logistica esistente. In attesa della prima mossa del colosso dell’e- commerce americano, anche tra i vari big player presenti in Italia c’è aria di novità. L’idea più semplice è accostare l’online al canale fisico. Il più avanti su questo fronte sembra Carrefour che sta sperimentando i “click & collect” (www.cliccaeritira.it): la spesa, ovunque venga ordinata può essere ritirata dal consumatore già un’ora dopo nel più vicino negozio fisico, tra i 120 per ora in funzione, oppure può essere consegnata a domicilio (con un piccolo sovraprezzo con spesa inferiore 70 euro). “Abbiamo più di 10 mila prodotti”,dice Gregoire Kaufman, direttore commerciale e marketing Carrefour Italia. Qualcosa si muove anche tra i primi due player italiani. Conad, secondo operatore con l,’11,7% del mercato, dati Nielsen 2014) ha già pronta una strategia per muoversi nel settore dell’online che sarà resa nota nelle prossime settimane. I “cugini” Coop Italia (primi con il 15% di market share) aspettano di capire le mosse di Amazon. “Noi – dice Domenico Brisigotti, direttore non food, siamo già presenti con il sito www.cooponline.it, che però per ora vende soltanto prodotti non alimentari”