Riusciremo a uscire da questa crisi molto lunga? È la domanda principale alla quale si vuol rispondere e per la quale si cercano soluzioni costruttive.
“Quando si va verso la ripresa, la variabile che si sposta prima sono gli investimenti, ma questi sono mancati” inizia così l’intervento di De Felice (Head of Research e Chief Economist di Intesa Sanpaolo).
Non latitano però solo gli investimenti, anche le esportazioni risentono delle tensioni politiche europee, dell’euro forte e della minore domanda dei paesi emergenti.
Ci sono timidi segnali di ripresa come l’impegno della PA a pagare i fornitori, il sistema bancario – seppur con limiti e garanzie – è in grado di rilasciare crediti di qualità e una svolta favorevole potrebbe venire dalla svalutazione del cambio.
Siamo a un tasso di cambio di 1.12-1.15 €/$ con una svalutazione dell’15-20%: si prevede un miglioramento sensibile dell’export +2.4%, una riduzione delle importazioni -1%, una ripresa degli investimenti 1.3% e un aumento del PIL dell’1%. Questo potrà sicuramente aiutare la ripresa, quindi ci sono buone speranze.
Il calo dell’inflazione è dovuto più a un calo dell’offerta che a uno sviluppo dei consumi. Del resto i consumi sono bloccati per mancanza di denaro e non si prevedono inversioni di tendenze poiché l’incertezza, la forte disoccupazione e l’aumento della tassazione non permettono la crescita dei consumi. Le spese obbligate (affitto, luce, gas, trasporti, tasse etc.) sono in netto aumento e rimane solo un 10% al libero consumo. Così abbiamo perso in 3 anni il 7% dei consumi delle famiglie, -10% sul 2006.
La popolazione a rischio povertà è in netta crescita, soprattutto nel sud e isole, siamo al 30% media nazionale, il dato peggiore d’Europa.
Altro dato strutturale è l’invecchiamento della popolazione in costante crescita (a fronte di nascite nulle) che, con la sua fisiologica minor propensione all’acquisto, ha un impatto negativo sul dato aggregato dei consumi e della tipologia di spesa fruibile. Non stupisce quindi la riduzione dei consumi anche sui prodotti base (pane, pasta, pesce, carne etc.) e gioire per un previsto +0.6% a fronte di quanto abbiamo già perso è dare false speranze.
In un recente seminario Archi (AD Henkel) ha segnalato come le multinazionali non ritengano conveniente investire in Italia: “abbiamo bisogno di riforme strutturali e tali misure debbono essere stabili”. Sutter (Presidente Gruppo Sutter) ha rincarato la dose sottolineando come la Spagna, dopo aver attuato le riforme, stia crescendo con numeri importanti. Lo stesso Pugliese (AD Conad)
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