C’era una volta l’hard discount: era una struttura di vendita che si differenziava per avere un assortimento basico (massimo 1500 referenze), non avere Grandi Marche, gli ambienti erano spartani, essenziali, il personale ridotto al minimo con un utilizzo estremo del libero servizio (il consumatore si serve da solo). Insomma era un tipo di offerta che si differenziava nettamente dal format Supermercati ed Ipermercati che hanno sempre fatto del servizio al consumatore e della qualità la loro missione fondamentale. Erano due consumatori differenti quelli che frequentavano i discount ed i supermercati. I primi erano perlopiù stranieri, o più in generale classi meno abbienti che trovavano nel discount un metodo di sicuro risparmio per la prima necessità di sopravvivenza, il cibo.
Con l’avvento della “crisi” si assottiglia quella che viene chiamata classe media, ma ciò avviene in un momento peculiare: il momento in cui la crescita degli strumenti di comunicazione e di inter-conoscenza (internet, smartphone, tablet, social network) trovano la loro definitiva maturità. La conseguenza è stata una evoluzione dei consumi, una presa di coscienza che il consumatore è attore del processo di acquisto e l’influenza delle grandi marche o anche l’emozione di straordinari palcoscenici vengono ridotti a semplice valore aggiunto, ma non condiziona più come un tempo le scelte dei consumatori che, da un certo momento in poi, iniziano a prendere sempre più fiducia e comprare con assoluta serenità prodotti a marca commerciale (private label) e quindi frequentare con decisione e competenza il Discount. A questo punto è colui che offre che si pone la domanda di come soddisfare un consumatore così evoluto ed inizia un processo di genesi globale in termini di marketing, dell’offerta e soprattutto della sua comunicazione, su tutti i formati distributivi. Se un tempo il problema della fidelizzazione era sentito, oggi è un dilemma e trova la sua espressione in variegate e differenti strategie a seconda del format che si analizza. Sino a cinque anni fa, ossia nell’era geologica che all’inizio dell’articolo si riporta con i verbi volutamente declinati al passato, il Discount era impegnato ad erodere quote di mercato a discount concorrenti, ma il recinto su cui tale battaglia si fermava era necessariamente il 6-8% di quota di mercato totale. Non era pensabile aggredire ed erodere quote ai super ed ipermercati. Ci ha pensato il consumatore a spostare 1,2 punti percentuali la quota di mercato del Discount attraverso i processi che sono stati sopra citati, ma senza che il Discount fosse rivolto, come lo è oggi, verso questo obbiettivo. Solo grazie alla richiesta implicita del consumatore si sono attivati i maggiori player del format in questione. Ognuno alla sua maniera si sta oggi cimentando in questa chiara strategia: elevare definitivamente il Discount a supermercato di vicinato, senza nessun tipo di timore riverenziale, anzi con la coscienza che l’attrattiva che porta oggi quel format è superiore per definizione rispetto al supermercato, pertanto il consumatore deve essere convinto ed indirizzato definitivamente verso una scelta che oggi può rappresentare similare qualità (del prodotto più che dell’offerta) al miglior prezzo.
Si prenda l’esempio di Eurospin: sabato 14 settembre la catena regalava al consumatore, al raggiungimento di 30 euro di spesa, 3 prodotti “Le nostre stelle” . “Le nostre stelle”sono i prodotti di alta qualità (top di gamma) dell’insegna, hanno un prezzo al pubblico al livello delle Grandi Marche o anche superiore (ma inferiore ai top di gamma delle categorie Branded) e vogliono rappresentare le eccellenze dell’offerta. Regalare tre prodotti significa perdere denaro. In verità Eurospin, in un solo giorno, ha investito una somma per far provare i suoi prodotti di eccellenza per stimolare il riacquisto, aumentare la fidelizzazione, aumentare anche la battuta di scontrino media, ed infine a chi non lo ha avuto in regalo, ma nemmeno a chi lo ha comprato, comunica che volendo regalare i propri prodotti si sente sicuro della qualità che esprime ad alti livelli di offerta. Ha comunicato al consumatore ed al mercato. Sabato 14 settembre Eurospin ha fatto un investimento in comunicazione.
Lidl, altro leader, va addirittura oltre: in prima pagina, al fianco del gagliardetto della bandiera italiana con all’interno in Brand Lidl esprime il suo slogan: “Non cambiare stile di vita, cambia supermercato”. La spiegazione è in re ipsa: Lidl non è un Discount è un supermercato. Oramai da mesi Lidl continua incessante con offerte a volantino ed a scaffale di prodotti italiani freschi e freschissimi con la bandiera nazionale in evidenza, sforna pane quotidianamente, vuole essere considerato un supermercato di vicinato. Anche LD, recentemente acquisito dal Gruppo Lillo Spa fa comunicazione rivolta a dare la convinzione al consumatore che il discount è un luogo dove fare la spesa alla stessa stregua del supermercato.
Ha scelto di spiegarlo con un testo, sinceramente piuttosto lungo, dove nella sostanza si spiega che chi fa la spesa all’LD è l’italiano medio, il muratore, l’insegnante, etc. Insomma con il vento dei consumi in poppa (anche quest’anno la crescita del format Discount sarà nonostante la crisi del 5-7%) chi fa Discount vuole erodere quote di mercato significative ai supermercati che, con costi differenti ed offerte differenti, non può fare altro che difendersi talvolta facendo finta di essere un discount.
il format “Discount” si sta affermando sempre di più, il consumatore medio è sempre più intelligente e si rendo conto che non solo i prodotti leader hanno la qualità! a mio modo di vedere fare la spesa in un Discount è un modo intelligente di fare acquisti, perchè pagare di più solo per far sopravvivere gli uffici marketing?
Se voglio risparmiare e non perdere in qualità scelgo i prodotti a marchio del supermercato …. per curiosità a volte prendo dei prodotti alimentari al discount e la differenza si nota alcuni sono immangiabili come il tonno , i preparati , la carne soprattutto … le etichette a volte non indicano la provenienza precisa e a volte sono ingannevoli per esempio i filetti di “San Pietro” non sono altro che la Tilapia o Pangasio cinese… adesso poi con la storia di Fukushima c’è da stare molto attenti sul pesce…. C’è poco da fidarsi anche dei grossi marchi storici italiani acquisiti dalle multinazionali che ci portano in tavola prodotti di dubbia provenienza spacciandoli per nostrani.