Secondo i dati raccolti nell’ultima “Global Survey sull’indice di fiducia dei consumatori e sulle intenzioni di spesa”, realizzata tra il 18 febbraio e l’8 marzo 2013 da Nielsen, emerge che l’indice di fiducia in Italia si attesta a quota 44, facendo registrare un incremento di 5 punti rispetto al trimestre precedente, pur mantenendosi nel complesso stabile rispetto a quello rilevato lungo tutto il corso del 2012 (indice medio 43). Nonostante la leggera crescita, in Europa l’Italia occupa la quart’ultima posizione, allo stesso livello della Croazia e prima di Ungheria (43 punti), Grecia ( 40), Portogallo (31).
Dalla Global Survey emerge che il 54% degli Italiani non crede che esistano le condizioni perché l’Italia possa uscire dalla spirale recessiva nei prossimi dodici mesi, contro un dato medio europeo pari al 64% e globale del 51%. Il 13% degli intervistati pensa, al contrario, che ci siano margini di superamento della crisi (media Eu. 11%, global 20%). Il 33% non si esprime. Rispetto al trimestre precedente gli italiani che dichiarano che si uscirà dalla crisi sono aumentati di 2 punti mentre sono calati di 6 i pessimisti. Il dato si riallinea con quello del terzo trimestre 2012, dopo il picco negativo registrato alla fine dell’anno precedente, generato dall’aumento del tasso di disoccupazione e dal clima pre?elettorale.
Per quanto riguarda le prospettive di lavoro nei prossimi 12 mesi, il 91% del campione ha un giudizio del tutto negativo, ben al di sopra della media europea (+18 punti) e, soprattutto, di quella globale (+42 punti). L’8% le considera buone (23% media Eu, 47% global), in linea con il dato medio 2012.
La prima preoccupazione nel breve periodo per il 32% degli italiani è la sicurezza del posto di lavoro, il doppio del valore registrato a livello europeo e di gran lunga superiore alla media globale (15%). Gli altri temi che costituiscono la principale preoccupazione del campione nazionale sono i seguenti: per il 13% la congiuntura economica (12% media Eu, 16% global), per il 9% la stabilità politica (+ 7 punti su media Eu, + 6 sul global) e il saldo dei debiti (media Eu 9%, global 6%), per il 7% l’educazione dei figli (Eu 6%, global 5%), per il 6% lo work/life balance (media Eu 5%, global 10%), il 5% la salute (Eu e global 9%), il 4% l’incremento delle bollette di gas, luce e acqua (11% media Eu, global 7%), il 3% l’incremento dei costi di carburante (Eu e global 4%) come la criminalità (Eu 2%, global 3%), per il 2% la salute dei genitori (Eu 3%, global 4%) e l’incremento dei beni alimentari (Eu 5%, global 6%).
La propensione al consumo, secondo la ricerca Nielsen, fa registrare un incremento rispetto al trimestre precedente: infatti, è diminuita di tre punti percentuali la quota del campione che considera mediocre o pessimo il momento presente per acquistare ciò che “si desidera” o di cui si “ha bisogno”, passando dal 92 all’89%; specularmente, ha fatto registrare un incremento di 3 punti il numero di coloro che ritengo quello attuale un buon momento per fare acquisti. La cauta apertura ai consumi rilevata è stata anche indotta dalle variazioni tendenziali dell’inflazione, meno intense rispetto al passato recente (+1,9% rispetto a febbraio 2012): ciò conferma che la contrazione dei consumi – specie interni – sta avendo conseguenze sui prezzi.
In merito all’impiego del denaro restante (dopo l’acquisto dell’essenziale), la maggioranza degli intervistati (il 38%) dichiara di investirlo in forme di risparmio (media Eu 34%, global 47%). Non si smentisce la tradizionale vocazione al risparmio degli italiani, anche se si registra un’attenuazione della stessa sul trimestre precedente (-3 punti). Da evidenziare, inoltre, l’impennata nelle decisioni di acquisto di abbigliamento (il 30%, + 11 punti vs 4° trimestre 2012) e nell’intrattenimento out of home (il 23% + 10 punti). L’incremento registrato dello shopping è riconducibile soprattutto al periodo in cui è stata condotta la Global Survey, vale a dire febbraio, la stagione dei saldi.
Il 15% dei rispondenti ha dichiarato di destinare importi, dopo le spese essenziali, per il pagamento di debiti/mutui (media Eu 25%, global 24%), il 13% per prodotti di nuova tecnologia (media Eu 17%, global 24%), il 10% per la casa (media Eu e global 22%), il 9% per fondi pensione (media Eu 8%, global 11%), il 7% per investimenti in Borsa o fondi comuni (media Eu 5%, global 18%). Un quarto del campione (24%) dichiara di non avere risparmiato nulla (media Eu 21%, global 15%).
L’80% degli intervistati, dato superiore di 18 punti a quello europeo e di 13 al globale, ha dichiarato di avere cambiato il comportamento di spesa da un anno a questa parte con l’obiettivo di risparmiare danaro per il mantenimento della casa. Anche in questo caso, è da segnalare un allentamento nell’orientamento al risparmio degli italiani, visto che la Global Survey di gennaio registrava un valore corrispondente superiore di 6 punti. Occorre, d’altra parte, considerare che la maggiore propensione a fare acquisti, già sopra indicata, si traduce inevitabilmente in una minore possibilità di risparmio. Inoltre il calo del risparmio per il mantenimento della casa può essere anche inteso come una reazione consapevole e razionale al fatto che il 2012 ha già visto una quota parte dei risparmi investiti nella casa, a causa dell’IMU.
La misurazione delle variazioni tra il primo trimestre 2013 e l’ultimo 2012 delle forme di risparmio adottate dai consumatori, infine, è, per la maggior parte delle voci, di segno negativo. Ciò significa, anche in questo caso, un contenimento, seppure lieve, della propensione al risparmio degli italiani. I consumi che risultano meno interessati dai tagli sono lo svago, sia domestico (-6 punti) che fuori casa (-6 punti), le vacanze brevi (- 5 punti) e gli alcolici (-5 punti). Si consolida, invece, l’attitudine a un utilizzo avveduto dell’auto (+3 punti), il risparmio di gas/elettricità (+1 punto), di spese per apparati tecnologici (PC/Mobile, +1 punto) e la ricerca di condizioni più sopportabili di mutui/prestiti (+2). La segmentazione del campione per fasce di età fa registrare indici di fiducia diversi. In particolare, i giovani 25/34 anni, neolaureati o lavoratori precari, risultano essere i più pessimisti (indice a quota 34 per la fascia 25/29 anni, - 10 punti dalla media; per i 30/34 anni indice pari a 40, sotto media di 4 punti).
Atteggiamento di sfiducia che si conferma anche analizzando le prospettive lavorative: il posto di lavoro è la principale preoccupazione per il 35% del segmento 25?34 anni, contro una media campione del 32%. Situazione differente è riscontrata nella fascia di età tra i 35-?49 anni, dove l’indice di fiducia si attesta al 50, posizionandosi tra i “fiduciosi” del campione. Infatti, comprende individui che hanno raggiunto una stabilità in termini sia lavorativi che affettivi, riuscendo quindi ad avere un sentiment più positivo.
Ci sentiamo di dare una nostra interpretazione a questi dati molto interessanti, nella prospettiva della GDO: due punti ci sembrano fondamentali:
1) i costi per le famiglie sono aumentati inesorabilmente nonostante un livello di inflazione stabilmente basso: questo ha generato e continua a generare l’impossibilità di risparmiare e di spendere “qualcosina in più” dell’essenziale. Se a questo si aggiunge la sempre minore certezza nella stabilità del posto di lavoro è facile trarne le conseguenze.
2) i comportamenti di consumo sono definitivamente cambiati, in una larga parte dei consumatori per necessità diretta, ma l’effetto psicologico della crisi spinge anche altre fasce di consumatori, non in grave difficoltà economica, a restringere il campo di spesa anche nell’alimentare.
Come diciamo da tempo l’unica risposta non può essere la pressione promozionale che, se da un lato serve certamente a dare ossigeno alle fasce in difficoltà, non distingue tra fasce di consumatori e finisce solo con l’erodere i margini, ed in certi casi la solidità economica, dell’industria e della distribuzione.