Che il mondo No Food sia in estrema difficoltà oggi lo sanno tutti, così può capitare che quelle insegne specializzate che negli ultimi 10 anni in Italia hanno saturato il mercato delle varie categorie possono trovare oggi, chi più e chi meno, diversi problemi di sell out e di conseguenza possibili problemi finanziari e di bilancio. I segnali di allarme si possono rivelare in mille maniere, una di queste è ciò che pare stia succedendo all’interno del colosso tedesco Mediamarkt (ovvero Mediaworld e Saturn in Italia leader nell’elettronica di consumo). Secondo alcune fonti pare (se la notizia non fosse vera saremmo i primi a smentirla) che Mediamarkt abbia bloccato in 24 ore gli ordini a tutti i fornitori per il periodo che va dal 1 Aprile alla fine di Giugno 2012, mettendo in grande difficoltà la maggior parte delle aziende che somministrano forniture presso le insegne Mediaworld/Saturn. Vi è di più: contestualmente a questa azione sono iniziate fortissime pressioni su tutti i fornitori (con minacce di chiusura dei codici) perché operino resi straordinari anche al di fuori delle condizioni di contratto. Da quanto si sa, questa azione è stata dettata direttamente dalla sede tedesca del Gruppo e non si sa, allo stato attuale, che tipo di evoluzione potrebbe avere in futuro tale situazione. Di sicuro, molte aziende italiane (già sofferenti) potranno rischiare di perdere una fetta importante del loro fatturato con il rischio che tale blocco imponga alle stesse di ricorrere a CIG e licenziamenti per questi tre mesi di inattività con il loro principale cliente. Un nostro lettore informato sui fatti ci ha fatto notare, riguardo al tema, che “[..] Così, al contrario di molte insegne che hanno iniziato a tagliare i propri costi e a chiudere i punti vendita non produttivi, in questo caso si è scaricata completamente la crisi sulle aziende fornitrici italiane, già penalizzate da contratti capestro che prevedono premi di fine anno enormi (spesso pagati mensilmente), contributi a fondo perduto e fee d’ingresso vergognosi. Per poi trovarsi adesso con un pugno di mosche in mano. E se i fornitori piangono, a leggere quello che scrivono i dipendenti su www.lavoratorimw.it anche all’interno l’aria non è buona!”.
A contribuire alle difficoltà di Mediamarkt contribuisce il mercato, pare infatti che il colosso mondiale del Mobile Ikea entrerà nel mercato dell’elettronica di consumo. Il colosso dei mobili da montare lancierà il mobile Uppleva: nel pacco piatto anche smart tv LED, sistema audio, dvd-Blu ray e internet. Così, dopo avere conquistato la leadership mondiale fra i mobili, Ikea ha deciso di integrare l’offerta entrando nel mondo dell’elettronica di consumo. Un annuncio-bomba, quello del colosso svedese, da far tremare i polsi ai dirigenti delle grandi catene del settore. Di fatto sembra che l’allargamento dell’assortimento si applicherà a partire dal prossimo autunno nei PdV in Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Danimarca, Norvegia e naturalmente Svezia. Poi dalla primavera 2013, l’iniziativa sarà estesa agli store del gruppo in tutto il resto del mondo.
La notizia non sorprende se non il quando doveva succedere. Come scritto nell’articolo i costi dei fornitori alla GDO sono irreali e incomprensibili per i più.
C’è bisogno di un cambio radicale di management e gestione risorse, mettendo in evidenza un CRM di tutt’altro livello.
il logico decorso di anni sciagurati….
La favola dell’invincibile Bernasconi!
Certo che con il suo 3% delle azioni e dopo 20 anni di onorato servizio credo che le sue prossime 3 generazioni sono tutelate dalla crisi.
Peccato che questa grande macchina stia involvendo come strategia commerciale e di servizio.
Un management abituato a leggere solo numeri positivi per troppo tempo è incapace di reagire.
Vendono già frigoriferi ed illuminazione d’arredo, dov’è lo scandalo?
la scoperta dell’acqua calda…..
Volevo solo smentire queste notizie riguardo l’azienda Mediamarket visto che nonostante la crisi è uno dei pochi colossi a chiudere ancora in positivo i suoi bilanci e oltretutto nonostante il difficile periodo che stiamo affrontando continuano ad aprire punti vendita appunto per affermare la loro forza!
Però apre negozi ma lascia a casa sempre più personale adeguate e fa una festa colossale ad assalgo x i dipendenti e x coloro che dovevano essere assunti dicono che c’è la crisi senza parole
Le nuove aperture si fanno sempre per dimostrare di non essere in crisi e far vedere che l’azienda investe. Un colosso di elettronica che chiude i bilanci in positivo nel 2012 è un’utopia…diciamo che se le cose andranno bene si chiuderà l’anno commerciale con -20%/-25%. Purtroppo anche l’elettronica và verso l’hard discount…per me che la vivo è difficile da ammettere ma è così.
Buona giornata.
La mediamarket é l azienda più straordinaria e economicamente stabile ve lo assicuro e molto seria
Forse non tutti sanno che Mediamarkt Saturn Holding GmBH (di cui fa parte Media World Italia) è una divisione di Metro Group, 4° Retailer al mondo, dopo Walmart, Carrefour e Tesco.
Nel QT1 2012 sono cresciuti dello 0,4% globalmente, ma -2,6% in Western Europe (excl. Germany). http://www.metrogroup.de/internet/site/metrogroup/node/294649/Len/index.html
La distribuzione non può quest’anno fare da polmone all’industria, se il consumo cala e i magazzini si intoppano (di prodotti spesso identici fra marche e di qualità sempre più piatta) ci sta di centellinare gli ordinativi per un po’.
I clienti oggi non possono più accontentare tutto ciò che l’industria produce e l’assortimento di uno scaffale deve essere una logica conseguenza di questo.
Fino ad oggi andava di lusso a tutti di foraggiare le GDO e tutti erano felici di crescere e comprarsi quote di mercato con investimenti nella distribuzione, nei volantoni e nelle attività di co-marketing..
Oggi di novità irrinunciabili in elettronica non ne escono poi molte.. il TV 3D?? davvero?? sicuri?? i computer?? no, nulla di nuovo e accattivante se non un ipad all’anno e un paio di smartphone a cui non puoi rinunciare e che il pubblico ti impone di avere.
Per il resto si può campare serenamente per un trimestre fra aprile e giugno con quanto si ha già in catalogo ed in magazzino da marzo (e chissà magari da Natale visto quanto erano vuoti i negozi l’ultimo dicembre); perchè il consumatore oggi non chiede altro di più e perchè, come farebbe il buon padrone di bottega, se vendo meno compro meno, o più precisamente compro meglio..
Una dieta ai magazzini libera risorse e spazio per l’ultima e più importante parte dell’anno dove magari qualche azienda tira fuori l’idea del natale e dove si può tornare a investire e chissà a recuperare quanto lasciato per strada.
Il valore e la solidità di un gruppo distributivo non si possono valutare da una decisione dolorosa o impopolare di 12 settimane, ma andrebbe giudicato se una GD paga puntuale fornitori e dipendenti, se può coprire con quanto in cassaforte un 2012 da brivido e un 2013 dalle premesse terribili e se magari da una situazione del genere riesce, chissà, a guadagnare quota di mercato rispetto a chi chiude o rispetto a chi è già da molto più tempo (altro che marzo) che non compra nulla dall’industria dell’elettronica.
Tempi duri, ma duri per davvero…
ho visto i vostri commenti io lavoro alla fnac come vorrei che la mia azienda, fosse positiva come Mediaworld e Saturn, visto che sono quasi un anno e non sappiamo ancora che fine facciamo se ci chiudono o ci vendono,spero solo una cosa quello di non perdere il posto di lavoro ciao .
Sicuramente sono ben pochi i fornitori che hanno postato queste risposte.
Comunque tutti sappiamo che le cose sono come è stato descritto nell’articolo, anche adesso che siamo a Dicembre.
E se è vero che la distribuzione non può fare da polmone all’industria, è anche vero che la GD senza gli abbondanti contributi ricevuti dall’industria ogni anno (anche nel 2012) con mille modalità diverse oggi probabilmente non esisterebbe.
Troppo facile dimenticarsi di questo e giustificare il taglio degli acquisti dicendo che sono tempi duri.
Qualche catena ha deciso di combattere contro la crisi lavorando spalla a spalla con i fornitori e tagliando prima di tutto i propri costi, mentre altri hanno deciso che l’industria doveva pagare da sola il prezzo della crisi.
Questione di scelte.