Pochi giorni fa è uscita su GDOWEEK un’intervista al direttore generale di Conad Leclerc Francesco Pugliese che in certo modo potrebbe dichiarare la fine del rapporto con Interdis all’interno di Sicon. Certo non ha detto espressamente questo, ma lo ha fatto capire a chiare lettere: ha detto che “Quello tra Conad e Interdis è stato il primo accordo tra distributori della durata di 5 anni, l’obiettivo era di creare un percorso che comprendesse la logistica, la gestione dei freschi, un accordo che, al di là dei contratti, costruisse qualcosa in grado di aggregare ulteriormente l’imprenditoria. Morale: non abbiamo fatto niente in 4 anni.”
Una dichiarazione forte e chiara: le cose cosi come stanno non vanno bene, quindi o si cambia radicalmente oppure alla fine dell’anno, ovvero alla scadenza naturale del contratto, ognuno va per la sua strada. Il fatto più preoccupante è però lo stato del Gruppo Interdis. Delle difficoltà delle aziende romane, storica spina dorsale del gruppo, è già stato scritto, del passaggio di Cediz Izzi a Sigma anche. Oggi le tensioni all’interno del Gruppo milanese ci sono, ne parlano in molti, forse in troppi per evitare di scrivere qualcosa. Si parla anche di probabili migrazioni di alcune aziende importanti verso altre centrali di acquisto. Se fosse per questo che il direttore generale di Conad si è espresso in maniera cosi decisa?
Perché le piccole catene italiane non si fondono fra loro?
Non mi riferisco soltanto ad Interdis, ma anche a Sisa, Despar, Sigma, Crai, ecc.
Perchè Giulio siamo il paese del meglio con gli stranieri pur di non stare il nostro vicino
Le aziende italiane, sopratutto quelle che operano nella distribuzione soffrono di ” nanismo”. Tuttavia questa ” patologia” garantisce più poltrone, più consigli di ammiistrazione , più consulenti, più , più, più. Ad unirle si perderebbero molti di questi ” improduttivi posti a sedere”. Giulio, fatti furbo.
Ma in caso di morte per nanismo, a perdere la poltrona non sarebbero tutti quanti?
si ma pensano sempre che a loro non succederà.
.. e qualora dovesse succedere, andranno a riciclarsi da altre parti, con titoli e titoloni, incuranti ( moralmente) di aver fallito e senza umiltà di fare mea culpa. Se si da uno sguardoin giro, di vecchi tromboni che hanno fallito ce ne sono molti e tenacemente aggrappati alle loro rendite di posizione.
Quoto al 100% raul nella sua fredda e disincantata analisi, che si estende ad ogni settore, ahimé, dirigenziale, dove le persone (nel senso di esseri umani pensanti e viventi) contano come noccioline, le sgusci, le mangi e le butti; se poi hai fame ne prendi un’altra. Guardate chi era a capooperativamente di S.G.D. ex Neda oggi Punto Lombardia. Senza far nomi, in occasione del fallimento c’è chi non ha avuto problemi a riciclarsi in SiSa Consorzio Europa, e a riciclarsi in SiSa Centro Nord quando a Siziano sono andati in Sigma, incuranti di quello che si erano lasciati alle spalle a Trucazzano. Sono sempre gli stessi che gironziolano a dx e a sx. Ma gli esempi sono tanti in tutti i settori. Guardate Alitalia e FF.SS, l’unico traguardo è diventare a.d., fare danni per due o tre anni ed andarsene con una liquidazione ultramilionaria. Guardate Giuliano Ferrara, da centro a sinistra a destra come le foglie al vento che tira in quel momento, ma qui gli esempi sono infiniti. E noi a soffrire per lo stipendio e col rischio di essere lasciati a casa dall’oggi al domani