Deloitte ha presentato a New York, in occasione della 95esima edizione della National Retail Federation Convention, i risultati della sua ricerca annuale ‘Global Power of Retailing 2006’, giunta quest’anno alla nona edizione. La ricerca evidenzia come nell’anno fiscale 2004 (1 luglio 2004 – 30 giugno 2005) i grandi player mondiali del retail hanno registrato una forte crescita sia sul fronte delle vendite che su quello dei risultati e come si stiano focalizzando sempre di più sulla gestione e sulla riduzione dei rischi legati al business, piuttosto che sulla sola ricerca della profittabilità.
Lo studio, condotto in collaborazione con il magazine americano Stores, ha coinvolto i 250 maggiori operatori retail a livello globale e si articola in tre diverse parti: una classifica aggiornata della Top 250 del settore in base al fatturato dell’esercizio, una classifica dei 50 retailer che sono cresciuti di più nel periodo di riferimento e un’indicazione su quali saranno i sette maggiori rischi da affrontare nel prossimo futuro.
Scorrendo i risultati della ricerca, si scopre che benché i retailer statunitensi rappresentino tutt’ora il 36% del totale in termini numerici e realizzino il 44,3% dei volumi totali delle vendite, queste percentuali risultano in diminuzione rispetto alle previsioni a causa, in parte, dell’apprezzamento delle altre valute, quali euro e sterlina, nei confronti del dollaro.
”Diventa sempre più evidente che la mancanza di una presenza globale sta diventando un rischio per gli operatori del settore retail che restano per lo più legati a un’area geografica ben precisa, e il successo di molti player europei e delle loro forti strategie internazionali è lì a dimostrarlo” osserva Dario Righetti, Partner di Deloitte e Responsabile Italiano per il Consumer Business ”Anche perché la competizione è destinata a farsi sempre più agguerrita, con la discesa in campo di nuovi competitor come per esempio la Cina, che di sicuro nei prossimi anni incrementerà la sua presenza nella lista dei 250 principali retailer”.
Nell’anno fiscale 2004, si legge nella ricerca, le vendite realizzate dai 250 big mondiali del retail hanno raggiunto i 2.840 miliardi di dollari, mettendo a segno un incremento dell’8,9% sull’esercizio precedente. Un risultato, questo, reso possibile soprattutto dal positivo andamento dell’economia globale, come dimostrano le performance meno brillanti registrate da quei player che operando solo nell’Europa Continentale ne hanno scontato il periodo di stagnazione economica.
I principali retailer mondiali hanno continuato ad incrementare la loro quota di mercato, sebbene in modo più contenuto rispetto agli anni precedenti. I dieci big del settore a livello mondiale hanno registrato vendite per circa 817 miliardi di dollari, pari al 28,8% delle vendite totali.
In cima alla top ten mondiale si conferma anche quest’anno l’accoppiata Wal Mart (Usa, numero 1) e Carrefour (Francia, secondo posto), seguite dall’americana The Home Depot Inc, dalla tedesca Metro, dall’inglese Tesco, dalle americane Kroger, Costco Wholesale Corp, Target Corp, dall’olandese Koninklijke Ahold N.V. e dalla tedesca Aldi (decimo posto).
L’americana Wal-Mart, che da sola rappresenta il 10% delle vendite totali del campione considerato dalla ricerca, resta sul gradino più alto del podio forte di un ammontare di vendite pari a 285 miliardi di dollari, pari a circa il triplo di quelle realizzate dall’inseguitrice Carrefour.
Per quanto riguarda le società italiane presenti in classifica, sia pur rimanendo piuttosto lontane dalla parte alta della graduatoria, hanno tutte guadagnato posizioni rispetto all’anno precedente (anno fiscale 2003):
– Coop Italia è passata dal 51° al 49° posto
– Conad è salita dal 122° al 98°
– Esselunga dal 157° al 132°
– Luxottica dal 226° al 208°
– Pam dal 228 al 219°
– Finiper è entrata nella classifica piazzandosi al 234° posto.
Sul podio dei 50 retailer che hanno registrato i maggiori tassi di crescita nel quinquennio 1999-2004, si collocano la catena statunitense di supermercati Roundy’s Inc (1° posto) e due società canadesi, The Jean Coutu Group Inc. (2° posto) e la Katz Group Inc. (3° posto), seguite dalla giapponese Kintetsu Department Store, dalla canadese Alimentation Couche-Tard Inc, dall’americana Amazon.com, dall’inglese Wm. Morrison Supermarkets Plc, dalla cinese AS Watson & Company Ltd, dall’americana The Sports Authority Inc, e dalla cilena S.A.C.I. Falabella.
“La globalizzazione e il consolidamento dell’industria non stanno solamente intensificando la competizione tra i retailer e aumentando la pressione sui prezzi, ma stanno contribuendo ad innalzare il grado di uniformità tra gli operatori del settore. Tutto questo implica che i retailer devono modificare il loro approccio alla gestione del business” commenta Righetti.
Lo studio di Deloitte mostra come stiano aumentando i rischi legati al settore della vendita al dettaglio, nonostante il mercato retail stia continuando a garantire buone performance.
Conseguentemente, gli operatori retail tendono a concentrarsi maggiormente sulla gestione di questi rischi, mettendo in secondo piano la ricerca della profittabilità e della creazione di utili.
La ricerca ‘Global Power of Retailing’ ha individuato in particolare sette rischi che il settore retail dovrà affrontare a partire dal 2006:
1. Rischi non finanziari: per i retailer, essere un ‘buon cittadino globale’ è assolutamente un fattore di criticità, poiché gli azionisti ed gli altri gruppi di stakeholder guardano con sempre maggiore attenzione a come una società si interessa all’ambiente, a come gestisce la propria forza lavoro e ad altri elementi che fanno parte della cosiddetta ‘Responsabilità Sociale dell’Impresa’;
2. Fattori economici internazionali: dal momento che i retailer distribuiscono e vendono prodotti in tutto il mondo, il loro trend in termini di vendite e profitti dipende fortemente dall’andamento dell’economia globale e dai rischi ad essa connessi (incertezza sui tassi di cambio, andamento dei prezzi petroliferi, potenziali restrizioni sul fronte commerciale, etc.);
3. Global Supply Chain: l’approvvigionamento globale e l’incremento di operazioni globali si riflettono in sempre più complesse e frammentate Supply Chain (catene di approvvigionamento). Mentre il rapporto costo/livello del servizio rimane il problema principale che la maggior parte dei retailer deve affrontare, un sempre maggior numero di fattori porta ad un incremento della complessità della supply chain e crea una maggiore esposizione al rischio dei players del settore;
4. Terrorismo: ai retailer il rischio terrorismo si presenta sotto diversi aspetti. Gli operatori del settore non devono infatti porsi solo il problema di proteggere le loro strutture e la vita di chi lavora per le loro imprese, indispensabile è anche mettere in atto tutte le procedure atte a mettere al sicuro la propria merce da atti terroristici (vero soprattutto per chi opera nell’alimentare) e dotarsi di strutture, sistemi informativi e logistici, supply chain e management in grado di continuare ad operare anche dopo un attacco terroristico;
5. Gestione del brand: sempre più retailer stanno immettendo sul mercato marche proprie (Private Label) assumendosi sempre di più quelli che erano un tempo i rischi del fornitore/produttore: rischi finanziari, rischi di reputazione del brand e rischi legati alla gestione del portafoglio prodotti;
6. Capacità manageriali: i retailer in espansione richiedono sempre più persone fortemente preparate sul fronte della progettazione di prodotti, della gestione delle informazioni, delle catene di approvvigionamento e dei punti vendita. Purtroppo, la flessione demografica che si registra in molti dei maggiori mercati sviluppati comporta crescenti difficoltà nel reperire personale qualificato, mentre in quelli emergenti l’offerta di lavoro qualificato è tutt’ora insufficiente rispetto alla domanda. Tutto ciò fa sì che i grandi operatori che operano a livello globale si trovino a dover far fronte a problemi derivanti dall’aumento del costo del lavoro qualificato e dalle difficoltà nel trattenere al proprio interno il personale più qualificato;
7. Nuovi media: la tecnologia ha radicalmente modificato lo scenario dei mezzi di comunicazione, affiancando a canali tradizionali quali televisione, radio e giornali, nuovi media come Internet o i telefoni cellulari. I retailer devono fare i conti con tutto questo, tenendo presente anche che l’erosione della comunicazione e del marketing di massa rischia di far perdere loro il controllo dei propri messaggi di marketing. Per contro, questi nuovi mezzi forniscono ai retailer nuove opportunità per raggiungere i consumatori con messaggi sempre più personalizzati, spesso con punte di efficienza prima inimmaginabili.
L’ampliamento delle dimensioni dei retailer e la sempre maggiore competizione del mercato stanno avendo un significativo impatto macro economico sul settore: l’inasprirsi della competizione tra i player sta infatti abbassando notevolmente i prezzi del mercato di riferimento. I primi 10 retailer sono protagonisti di una serie di operazioni di fusione e acquisizione. I guadagni dei venditori al dettaglio hanno subito il contraccolpo delle integrazioni e della conversione dei costi e le società stanno cercando di trarre il maggior beneficio dalle acquisizioni effettuate.
I food retailer (supermercati, ipermercati/supermercati, discount) rappresentano la maggioranza dei venditori al dettaglio, infatti circa il 60% del campione esaminato e 9 dei 10 top retailer vendono generi alimentari.
La quasi totalità dei 50 retailer, con crescita maggiore, si trovano nella parte bassa della classifica., pur registrando tra il 1999 e il 2004 un tasso di crescita annuo del 23,8% rispetto all’8,4% annuo del campione totale. La catena di supermercati Roundy’s Inc. ha registrato la cresciuta maggiore con un tasso di crescita annuo del 56,7% negli ultimi 5 anni, grazie anche ad una serie di operazioni di acquisizioni avvenute nel corso del 2003.