La Fiera “italo-spagnola” di Berlino dedicata all’ortofrutta si è tenuta la scorsa settimana al Fruit Logistica, confermando che questo mercato è più vivo che mai e che le proposte di innovazione e sviluppo non hanno mai terminato durante il lungo periodo di Covid-19.
Come tutte le Fiere post-Covid il numero degli espositori non è arrivato ai livelli prepandemici, così come l’affluenza del pubblico ma, come spesso succede da un paio d’anni a questa parte, l’utenza che ha voluto prendere parte all’evento è stata di assoluta qualità.
Lo scrivente ha tenuto una lezione sulla GDO italiana presso gli stand dell’Italian Fruit Village interrotto improvvisamente dal Ministro Di Maio, presente alla manifestazione assieme all’Ambasciatore italiano a Berlino. Questo denota l’importanza che ricopre il nostro tessuto produttivo ortofrutticolo a livello internazionale.
Gli espositori italiani (e gli spagnoli) erano in netta prevalenza sul resto dell’offerta a dimostrazione che questi due paesi hanno molto da offrire ai mercati internazionali. Molti gli espositori italiani presenti, tutti i marchi più noti con i loro manager hanno vissuto intensamente i giorni di Fiera grazie ad una affluenza che, scevra di visitatori in gita, hanno potuto confrontarsi con moltissimi buyer internazionali.
Lo scrivente, in particolare, ha incontrato alcuni di essi con cui si è confrontato sui temi scottanti del periodo, dall’inflazione al futuro della grande distribuzione italiana.
Un tema particolarmente sentito è quello della ghettizzazione della categoria a livello nazionale. L’appartenenza ad un mondo produttivo con regole (di produzione e di offerte) peculiari non giustifica la separazione della sua offerta dal resto della produzione alimentare nazionale, soprattutto nel mondo dei freschi.
L’ortofrutta italiana è un patrimonio prima di tutto nazionale da offrire al mondo intero, e rappresenta una parte decisamente rilevante del fatturato della grande distribuzione italiana. Il consumatore che sceglie i punti vendita dove fare la spesa, seppur abbagliato da offerte e sconti, in verità ha pochi punti di riferimento su cui consolidare la propria fedeltà. Non certo le promozioni possono essere oggetto di fidelizzazione e nemmeno la private label su prodotti che, di certo modo, non trovano evidenti differenze tra loro.
La carne e l’ortofrutta sono i punti critici dell’offerta della grande distribuzione verso il consumatore finale. Chi trova alta qualità in questi due reparti, raramente abbandona il punto vendita, a prescindere dai prezzi del resto dell’offerta. Ne è un esempio, lo abbiamo raccontato al Cibus Lab di Febbraio, il successo dell’imprenditore retail Alessandro Moretti in Romagna legato al gruppo Coal, che nei suoi punti vendita raggiunge redditività per metro quadrato molto vicine a quelle di Esselunga.
La GDO ha fame di conoscere questo mondo, di approfondirlo e di avere un sempre più vasto portafoglio di offerta da cui attingere per migliorare il proprio assortimento.
Eppure in Italia non è facile trovare un momento di incontro e confronto su questa parte dell’assortimento; esiste il Mac Fruit, che si tiene in prossimità delle date della ben più nota ed internazionale Fiera Cibus a Parma, ma è considerata di periferia, difficile da raggiungere per tutti, dato lo svolgimento sulla dorsale Adriatica a Rimini.
Non ha una portata internazionale e ciò, in questa categoria, è un limite enorme. A differenza delle altre categorie merceologiche, tutte nessuna esclusa, nell’ortofrutta i category manager hanno due problemi quotidiani da risolvere di egual difficoltà: il primo è trovare il prodotto di stagione di qualità; il secondo è trovare il prodotto fuori stagione di qualità. E chi ti offre questo secondo? la produzione internazionale.
Incontrando in Fiera l’amico Luigi Lamontagna, noto category manager ortofrutta di MD, il quale mi ha fatto anche l’onore (ed il piacere) di ascoltare il mio speech che raccontava anche aneddoti dell’azienda a cui appartiene, mi raccontava che la Fiera è stata di suo assoluto interesse, non solo perchè il ritorno alla presenza è davvero liberatorio per un settore che ha bisogno di essere vissuto fisicamente, ma soprattutto perchè ha potuto approfondire sia la scoperta di nuove realtà italiane, sia perchè ha trovato occasioni per ampliare il suo portafoglio di conoscenza di produttori del sud Europe e del nord africa di grande qualità, decisamente utili per la vasta area del “fuori stagione”.
A Madrid, la Fiera dell’ortofrutta se la sono costruita in casa e forse, oggi, riesce a competere ad armi pari addirittura con la storica Fruit Logistica di Berlino. Ma noi no: noi abbiamo la nostra dimensione provinciale a Rimini dove l’affluenza è garantita dagli espositori italiani (non tutti, infatti notissimi brand dell’ortofrutta saranno incredibilmente a Cibus e non al Mac Fruit! – e questo dice tutto), dai buyer che, non avendo altre grandi opportunità, comunque si riversano a frequentare la Fiera, ma dove la presenza internazionale è carente, in un mondo in cui questa assume un ruolo chiave.
La soluzione sarà una fiera dell’ortofrutta italiana di dimensioni internazionali, oppure è semplicemente quella di cambiare il paradigma, ed inserire questa grande e gloriosa categoria all’interno dell’offerta dei freschi italiani a livello internazionale?
Alcuni grandi brand del settore questo lo hanno già compreso e saranno a Cibus, sarebbe il caso che lo intendessero tutti?