Il gioco si sta iniziando a rompere: le forniture iniziano a non essere più garantite. Purtroppo la filiera sta iniziando a non reggere più e le problematiche iniziano a trasferirsi sugli scaffali.
La GDO sta iniziando a ricevere e-mail dai fornitori il cui tenore è il seguente: non ti posso promettere le forniture per le promozioni e probabilmente non le posso garantire nemmeno per le vendite senza sconti promozionali. Tradotto gli scaffali iniziano a svuotarsi.
Beninteso: diversi prodotti sono introvabili da molto tempo, da quelli non alimentari di sanificazione sino a quelli alimentari del mondo del Grocery come le farine, e diversi prodotti freschi e freschissimi.
Le carni sono sotto forte stress, molte aziende blasonate si sono ritrovate con vendite abnormi e non sono in grado di sopportare lo stress dei sell out che in due settimane hanno raggiunto livelli impensabili.
Le ultime notizie danno anche (cosa assurda) le categorie del dolciario e della pasta di semola in difficoltà: sono diverse le aziende che non riescono a rispettare l’integrità delle evasioni degli ordini della GDO.
Non è tutto: anche i produttori della MDD stanno iniziando ad andare i tilt ed anche quella parte dell’offerta sta iniziando ad essere in affanno.
Considerazioni
Sorprende che la filiera possa andare in tilt così presto, che 15 giorni di “lockdown” economico siano in grado di mandare in corto circuito il sistema delle forniture. Si badi, non sono solo le piccole e medie aziende ad andare in crisi, ma anche le grandi multinazionali iniziano a non garantire la regolarità delle forniture.
Immaginiamo uno scaffale di una categoria: nel suo interno sono presenti i classici 20/80, ovvero i prodotti altovendenti che sono spesso appannaggio delle aziende più blasonate, che iniziano a scarseggiare ed al loro lato può capitare di non trovare nemmeno il punto di atterraggio nella MDD. Ciò significa sicuramente perdere vendite e perdere fatturato.
Il meccanismo perverso sarebbe capace di determinare una sorta di “liberi tutti”, una nuova offerta che deve passare per due distinte scelte strategiche: la prima è tamponare le referenze assenti allargando l’assortimento di quelle disponibili. La seconda è quella di codificare nuove referenze che siano in grado di recuperare le vendite perse.
La scelta è complicata perché determinerebbe due modalità di lavoro completamente differenti. Oggi l’Italia sta lavorando in smart working, con i buyer che in molti casi gestiscono il solo riordino nelle loro postazioni casalinghe senza prendere in considerazione attività straordinarie.
La scelta di tamponamento degli inevasi dell’industria con l’allargamento dell’assortimento restante è quella più ovvia perché viene gestita nel rispetto dell’attuale assetto aziendale largamente in uso, con gli uffici acquisti che lavorano a velocità molto bassa, gestendo al telefono le forniture legate alle promozioni programmate, ed il riordino normale.
I cedi più agili, la cui filiera decisionale è corta e veloce, hanno però in mano una grande opportunità: quella di guadagnare fatturato, clienti e quote attraverso la loro capacità a destreggiarsi in una situazione come quella che si sta vivendo.
Se si parte dal presupposto che la produzione italiana è vasta e profonda, e che questo momento storico potrebbe essere perfetto per fare un sano scouting, si potrebbe così trovare il sistema per eleggere anche lo smart working non un metodo di gestione sui generis, fatto di gestione delle attività ordinarie e poco più, ma come nuovo metodo di creazione di valore.
Corrono le merci ed i cervelli, non i manager che producono maggiormente da postazioni fisse. Tutti nessuno escluso.
Ed allora, sulla base di questi presupposti, un momento di emergenza può essere gestito per fare esperimenti, testare prodotti, rotazioni, al netto delle promozioni che in questo periodo tolgono margine a tutti.
I dati raccontano del successo della prossimità, di un rallentamento delle grandi superfici a causa del timore di grandi assembramenti e tempi di attesa. Tutti i formati e tutte le offerte partono da punti di partenza che prescindono dal prezzo e dalle promozioni.
La domanda è: quanto durerà questa situazione di emergenza?
Chi scommette che durerà poco, e che quindi lo status quo deve rimanere invariato, con aggiustamenti casuali degli scaffali sino al ripristino della normalità, rischia molto. La soluzione al coronavirus sarà il vaccino, non la cura. La nostra vita è destinata a cambiare per lungo tempo, forse per sempre, è il momento di prendere coscienza di ciò e sfruttare le opportunità.
Un consiglio alle imprese di produzione: vince chi sa fare bene il proprio mestiere e che trova nella sua offerta il punto di incontro con la domanda. Non tutta la distribuzione, ma una certa sta iniziando a mettere la testa fuori da guscio e guardare cosa offre il mercato.
Velocità e qualità, trovate i giusti spazi è il momento di trovare nuovi consumatori.